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Istruzione, un patto pubblico-privato

Il dibattito sulla classe dirigente

26/05/2020
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Corriere della sera

pubblico-privato

di Giovanni Brugnoli

Caro direttore, nei giorni scorsi su queste pagine si è discusso, autorevolmente, di «classe dirigente» e delle sue responsabilità. Non saprei dire esattamente cosa debba caratterizzare il ceto dirigente, come preferisco dire, ma volendo riassumere in due parole la sua funzione ideale per i giorni nostri direi: connettività intelligente. Oggi abbiamo bisogno della presenza diffusa, ancorché coordinata e connessa, di ceto dirigente per arrivare a condividere un progetto di società partecipato. Mi chiedo, quindi, come si possa evitare che anche questa chiamata alle armi resti, come le precedenti, senza seguito e finisca così per essere la solita invocazione, piuttosto che l’ennesima pubblica accusa alle cosiddette élite. Mi permetto, allora, di indicare, due questioni su cui riflettere.

La prima. Davanti a noi c’è una pandemia che segna un confine netto fra un prima e un dopo. Superata la pandemia toccherà prendersi cura del «lavoro», creare le condizioni perché ci sia lavoro, onesto e dignitoso e prendersi cura delle persone che vorremmo diventassero, a pieno titolo, cittadini e, appunto, lavoratori. Serve un ceto dirigente coraggioso e capace di orientare nuovamente il Paese verso il lavoro, che connetta intelligentemente lavoro e persone, puntando sulla loro occupabilità, piuttosto, che accontentarsi di corrispondere sussidi.

La seconda. Le crisi di questi anni hanno reso evidente il bisogno di formare giovani e meno giovani a un mondo che cambia rapidamente. Ci hanno costretto a riflettere sul fine ultimo della scuola, in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sfida il lavoro dell’uomo. Sfida il lavoro, ma non l’uomo che resta il centro e il fine di ogni progetto di futuro essendo l’unico soggetto dotato di coscienza nell’universo. Formare le coscienze resta, quindi, compito centrale e imprescindibile dell’educazione e la scuola ne è un passaggio obbligato, in ogni ordine e grado. Tocca alla scuola – non solo, ma soprattutto, alla scuola – educare, formare i giovani, dare loro competenze, allenarne le intelligenze ma soprattutto orientarne le coscienze al bene comune. Le aule della scuola sono diventate off limits ma ciò permette di vedere più nitidamente limiti e opportunità dei nostri sistemi educativi. Serve quindi un ceto dirigente capace di cogliere le opportunità del cambiamento, capace di connettere intelligentemente quello che di meglio c’era nella scuola prima del Covid con quello che potrebbe diventare nell’epoca del 4.0.

A quest’ultimo proposito, per chi come me si occupa di education in Confindustria, è motivo di orgoglio leggere l’appello rivolto agli imprenditori. Non siamo, però, all’anno zero: ci sono già tante imprese, grandi e piccole, che ogni giorno aprono le loro porte agli studenti (onlife e online). Sono le imprese che hanno accolto studenti in alternanza, prima che fosse drasticamente ridotta nelle ore e nelle risorse.

In Confindustria ci sono oltre 1.000 imprese che hanno ricevuto attestati di eccellenza per la alternanza di qualità. E sono oltre 40 mila gli studenti a cui è offerto un percorso di orientamento, in 90 città italiane. Sono quasi 1.500 le imprese che partecipano, non senza sforzi e sacrifici, a quei 104 Its dove si formano super-tecnici che trovano lavoro nell’83% dei casi. Il sistema della rappresentanza dell’industria ha fatto nascere la Luiss e la Liuc, università eccellenti dove le imprese mettono testa, cuore e soldi, creando connettività intelligente, in un’ottica di sistema, non come mero atto di «marketing». E non va dimenticata la formazione degli adulti con il ruolo chiave di fondi interprofessionali come Fondirigenti o come Fondimpresa che dal 2007 ha fatto formazione a quasi 5 milioni di lavoratori.

Certo, si può fare di più, ma serve un progetto condiviso. Un grande sforzo di «connessione intelligente» del ceto dirigente del Paese. Serve mettere in connessione, privato e pubblico, in particolare quella parte del ceto dirigente cui è affidata la responsabilità politica e amministrativa sull’istruzione. Altrimenti, ogni sforzo, sarà vano. Si deve desiderare un futuro migliore per il Paese nel suo insieme, per evitare di aumentare le diseguaglianze.

Strategia

Serve un progetto condiviso, un grande sforzo di «connessione intelligente»

Le imprese sono disponibili a dare un contributo. Non solo le grandi ma anche le Pmi, che sono capillarmente presenti sul territorio nazionale. Non si tratta solo di filantropia, ma di una scelta obbligata, intelligente e responsabile.

Del resto, è sempre accaduto. Basta osservare a quanti imprenditori, famosi e non, sono dedicati molti degli istituti tecnici e professionali del nostro Paese. Questa attenzione non è finita. Semplicemente va incoraggiata. L’istruzione, purtroppo, non è un top trending topic in Italia, non smuove le folle, salvo per polemiche, per il vero non sempre inutili. Rimettere al centro dell’agenda la riforma del sistema educativo e far partecipare tutti, non solo i professionisti della formazione, può essere un buon modo di connettere intelligentemente società e ceto dirigente.

Vicepresidente

di Confindustria

per il Capitale umano