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L'Arena-In piazza il fronte del Sì-C'è anche l'appoggio dei sindacati della scuola

In piazza il fronte del Sì I Ds: "Alle private 17 miliardi, agli altri soltanto 160 milioni" C'è anche l'appoggio dei sindacati della scuola In 500 al corteo del Coordinamento degli studenti ...

02/10/2002
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L'Arena

In piazza il fronte del Sì
I Ds: "Alle private 17 miliardi, agli altri soltanto 160 milioni"
C'è anche l'appoggio dei sindacati della scuola
In 500 al corteo del Coordinamento degli studenti
Il loro cavallo di battaglia è l'articolo 33 della Costituzione: "La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e i gradi. Enti e privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato". Gli alunni delle scuole veronesi sono nuovamente scesi in strada ieri mattina per una manifestazione promossa dal Comitato degli studenti veronesi, che raccoglie il Collettivo Iqbal, i Giovani comunisti, l'Unione degli studenti e l'Uaar Giovani: nel mirino della loro protesta c'è la legge regionale dei buoni scuola al centro del referendum di domenica prossima, della quale il Coordinamento chiede l'abrogazione. Nel contempo, a Venezia, altre migliaia di studenti arrivati da tutto il Veneto sfilavano sotto i palazzi della Regione. "Volevamo comunque fare una manifestazione anche nella nostra città perché a Verona per otto anni si è mantenuto il silenzio su quanto stava accadendo a Venezia", spiegano i rappresentanti del comitato.
Il corteo è partito da piazza Bra intorno alle 8.30 e ha percorso via Roma dove si è fermato davanti al comando Nato per manifestare contro la guerra in Iraq. Poi è ripartito per Castelvecchio, lungadige Campagnola, ponte della Vittoria ed è arrivato in piazza dei Signori. Davanti un camper con gli altoparlanti che scandivano slogan a favore della scuola pubblica e contro i buoni scuola e il ministro del governo Berlusconi Letizia Moratti. "La legge regionale ha stanziato solo in quest'anno il novantanove per cento dei fondi al cinque per cento degli studenti, quelli delle scuole private. Si tratta di 17 miliardi e mezzo di vecchie lire contro i poco più di duecento milioni destinati ai 500 mila studenti delle pubbliche", spiegano gli studenti.
Proprio sulla distribuzione delle risorse si accende la protesta degli studenti: "Inizialmente la legge prevedeva un contributo a tutti gli studenti per i libri di testo e i trasporti e per questo era stata approvata anche dal centrosinistra. Poi con il regolamento di applicazione della legge si sono favoriti solo gli studenti delle private. Se i contributi venissero distribuiti davvero a tutti gli studenti potremo anche accettare questa legge, ma così è una discriminazione". Inoltre, spiegano gli studenti, la legge sui buoni scuola "esclude chi frequenta la scuola materna, i corsi di formazione professionale, i corsi per adulti e gli alunni non residenti". Oltre allo sciopero, il coordinamento degli studenti ha promosso la scorsa settimana un'assemblea e una serie di volantinaggi in città e nelle scuole. E ieri mattina una rappresentanza ha partecipato all'assemblea al Kappadue promossa dai sindacati e venerdì sarà presente ad un'altra assemblea pubblica in sala Lucchi, di fronte allo Stadio, alle 20.45 promossa dal coordinamento dei docenti. "Con queste iniziative se non altro abbiamo reso partecipe la città di questo referendum anche se dall'altra parte si assiste a un intervento in senso contrario della chiesa che tramite il vescovo e alcuni parroci invita le persone ad astenersi dal voto". Oltre al referendum, gli studenti hanno intenzione di continuare la loro campagna per altri obiettivi: "In generale siamo contro questa riforma della scuola voluta dal ministro Moratti; siamo contro la guerra che sta per scoppiare in Iraq e in generale contro questo governo di destra che vuole dividere la scuola in due classi, quella di formazione per chi non ha i soldi, e quella di istruzione per coloro che possono permettersi una formazione di alto livello". SI VOTA DALLE 7
Il referendum regionale di domenica prossima funzionerà come una normale consultazione elettorale. Con i seggi aperti nelle scuole dalle 7 di mattina alle 22, i cittadini sono chiamati al voto muniti della cedola elettorale che dovrebbero aver conservata in qualche cassetto di casa. È quel documento che ha creato non pochi disagi alle amministrative del maggio scorso: molti l'avevano smarrito. Per essere valido, il referendum deve raggiungere un quorum: o vota almeno il 50% degli aventi diritto, o la consultazione è nulla. È la ragione per la quale chi non vuole che la legge regionale sui buoni scuola venga abrogata invita a non andare a votare.
Domenica sera lo spoglio verrà effettuato subito dopo la chiusura delle urne, a partire dalle 22. Non ci vorrà molto a sapere se il quorum sarà raggiunto. Per quanto riguarda il territorio comunale, Palazzo Barbieri metterà in Internet, in tempo reale, i dati sull'affluenza e il risultato delle schede. Sia da Verona sia dagli altri Comuni della provincia i risultati verranno riversati non in Prefettura, come di solito accade alle elezioni, ma in Regione. "Una legge discriminatoria. In Veneto su 15.382 domande di "buono scuola" ammesse al finanziamento per l'anno scolastico 2000-2001, solo 247 hanno riguardato studenti della scuola statale. Tutti gli altri beneficiari (15.135) sono studenti delle private. Nella nostra regione i criteri che fissano a 300 mila lire la soglia di spesa di iscrizione per ricevere i contributi, di fatto taglia fuori dal buono scuole tutti gli studenti che frequentano la scuola pubblica". Esprimendo le ragioni del "sì" al referendum di domenica, i Ds della Provincia sottolineano quelle che definiscono discriminazioni della legge regionale che vogliono vedere abrogata. La capogruppo Silvia Mostarda ricorda qualche cifra: nella nostra provincia i buoni scuola sono stati distribuiti fra elementari (1.303), medie (1.210) e superiori (1.904), il più alto numero di erogazioni (4.417) del Veneto. "Ma gli interventi sono andati a beneficiare con 17 miliardi e 500 milioni di lire nella totalità pressoché assoluta alunni e famiglie della scuola privata. Ai ragazzi che frequentano la scuola statale è arrivata un'elemosina di 160 milioni in tutto". "È una legge da abrogare", dice Mostarda, "per riportare un po' di giustizia nel mondo della scuola veronese. Sbaglia chi crede che la legge favorisce le scuole cattoliche: favorisce in realtà i "diplomifici", la scuola facile e non di qualità".
Il "no" è sostenuto dalla Casa delle Libertà, e in quarta circoscrizione i due fronti si sono dati battaglia politica. In particolare la Cdl (minoranza) accusa con un volantino la Margherita (maggioranza) di aver votato contro un ordine del giorno in cui si invitavano i cittadini ad astenersi dal voto nel referendum. "Bell'esempio di cattolici, questi della Margherita", dicono Lega, An e Forza Italia, "che votano contro i finanziamenti alle scuole cattoliche. Alcuni di loro fra l'altro sono espressione del mondo delle parrocchie, fanno parte di consigli pastorali. Cosa penseranno i loro elettori della scelta che hanno fatto? Cosa ne penseranno i sacerdoti di Golosine, Santa Lucia e Madonna di Dossobuono?" "E poi lo chiamano diritto allo studio". Efrem Bigon, della Cgil scuola, conclude con uno slogan il suo intervento all'assembelea indetta da Cgil, Cisl e Uil. Al cinema-teatro Kappadue sono arrivati studenti reduci dalla manifestazione di piazza, docenti, rappresentanti di categoria e cittadini interessati al problema scuola. Il tema del giorno, naturalmente, è la legge sui buoni scuola che domenica sarà al centro del referendum abrogativo. I rappresentanti dei tre sindacati, Francesca Pavanello della Cisl, Efrem Bigon della Cgil e Alfonso Arena della Uil hanno ricordato le motivazioni che hanno spinto ad appoggiare il "Sì" nel prossimo referendum. In particolare sottolineano la differenza di stanziamenti tra scuola pubblica e privata. Ma hanno anche fatto il punto sul malessere che ruota attorno al mondo della scuola. "Oltre ai buoni scuola siamo contro al ridimensionamento della scuola pubblica statale operato dalla finanziaria", ha spiegato Pavanello, "e alla politica finanziaria del governo nei confronti del welfare, in particolare della scuola". Nel mirino ci sono prima di tutto i tagli agli organici che riguarderanno, secondo quanto si è potuto apprendere fino ad ora, prima di tutto i settantamila insegnanti delle scuole elementari: "Con un colpo di spugna viene abolita la legge 148 del 1990 e si torna indietro al maestro unico. Ma non è l'unico ridimensionamento. Spariranno anche alcune cattedre a seguito della sparizione delle cattedre che hanno meno di diciotto ore. E ci sarà anche una riduzione del venti per cento dell'organico dei bidelli perché daranno in appalto i lavori alle agenzie di pulizie. Infine arriverà un ridimensionamento degli insegnanti di sostegno che passeranno da una percentuale di uno su 138 a uno su 145". I ridimensionamenti riguarderanno anche gli insegnanti fuori ruolo, per esempio gli assenti per problemi di salute o quelli impegnati in progetti provinciali come quelli sui disabili o l'intercultura: "Il quaranta per cento", spiega Pavanello, "è destinato a tornare in classe".
Ma cosa avverrà per quanti rimarranno senza cattedra? "Saranno fatti dei corsi, per i docenti che avranno i titoli, per trovare una nuova collocazione. Chi non potrà trovare una collocazione nella scuola non è escluso che possa passare ad altri ministeri, e non è detto che il luogo di lavoro sarà nella stessa città. Infine è prevista la cassa integrazione per un massimo di cinque anni". Bigon ha inoltre ricordato come la situazione attuale sia la conseguenza di un processo di riforma iniziato con la commissione Bertagna, proseguito con gli stati generali e infine con la legge delega. "Lo sciopero dello scorso novembre è riuscito a bloccare una parte delle riforme, ma alcune cose sono passate", ha spiegato Bigon. "Ci sono stati per esempio 1.900 studenti in più a fronte di un taglio di risorse per la gestione corrente del 30 per cento", precisa Bigon. "E quest'anno si assiste a un ulteriore taglio nella Finanziaria che, guarda caso, va a colpire scuola, sanità e pensioni. È una politica fallimentare quella del governo. Riducendo le spese il governo abbassa anche la qualità dei servizi sociali". Bigon ha anche lanciato l'allarme sull'aumento del numero di studenti per classe: "Si dice che non sarà alzato. L'hanno scorso hanno detto la stessa cosa e poi con il decreto sugli organici hanno fatto il contrario. Verona ha già la più alta percentuale del Veneto". Tornando sui buoni scuola il segretario della Cgil ha infine concluso: "E poi lo chiamano diritto allo studio: chi ha i soldi si compra una formazione di qualità, chi non li ha si arrangi".
Tra i gruppi e le associazioni presenti c'era anche il Coordinamento dei docenti veronesi, rappresentato da Mariangela Icarelli. Nato per protesta contro l'ultima riforma scolastica, il movimento appoggia il referendum del "Sì". "Il nostro riferimento resta la costituzione", spiega Icarelli. "I buoni scuola non ci toccano solo per questioni economiche, anche se di fatto vengono destinati fondi alla scuola privata in un momento in cui la scuola pubblica vive una estrema penuria di risorse. È anche un problema culturale. Dobbiamo chiederci, infatti, quale sistema integrato vogliamo e se lo vogliamo: e in particolare se il sistema integrato deve diventare una giungla in cui scuole pubbliche e private lottano per accaparrarsi gli studenti. Questo non è ciò che noi vogliamo". Sul referendum del 6 ottobre è scesa apertamente in campo anche la Chiesa cattolica. Lo ha fatto con una lettera aperta firmata da monsignor Pietro Nonis, delegato della Conferenza episcopale Triveneta per la scuola e l'università, che invita i fedeli a disertare le urne. Ecco il testo integrale della lettera: "Vivamente interessati al compito formativo della Scuola, presentiamo all'inizio di questo nuovo anno scolastico, a nome dei Vescovi del Veneto, sinceri auguri agli alunni, agli insegnanti e ai genitori, primi educatori dei loro figli. Desideriamo poi esprimere il nostro pensiero sul Referendum indetto per domenica prossima 6 ottobre".
"L'iniziativa referendaria propone l'abrogazione della legge regionale che assegna un contributo economico alle famiglie per le spese scolastiche sostenute nelle scuole statali o paritarie scelte per i loro figli, privilegiando le famiglie a minor reddito".
"Un servizio scolastico pubblico formato da scuole statali e da scuole paritarie è oggettivamente più rispondente al bene comune dei cittadini. La legge n. 1/2001 della Regione Veneto costituisce una tappa importante - che può essere ulteriormente migliorata - verso la parità scolastica effettiva, in linea con gli indirizzi degli altri Paesi dell'Unione europea".
"Crediamo che sia riduttivo e fuorviante chiedere ai cittadini del Veneto di affrontare una materia per sua natura così complessa con un referendum abrogativo. Infatti, pronunciarsi con un "sì" o un "no" significa rispettivamente rifiutare o confermare la norma di legge, nei principi che la giustificano come anche nella forma in cui si articola. Equivale a bocciare senza appello un principio o confermare una volta per sempre l'attuale formulazione normativa e applicativa".
"Prendiamo atto dell'orientamento ampiamente condiviso da diverse realtà cattoliche e da molte associazioni laicali di non recarsi alle urne. Riaffermiamo che questa è una presa di posizione costituzionalmente corretta e moralmente significativa, e non comporta il venire meno ad un dovere civico perché la disciplina del referendum non prevede l'obbligo del voto".
"L'astensione consentirà invece di continuare il cammino riformatore appena iniziato con la "Legge Berlinguer" (n. 62/2000) e permetterà di approfondire ulteriormente, in modo propositivo e costruttivo, la discussione sulla concreta garanzia della libertà educativa delle famiglie".
E la scorsa settimana i settimanali diocesani, tra cui Verona Fedele , erano intervenuti sulla questione con un fondo comune firmato da don Bruno Fasani, dopo che nelle precedenti uscite era stato dedicato ampio spazio all'argomento. "In un paese in cui è stata da anni riconosciuta la parità tra scuola statale e scuola non statale i buoni scuola introdotti dalla Regione Veneto insieme alle iniziative simili operanti in altre regioni d'Italia sono l'unico parziale tentativo di rendere reale ed effettiva questa parità". E ancora: "Piuttosto che di picconate contro i buoni scuola l'intero sistema scolastico nazionale avrebbe bisogno di maggiori finanziamenti da parte dello Stato, includendo tra questi un più dignitoso stipendio agli insegnanti". "Un comportamento da censurare". Così il consigliere comunale dei Ds, Pierluigi Salbego commenta l'atteggiamento assunto - dice - dai parroci di alcune chiese della diocesi veronese. "Domenica scorsa", osserva, "in alcune chiese i parroci hanno invitato i fedeli a non andare a votare il referendum di domenica prossima sui buoni scuola. Credo che questa "raccomandazione" sia stata iniziativa dei singoli parroci più che una direttiva della Curia la quale, sotto la guida del vescovo Carraro, non si è mai intromessa sulle questioni di carattere politico. In ogni caso, credo che il comportamento di questi parroci, che dovrebbero pensare più alla salvezza dell'anima, sia assolutamente da censurare". AI LETTORI. Per ragioni di spazio, L'Arena non è in grado di pubblicare le numerose lettere che in questi giorni sono giunte in redazione sul tema del referendum di domenica prossima sui buoni scuola. In più occasioni, del resto, il giornale ha pubblicato le ragioni di chi ne vorrebbe l'abolizione e di chi è invece a favore del loro mantenimento


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