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L'Infn e la ricerca scientifica italiana sono in difficoltà. Dobbiamo uscire dalla crisi

L'articolo di Francesco Sinopoli, Segretario generale della FLC CGIL, pubblicato sull’Huffington post.

05/04/2017
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L'Huffington Post

Di Francesco Sinopoli

Un grande fisico del Novecento, Richard Feynman, premio Nobel e uno dei padri della elettrodinamica quantistica e della fisica delle particelle, sosteneva che

La scienza non ha uno scopo, diversamente dalla ricerca ingegneristica. I nostri maggiori progressi si devono a scienziati che non puntavano all'utilità ma al divertimento, alla curiosità, al desiderio di capire.

È vero. La ricerca, in fisica come in matematica, come nell'astronomia, non è motivata da una idea utilitaristica, come la "ricerca ingegneristica", per usare le parole di Feynman, e dunque da una impiegabilità immediata delle scoperte, ma dal "desiderio di capire", di conoscere, di estendere "l'orizzonte dell'umanità", come avrebbe detto il matematico e filosofo Edmund Husserl.

Anzi, proprio quest'ultimo avvertiva fin dal 1936, nella "Crisi delle scienze europee" che uno dei limiti che ha in qualche modo fermato la scienza europea da Galileo a oggi è lo smarrimento del senso della conoscenza come "orizzonte stesso dell'umanità" e lo sfruttamento utilitaristico della conoscenza scientifica con la trasformazione in tecnica, che tutto può e tutto domina (non a caso, da questa riflessione husserliana trae origine la demonizzazione della tecnica da parte degli ontologi alla Heidegger).

Perciò, se siamo d'accordo con questa vocazione altissima della conoscenza scientifica, occorre riportare sul piano politico la riflessione, e convincerci che solo le risorse pubbliche sono in grado di sostenere una ricerca mossa dal "divertimento, dalla curiosità e dal desiderio di capire". Dopo anni, può diventare "utilizzabile" tecnicamente, ma nessuna tecnica è possibile senza la ricerca di base. Ecco perché gli stati moderni investono risorse importanti nella ricerca, che considerano strategica, e indispensabile proprio per il proprio progresso, sociale ed economico.

Armati di queste convinzioni, che ne motivano perfino l'esistenza quotidiana, centinaia di ricercatrici e ricercatori, lavoratrici e lavoratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare hanno manifestato lo scorso 30 marzo sotto la sede della presidenza dell'Infn, uno dei fiori all'occhiello della produzione scientifica italiana.

L'interrogativo che si ponevano tutti, e che poi hanno posto non solo alle autorità di governo dell'istituto, ma soprattutto all'opinione pubblica, è se sia possibile considerare così una struttura importante sul piano strategico, sottoponendola al ricatto occupazionale, al taglio orizzontale delle risorse, al ricorso ormai continuo alla precarizzazione.

Altre nazioni europee non agiscono in tal modo a proposito di ricerca, anzi la incentivano costantemente, così come costantemente incentivano il più generale sistema dell'istruzione pubblica e della formazione universitaria. Uno stato che non voglia prendersi cura dei suoi scienziati, dei suoi ricercatori e dei suoi tecnologi altamente specializzati, per sole ragioni di bilancio, non intende assicurarsi un futuro importante in fatto di conoscenza, e difficilmente riuscirà a contribuire a quella apertura indispensabile "dell'orizzonte dell'umanità" che costituisce il senso stesso della ricerca scientifica, e della epistemologia.

Così, una delegazione costituita da rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e dei precari, è stata ricevuta dal Consiglio direttivo dell'Infn, al quale ha presentato non solo le rivendicazioni importanti e decisive che consentano di lavorare serenamente per sviluppare le proprie ricerche, ma anche un tentativo per provare a discutere del destino di un istituto strategico, per l'Italia, l'Europa e l'intera comunità scientifica internazionale.

Perciò, accanto alla richiesta di assunzione e stabilizzazione dei numerosi precari dell'ente, alla firma dei contratti per il salario accessorio a partire da quello del 2015, e alla progressione delle carriere, ha chiesto al presidente dell'Infn, Fernando Ferroni, di scendere in strada per parlare direttamente a tutti i lavoratori del destino della ricerca fisica italiana.

Ferroni si è impegnato ad affrontare fin da subito tutti i problemi posti. Per il precariato, ci sono chiare aperture per i tecnici e gli amministrativi, mentre è stato molto più cauto per quel che riguarda i tecnologi e i ricercatori. Per le progressioni di carriera e gli adeguamenti stipendiali Ferroni ha detto che si farà tutto quello che si deve, ma che di fatto questo ridurrà sostanzialmente i fondi disponibili per la ricerca. Un'ulteriore riduzione da affrontare verrà dalla modifica del finanziamento premiale che potrebbe ridurre il bilancio dell'ente di circa 20 milioni di euro.

Tra le righe Ferroni ha però fatto capire che l'Infn non è disposto a ridurre la quantità di ricerca fatta, e quindi o si riuscirà a reperire nuovi finanziamenti, per esempio chiedendo al governo di farsi carico degli adeguamenti salariali, oppure una parte delle promesse fatte potrebbe restare lettera morta. In questo senso, l'Infn sembra dimenticare che è grazie al lavoro del personale tutto che può mantenere gli altissimi livelli scientifici che da sempre lo distinguono in Italia e nel mondo.

In realtà, il finanziamento ordinario dell'Istituto è pari a 230 milioni di euro, integrato da risorse cosiddette premiali di circa 30 o 40 milioni di euro. Quest'ultima fonte di finanziamento, però, sta per esaurirsi come prevede la cosiddetta legge Madia (218), che di fatto lo escluderà a partire dal 2018.

Come si evince chiaramente da questi numeri scarni, invece di fare come altri paesi europei che appunto investono aumentando le risorse per gli istituti di ricerca scientifica, in Italia si è scelto di tagliare, senza scrupolo, senza capire, senza neppure dialogare con la comunità scientifica.

Ora, si tratta di capire quante delle risorse premiali faranno ritorno all'Infn dal 2018. È molto probabile che più del 20% delle risorse complessive sarà tagliato, mettendo a rischio il destino stesso della ricerca fisica italiana, per il prossimo decennio. E il danno sarebbe irreparabile, perché ci condannerebbe, per assurde ragioni di bilancio, a non essere più tra i protagonisti della comunità scientifica internazionale. Si vuole davvero raggiungere questo memorabile traguardo?

Come Flc Cgil abbiamo comunque apprezzato le aperture dimostrate dal consiglio direttivo e dal presidente dell'Infn, ma restiamo in attesa degli sviluppi concreti, di passi decisivi che segnino il cambio rispetto all'immobilismo e alla reticenza che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Sappiamo che la coperta è corta ma siamo certi che se l'Infn accetterà di lavorare con e non contro i sindacati. Così, nessuno morirà di freddo, neppure la nostra ricerca.


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