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L´allarme di Napolitano per i giovani "Dargli un futuro o democrazia in scacco"

Richiamo al governo: crisi grave, basta discorsi rassicuranti

02/01/2011
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la Repubblica

Umberto Rosso

ROMA - È stata una "operazione-verità" sulle condizioni reali del nostro paese, perché «non possiamo consentirci il lusso di discorsi rassicuranti, rappresentazioni convenzionali del nostro lieto vivere collettivo». La crisi c´è, forte, e morde. Giorgio Napolitano alza il velo sull´ottimismo facile, specialità principe del governo, anche se il capo dello Stato non chiama in causa e non cita Silvio Berlusconi nel suo discorso di fine anno. Tutto dedicato - è la prima volta che accade nei messaggi dal Colle di capodanno - ad una precisa e determinata "fascia" sociale: i giovani, che rappresentano la questione numero uno per il capo dello Stato. «Se non gli apriamo possibilità di occupazione e di una vita dignitosa, la partita del futuro è persa, non solo per loro ma per tutti, per l´Italia; ed è in scacco la nostra democrazia». Parole dure e preoccupate, che danno il senso della gravità che Napolitano attribuisce allo snodo della disoccupazione e dell´intera questione giovanile. Con un rinnovato invito a cambiare la riforma Gelmini, con più risorse alla cultura e alla ricerca.
Dal presidente della Repubblica, nella sera dell´ultimo anno, arriva un discorso appassionato, ma anche realistico, crudo perfino, nella dichiarata volontà di non voler nascondere nessuno dei problemi di cui soffre il nostro paese. Dall´«impoverimento» crescente, anche di ceti medi, alla necessità di una riduzione del debito pubblico, «alla quale non si sfugge». Dalle tasse che tutti devono pagare all´esigenza di una «maggiore produttività», con riferimento alla vertenza Fiat. Dal valore sempre attuale dei 150 anni dell´Unità d´Italia fino alla sofferenza per la sua Napoli alle prese con i rifiuti, con un richiamo all´impegno di tutti, cittadini compresi, «senza fatalismo». E la politica, i partiti, il governo? Il capo dello Stato, in tv, ha voluto rivolgersi soprattutto ai cittadini, e spiega perciò: «Vorrei fosse chiaro che sto ragionando sul da farsi nei prossimi anni. I giudizi sulle politiche di governo non competono al Capo dello Stato ma appartengono al confronto fra maggioranza e opposizione». Alle alte cariche dello Stato aveva parlato alla vigilia di Natale, e nel messaggio televisivo ribadisce solo i richiami severi di quell´incontro al Quirinale: il distacco sempre «più allarmante» fra istituzioni e paese, la necessità di un «salto di qualità» della politica, lo «spirito di condivisione» fra i partiti che non riesce a decollare.
IL FUTURO - Per Napolitano bisogna «investire» sui giovani, «scommettere» sui giovani, dare loro «adeguate opportunità». Ma sanno di «non poter chiedere un futuro di certezze, magari garantite dallo Stato, ma di avere diritto piuttosto ad un futuro di possibilità reali». Insomma, la questione non si risolve con il vecchio assistenzialismo di Stato. E anche le imprese private devono fare la loro parte, puntando sull´innovazione. Le cifre che il capo dello Stato cita sono drammatiche: due milioni di disoccupati, il tasso giovanile ha raggiunto il 24,7 per cento nel paese e il 35,2 nel Mezzogiorno (in particolare donne).
L´INCERTEZZA - Crisi e incertezza dell´economia sono state le caratteristiche dominanti del 2010, e lo saranno ancora, si è diffusa l´ansia di non poter più aspettare un avanzamento e un progresso di generazione in generazione. Ma «non possiamo farci paralizzare da quest´ansia, dobbiamo saper guardare in positivo al mondo com´è cambiato». Cogliere le opportunità di un processo di globalizzazione, anche se «tuttora ambiguo».
LE RIFORME - Il debito pubblico è un peso che «non possiamo lasciare sulle spalle delle generazioni future senza macchiarci di una vera e propria colpa storica e morale». Va dunque abbattuto. Come? «Sottoporre alla più severa rassegna i capitoli della spesa pubblica corrente, rendere operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte, a qualunque livello le si voglia assestare». Questo, sprona il capo dello Stato, dovrebbe essere l´oggetto di un confronto serio tra le forze politiche, «fuori dall´abituale frastuono e da ogni calcolo tattico».
LA COESIONE - Per i festeggiamenti dei 150 anni dell´Unità d´Italia «vogliamo anzitutto recuperare la generosità e la grandezza del moto unitario». Un patrimonio che resta ben vivo, e nulla «potrà oscurare la profonda trasformazione che la nascita dello Stato nazionale ha consentito all´Italia».