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Italia ultima in Europa per laureati. E il 30% di matricole è in fuga dal Sud

Si laurea un italiano su quattro, in Europa la media è del 38,7%. Anche il lavoro è a due velocità: a un anno dalla laurea occupati 74 ragazzi del Nord su 100, contro 53 su cento al Sud. Eurostat: il Belpaese tra le maglie nere per abbandoni scolastici

28/04/2016
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Il «pezzo di carta» in Italia è un sogno per pochi. Oppure per molti non è un sogno, una meta, un traguardo a cui aspirare: diventa «dottore» un italiano su quattro. Uno su due in Svezia; o in Lituania, Cipro, Irlanda, Lussemburgo. Per numero di persone fra 30 e 34 anni che hanno completato il ciclo di educazione terziaria (università o un’altra scuola tecnica), il Belpaese è in coda, con il 25,3% dei cittadini laureati : ultimi in Europa, dove la media è del 38,7%, e (di poco) al di sotto del target Ue fissato per il 2020 (26%), scrive l’Eurostat nel rapporto del 2015. Siamo comunque in miglioramento rispetto al 2002, quando la quota di laureati era addirittura al 13,1%. Ad arrivare alla laurea sono il 30,8% delle donne e il 20% degli

Università e lavoro, un Paese a due velocità
70mila studenti in meno

Il numero dei laureati è anche al centro del XVIII Rapporto AlmaLaurea sul Profilo e la Condizione occupazionale dei laureati. Che fotografa un preoccupante calo di matricole, a macchia di leopardo: drammatico al Sud - dice l’istituto di ricerca - dove le università dal 2003 al 2015 hanno perso il 30% di iscritti; grave al Centro (-22%); quasi insignificante al Nord (-3%). Il dato di sintesi è di 70mila studenti in meno iscritti all’Università. La voragine si apre già dopo la maturità: 54 diplomati su 100 proseguono gli studi al Sud, 59 su cento al Nord. Elevata la mobilità territoriale che, «sebbene sia un fenomeno positivo, mediante il quale studenti e atenei possono valorizzare a pieno le proprie potenzialità, allo stesso tempo riflette il profondo divario sociale ed economico che caratterizza le regioni italiane», si legge nel Rapporto. Negli ultimi dieci anni, le regioni del Mezzogiorno hanno perso costantemente capitale umano: migra al Centro-Nord per motivi di studio il 20% dei ragazzi, mentre al nord si sposta solo il 2%. Le discipline che mettono in movimento plotoni di studenti sono soprattutto Psicologia (32%), Chimica (27%), Agraria e Veterinaria (26%), Lingue (25%). Meno mobili gli studenti dei percorsi economico-statistico (15%), insegnamento (16%), giuridico (18%), ingegneria (19%).

Chi fa le valigie

Inoltre, mobilità richiama mobilità: si sposta per lavorare più frequentemente chi ha già sperimentato uno spostamento per motivi di studio o un’esperienza di studio all’estero durante gli studi. L’analisi mostra particolari differenze rispetto al percorso di studi intrapreso: i laureati del gruppo scientifico sono i più mobili (43%), seguiti da agraria e veterinaria (42%) e dal linguistico (41%). Si spostano nettamente meno dei loro colleghi i laureati nei percorsi di insegnamento (25%), delle professioni sanitarie (26%) e giuridico (27%).

Mobilità

La mobilità territoriale nel passaggio dall’Università al mercato del lavoro è più frequente rispetto alla mobilità per motivi di studio. Anche in questo caso a spostarsi sono prevalentemente i laureati che provengono da contesti famigliari culturalmente ed economicamente più avvantaggiati. A cinque anni dal conseguimento del titolo, dice Almalaurea, su cento laureati residenti al Nord, 7 se ne vanno per lavorare, prevalentemente all’estero; dal Centro, a spostarsi sono il 13% dei laureati, prevalentemente al Nord; il Sud perde oltre un quarto del suo capitale umano: il 26% lavora lontano dalla famiglia d’origine.

Occupati

Almalaurea fotografa anche il differenziale occupazionale: a un anno dal titolo magistrale lavorano il 74% dei laureati del Nord e il 53% di quelli del Sud, con una forbice del 16% negli stipendi: 1.290 euro mensili netti a Settentrione, 1.088 al Sud. A cinque anni dal titolo, lavorano 89 laureati su cento residenti al Nord, mentre al Sud l’occupazione coinvolge il 74% dei laureati. Retribuzioni: 1.480 al Nord, 1.242 al Sud.

Abbandoni scolastici

L’Italia resta anche tra le maglie nere per gli abbandoni scolastici - è ancora l’Eurostat a sottolinearlo - sebbene su questo fronte abbia già raggiunto l’obiettivo di riduzione fissato da Bruxelles: arriva al 14,7% (con un target che al 2020 sarebbe fissato al 16%) la percentuale di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che hanno completato al massimo la scuola secondaria inferiore e che non seguono nessuna formazione. Resta il divario tra ragazzi che lasciano (17,5%) e ragazze (11,8%). Non siamo ultimi della classe perché dietro di noi figurano Spagna (20% di abbandoni), Malta (19,8%) e Romania (19,1%). E andiamo molto meglio del 2006, quando nel complesso gli abbandoni erano al 20,4%. Ma i modelli virtuosi ci distanziano di molte lunghezze: in Slovenia solo il 5% dei ragazzi lascia la scuola anzitempo, a Cipro e in Polonia il 5,3%, in Lituania il 5,5%.

«Ritardo clamoroso»

A commentare i ritardi del sistema italiano, la deputata e responsabile scuola e università di Forza Italia, Elena Centemero: un «primato poco lusinghiero - dice -. Un ritardo clamoroso, che rende i nostri giovani poco competitivi in un mondo globalizzato e che pesa sulla ripresa del Paese». Per recuperare il terreo perduto, afferma la deputata, è necessario «implementare le borse di studio, creare un crescente raccordo tra scuole e mondo del lavoro e migliorare le strategie di orientamento a tutti i livelli per far sì che i nostri ragazzi possano trovare il percorso di studi in grado di valorizzare i loro talenti».


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