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L’Institut français in sciopero contro le promesse mancate di Macron

Cento dipendenti delle sedi italiane di questa scuola di eccellenza oggi hanno incrociato le braccia: il loro contratto non è stato ancora approvato (né finanziato).

26/09/2018
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Corriere della sera

di Paolo Beltramin

«Il potenziale della francofonia è immenso», aveva spiegato Emmanuel Macron il 2 ottobre 2017 nel corso dell’assemblea generale dei francesi all’estero. Il presidente della Repubblica si era poi lasciato andare a una riflessione non priva di un certo slancio retorico: «La Francia è un Paese che porta l’universalità nel suo patrimonio genetico, che non si comprende, non si esplica, non è all’altezza della sua storia e del suo destino, se non quando vive giustamente a contatto con il resto del mondo». Tra gli applausi dei presenti, Macron era poi tornato su un registro più concreto, promettendo «un nuovo piano per la promozione della lingua francese nel mondo» e un «progetto bilingue Parigi - New York». Intanto i 100 dipendenti delle cinque sedi dell’Institut français in Italia aspettavano fiduciosi che il loro contratto collettivo venisse approvato in via definitiva (e quindi finanziato) dal nuovo esecutivo del fondatore di En Marche.

Quasi un anno dopo, oggi mercoledì 26 settembre, tutti i dipendenti dell’Institut, docenti e personale amministrativo, sono in sciopero. A Milano manifestano nella sede del palazzo delle Stelline, a Roma in Campo de’ Fiori. Il ministero degli Esteri d’Oltralpe, dai cui dipende direttamente la rete di scuole di francese all’estero, ha infatti comunicato semplicemente che non ci sono i fondi per finanziare il contratto. «La bozza che avevamo firmato la primavera dell’anno scorso sanava una situazione insostenibile: questi professionisti sono assunti con contratti diversi e spesso pagati all’ora, al di sotto della soglia minima di dignità, senza garanzie, ferie e coperture in caso di malattia», spiega Jessica Merli della Cgil Scuola di Milano, che ha seguito passo per passo una trattativa iniziata ben cinque anni fa. «Un esecutivo che a parole difende la cultura e l’istruzione non può voltarsi dall’altra parte quando si tratta di regolarizzare poche decine di persone che lavorano all’estero a servizio del loro Paese».

Certo, si può obiettare che i francesi sono un popolo di «grévistes», insomma piuttosto facili a incrociare le braccia. «Ma questo è il primo sciopero nella storia dell’Institut», replica Merli, ricordando anche gli oltre diecimila studenti italiani che ogni anno si iscrivono a questa scuola di eccellenza. Su una cosa del resto monsieur Macron «a tout à fait raison»: il potenziale della francofonia è immenso, e non solo per la letteratura, il cinema, il calcio e la cucina che tanto amiamo perfino noi italiani (nonostante lo spirito di competizione): oggi nel mondo parlano correntemente francese ben 275 milioni di persone, e tra gli effetti diretti della Brexit si prevede un’ulteriore espansione della lingua di Balzac non solo a New York ma anche più vicino, qui nella vecchia malandata Europa.