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L'arroganza al potere

La rivolta su facebook contro Renzi: «Non voteremo più Pd». Confermati i super-poteri del «preside manager». Oggi la protesta contro i quiz Invalsi.Rottura totale tra sindacati e governo. Dopo l'attacco di Boschi (che fa marcia indietro),Camusso (Cgil) replica: «Per il governo vige il principio di un uomo al comando che dirige tutto».

12/05/2015
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il manifesto

Il gioco del poliziotto buono (il partito democratico) e di quello cattivo (il ministro per le riforme Boschi) con i sindacati della scuola è finito. La settimana dello sciopero generale si era chiusa con un incontro tra i vertici del Pd e i segretari generali Camusso, Bàrbagallo e Furlan e quelli di categoria al Nazareno con un nulla di fatto, ma Renzi (e poi Orfini e Guerini) si erano premurati ad incensare la propria disponibilità al «dialogo» per modificare il Ddl scuola alla quale nessuno aveva creduto. La nuova settimana si è aperta con la sparata della ministra per le riforme Maria Elena Boschi: «La scuola solo in mano ai sindacati non funziona». Parole pronunciate a Pesaro domenica durante la presentazione del candidato di centrosinistra a governatore delle Marche, Luca Ceriscioli, un insegnante di matematica che si è trovato nella scomoda situazione di dissentire dal ministro del suo stesso governo. Parole di fuoco, e inopportune, che hanno ufficializzato la rottura totale con i sindacati. Governo e Pd sono stati accusati di «arroganza» e «autoritarismo». La miccia l'ha accesa domenica scorsa il segretario Flc-Cgil Pantaleo: «Boschi conferma l'arroganza e il disprezzo della democrazia ha detto La scuola non è dei sindacati ma nemmeno proprietà privata del Governo». Il giudizio sugli. emendamenti al Ddl licenziati sabato dalla commissione cultura della Camera è durissimo. Per Pantaleo «non cambiano l'impianto autoritario e incostituzionale del disegno dì legge». Ieri da Radio ArticoIo1 è intervenuta la segretaria generale Cgil Camusso: »Viene il sospetto che tanta arroganza che il governo mette nel negare le ragioni dei lavoratori della scuola sia il segno che in realtà siano loro a non avere un progetto». L'unica cosa che il governo afferma,, ha aggiunto Camusso «è il principio che c'è un uomo al comando che deve dirigere tutto, che non ha alcuna idea di quellafunzione di comunità e integrazione che la scuola deve avere». «Bisognerebbe dire al ministro Boschi che quando il mondo della scuola si mobilita con le dimensioni di questo periodo, il governo dovrelte porsi qualche domanda». E poi: »Non è la singola scuola d'eccellenza a creare sviluppo ma è la diffusione dell'istruzione in un intero territorio a favorirla». «Non serve la scuola dei ricchi, perché lo sviluppo del Paese si è sempre creato quando l'istruzione si diffondeva e diventava conoscenza collettiva». A questo punto Boschi ha cercato di fare marcia indietro. Su facebook ieri ha scritto: «Non ho offeso nessuno. Spero che il clima torni disteso, per un confronto di merito equilibrato e civile. Noi ci siamo, pronti ad ascoltare e senza attaccare nessuno». Troppo tardi: Rino Di Meglio della Gilda ha parlato di «deriva autoritaria. I sindacati sono lo strumento organizzativo che ha fatto emergere il dissenso. La lotta degli insegnanti non si ferma. Stia sereno chi di dovere». Il Pd deve Inoltre affrontare anche la rivolta della sua base. La bacheca facebook del presidente del Consiglio Renzi ieri è stata bombardata dalla protesta dei docenti che promettono »di non votare più il Pd. «La scuola non è un'azienda e tenere sotto scacco i lavoratori con la minaccia del licenziamento farà crollare la motivazione. Questo è schiavismo!» si è letto tra i commenti. Per il sottosegretario all'Istruzione Faraone (pd) è la prova di una «protesta democratica» e «che stiamo facendo sul serio». In realtà, i renziani stanno bruciando i ponti alle loro spalle. A chi, come il capogruppo Camera di Sel alla Camera Scotto li critica, Francesca Puglisi (responsabile scuola Pd) ribatte, come al solito di «non avere letto la riforma». E insinua che i «sindacati temono di perdere potere» e vogliono inserire nella contrattazione i 200 milioni di euro che il governo intende affidare ai «presidi manager» per aumentare gli stipendi al 5% dei docenti «meritevoli». A questa impresa dovrebbero partecipare genitori e studénti. Praticamente una chiamata in correo per stimolare la competizione tra docenti e la guerra con le famiglie. Un altro punto contestato è la creazione di un mercato delle «auto-candidature» dei docenti. È previsto anche che il collegio docenti discuta le direttive del preside-manager, senza poterle bocciare. Al fondo, non c'è alcuna modifica dei poteri che permettono di chiamare i docenti. I presidi manager individueranno fino al 10% dei docenti per comporre lo «stafk Un'altra norma permetterà di «selezionare» ì docenti da classi di concorso diverse da quelle per cui si sono abilitati, purché posseggano titoli di studio per insegnare la disciplina. Alla bisogna, si adegueranno alle esigenze della scuola-azienda