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L’Europa centra l’obiettivo laureati: 39, 9 per cento. L’Italia contromano

’obiettivo per il 2020 è del 40 per cento dei laureati tra i giovani. Ma ci sono Paesi che già superano il 50 per cento. In Italia la crescita degli studenti arranca: siamo penultimi e l’anno prossimo anche la Romania potrebbe superarci. Il nodo delle lauree professionalizzanti

26/05/2018
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Corriere della sera

Laura Fregonara

di Gianna Fregonara

Obiettivo raggiunto. Alla fine dello scorso anno l’Unione europea ha complessivamente centrato l’obiettivo che si era data per il 2020: avere almeno il 40 per cento di laureati tra i giovani fino a 34 anni. I dati pubblicati da Eurostat nei giorni scorsi fanno segnare un 39,9 per cento di media. Un risultato al quale hanno contribuito tutti i Paesi, in misura diversa perché quando si decise l’obiettivo nel 2002, la situazione delle università nei diversi stati era molto distante. Resta un unico Paese dove l’obiettivo è lontano e la crescita dei laureati è troppo lenta per mantenersi al passo con gli altri. Questo Paese è purtroppo l’Italia.

La performance degli europei

Nel 2002 i laureati della fascia di età fino a 34 anni erano da noi il 13,1 per cento, una delle percentuali più basse dei Paesi Ue. Ma peggio faceva il Portogallo (12,9) che oggi è al 33, 5 mentre l’Italia è ferma al 26.9. La Romania ci tallona essendo passata in quindici anni dal 9,1 per cento di laureati al 26,3, la Polonia invece ha triplicato i suoi giovani con diploma passando dal 14,4 al 45,7. Per non dire dei Paesi che già avevano un quarto dei laureati nella fascia di età fino a 34 anni e che oggi sono ampliamente sopra il 40 per cento: la Francia per esempio, il Belgio, la Grecia, la Finlandia, l’Irlanda e la Slovenia, la Svezia e il Regno Unito. Certo, a parte la Francia e il Regno Unito per lo più Paesi con popolazioni più esigue della nostra ma che hanno investito in politiche per i giovani e per l’educazione terziaria. Non deve trarre in inganno il fatto che l’Italia abbia, come si vede nel grafico, raggiunto l’obiettivo che si era prefissa: intanto perché la maggior parte degli altri Paesi ha fatto meglio del target autoimposto quindici anni fa e poi perché resta comunque in coda.

L’educazione «tecnica»

Una posizione a parte ha la Germania dove i laureati sono al 34 per cento ma il target europeo comprende anche i diplomati delle Fachhochschule che sono delle scuole di specializzazione tecnica sul modello dei nostri Its che sfornano però più del 10 per cento dei diplomati di terzo livello. Sarà a questo proposito interessante capire nelle prossime settimane come si muoverà il nuovo governo sul tema. Una delle sfide per il futuro del nostro Paese.

La sfida mancata

Gli Its in Italia funzionano bene ma sfornano qualche migliaio di studenti l’anno e non sembrano in grado come sistema - e nonostante gli ulteriori fondi stanziati quest’anno - di concorrere con l’esperienza tedesca. Le lauree professionalizzanti - percorsi universitari con lungo tirocinio - partiranno per la prima volta quest’autunno, ma la piccola sperimentazione riguarda 500 studenti appena in 15 corsi promossi da una decina di facoltà. Insomma l’obiettivo europeo per l’Italia sembra molto lontano e non è escluso che il prossimo anno persino la Romania, fanalino di coda dietro di no, ci superi. Per i giovani l’Europa avanza e l’Italia arranca.

L’incertezza delle misure M5S-Lega

Difficile dire leggendo il contratto M5S-Lega quali misure il governo che sta nascendo intenda intraprendere: si parla di investimenti, di ampliamento delle misure per il diritto allo studio e di aumento della no tax area introdotta lo scorso anno. Ma non ci sono cifre né tempi per l’attuazione di queste misure che restano per ora generiche promesse nella terzultima pagina del contratto di governo.