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L'esame è istigazione all'idiozia

Partorire qualcosa di bello in meno di tre mesi riesce sì e no ai gatti: non poteva riuscire agli esperti ministeriali cui dobbiamo la nuova prova di maturità classica. Una prova messa insieme alla carlona, solo per dare a vedere che qualcosa si è combinato: peccato che essa piova fuori tempo massimo su docenti e studenti che prendono sul serio il lavoro di un quinquennio e il momento cruciale che lo corona.

29/01/2019
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la Repubblica

Federico Condello

Partorire qualcosa di bello in meno di tre mesi riesce sì e no ai gatti: non poteva riuscire agli esperti ministeriali cui dobbiamo la nuova prova di maturità classica. Una prova messa insieme alla carlona, solo per dare a vedere che qualcosa si è combinato: peccato che essa piova fuori tempo massimo su docenti e studenti che prendono sul serio il lavoro di un quinquennio e il momento cruciale che lo corona.

Eppure abbiamo avuto anni di dibattiti accesi, talora ruvidi, che nel bene o nel male hanno coinvolto e animato tutti i licei classici italiani. Gli anonimi esperti di cui il ministro si è candidamente o distrattamente fidato ne hanno fatto tesoro? A loro modo sì, ma come i cattivi studenti fanno tesoro delle versioni altrui: copiando di fretta, e senza capire.

Come hanno lavorato costoro? Si era detto: salviamo, e anzi rafforziamo, la traduzione dal greco e dal latino, il più robusto esercizio che si pratichi al liceo classico. Bene: l’hanno salvata, ma scorciandola fino al minimo tollerabile. Si era detto: aggiungiamo qualche domandina di cultura classica generale; oppure: qualche domanda sulla lingua; oppure: qualche domanda sulla resa italiana. Vedute diverse, che presuppongono diverse concezioni dell’istruzione classica. Bene: loro che hanno fatto? Hanno ascoltato tutti e aggiunto tutto, a casaccio. Si era detto: allunghiamo l’introduzione al brano, o forniamo in traduzione quel che lo precede e lo segue. Bene: anche in tal caso, i bravi esperti hanno piluccato da ogni piatto e messo insieme un’indigesta satura di ingredienti che non si amalgamano. Non paghi di ciò, hanno copiato anche la prova del liceo classico europeo: così gli studenti avranno sia il greco sia il latino, ma uno dei due brani sarà già tradotto; e l’esercizio inflitto ai nostri maturandi sarà questo: indovina i nessi fra i due brani. Come in quel gioco di Umberto Eco: passa in poche associazioni di idee da " Platone" a " porco"; risposta: " Platone- idee-manierismo-pennello-setola-porco".

Quanto alle domandine o domandone che correderanno il nuovo dittico greco-latino, ancora peggio: nei saggi di prova fin qui proposti dal Miur si va da " che tipo di periodo ipotetico è questo" ( 12 righe: come occupare le 11 di troppo?) a " spiega l’idea di clementia nel pensiero politico romano" (sempre 12 righe: auguri), fino a "racconta l’arte di vivere dell’uomo antico" (sempre 12 righe: e chi sarà mai "l’uomo antico"? Senz’altro aveva la barba e la tunica). Qui, come si vede, rasentiamo l’istigazione all’idiozia. E viene in mente il giovane d’Annunzio, liceale classico, al quale fu proposto per tema l’aforisma: " la felicità è sempre sull’altra riva". Svolgimento di d’Annunzio: "beato chi ci arriva".

In compenso, i disorientati docenti potranno giovarsi di un "quadro di riferimento" e di una "griglia di valutazione" nei quali la chiarezza dei concetti è inferiore addirittura alla qualità dell’italiano, pur mediocre. Eduard Fraenkel, gigante della filologia classica, suggeriva questo metodo per rendere più chiaro uno scritto uscito contorto o confuso: provate a tradurlo in latino, e tenete solo quel che riuscite a tradurre. Cari esperti ministeriali, provateci.

Onorevole ministro Marco Bussetti, c’è da temere che l’abbiano consigliata male. Stia attento, perché, come è capitato a Omero, sarà attribuita a lei l’opera dei suoi anonimi rapsodi: nel suo caso, ricucitori ben poco abili. Ha chiesto un parere a chi insegna nei nostri splendidi licei? E sa cosa ne pensa chi sta per affrontare la prova, costretto a un esercizio tanto intempestivo quanto sterile, istigante al peggior nozionismo, alla più futile chiacchiera, alla furbizia pura e semplice?

Chieda, chieda: non sentirà parole buone. Qualche isolato preside, pronto a giurare in verba ministri, ha dichiarato in questi giorni: « Viva il cambiamento, da dieci anni i ragazzi affrontavano la prova con troppo nervosismo». Come se in precedenza la prova ispirasse calma tibetana o festoso giubilo; e come se questa nuova prova, caotica e acrobatica, potesse rasserenarli. Non dia retta agli adulatori: dia retta alla scuola.

E se ormai è troppo tardi per ripensarci, ministro, faccia sì che la prova vera sia scelta con scrupolo estremo, così da limitare i danni. Per il futuro si discuta, si ragioni, si ascolti davvero: scelte così delicate meritano ben altro tempo, ben altro metodo, ben altra attenzione a chi nella scuola insegna, a chi nella scuola studia, a chi nel liceo classico — in barba a ogni calunnia — continua a credere, e per ottime ragioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Federico Condello insegna Filologia greco-latina e Letteratura e tradizione classica all’Università di Bologna. Il suo ultimo libro è "La scuola giusta. In difesa del liceo classico" (Mondadori, 2018)


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