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Invalsi, la piccola èlite e la "rivoluzione dall'alto"

Uno spettro si aggira per la redazione del Corriere e di alcuni blog economici. Non è il comunismo, ma una commissione di esperti a cui spetterà il compito di selezionare la rosa di candidati per la nuova presidenza dell’INVALSI. Da dove viene il pericolo? Forse che non si tratta di esperti, ciascuno nel suo campo? Gli strepiti degli editorialisti sono dovuti al fatto che alcuni di quei nomi non sono perfettamente in sintonia con il “comitato di salute pubblica” che in questi anni ha imposto una “rivoluzione dall’alto” della scuola e dell’università dettando l’agenda in fatto di valutazione a governi (non importa se berlusconiani o PD) che hanno rinunciato ad averne una propria. Ma al di là dei fanatismi ideologici, cosa si può dire delle valutazioni INVALSI dal punto di vista metodologico e quali sono le criticità che richiederebbero un cambiamento di rotta?

19/12/2013
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ROARS

di Alberto Baccini

1. Un recente provvedimento della Ministra Carrozza ha subito un fuoco di fila impressionante: due editoriali sul Corriere (qui e qui), il rilancio sul blog di un senatore, un post sul la voce.info, etc. etc. Oggetto del provvedimento, udite udite, la nomina di una commissione di esperti il cui compito, udite udite, è selezionare, a seguito di una procedura ad evidenza pubblica, il nuovo presidente di INVALSI, l’organismo di valutazione delle scuole italiane. Di quale nefandezza si sono macchiati questi esperti? Forse che non si tratta di esperti, ciascuno nel suo campo? No, la colpa di alcuni membri della commissione, in particolare del prof. Giorgio Israel, è di avere espresso posizioni critiche sui processi di valutazione messi in atto da INVALSI negli anni passati. La sola presenza di Israel e l’assenza di economisti dell’educazione e statistici potrebbe affossare l’eccellente lavoro fatto da INVALSI fino ad oggi. Perché una tale levata di scudi su questo provvedimento?

2. INVALSI soffre dell’ambiguità propria della via italiana alla valutazione che gli osservatori più attenti hanno più e più volte rilevato in relazione ad ANVUR. Non c’è una netta separazione tra attività tecnica di valutazione e indirizzo politico del sistema dell’istruzione.  INVALSI ha subito una torsione che lo ha trasformato da ente di ricerca strumentale rispetto alle esigenze conoscitive del MIUR – secondo quanto previsto dalla norma istitutiva -, in una “agenzia” di valutazione con compiti diretti di indirizzo, e di valutazione individuale di studenti e, in prospettiva, di docenti. In particolare negli ultimi anni INVALSI ha sistematicamente applicato strumenti ancora in fase di sperimentazione o consolidamento in procedure valutative formalizzate ed amministrativizzate, ad esempio dei risultati dell’esame per il terzo anno della scuola secondaria di primo grado. Immancabilmente la retorica che accompagna il tutto è quella della superiorità delle misure oggettive, contrapposte alla valutazione degli umani (gli insegnanti). In analogia a quanto accaduto per la bibliometria fai-da-te della VQR, i risultati delle valutazioni INVALSI non sono stati soggetti a validazione da parte di una ampia comunità scientifica, sono spesso per loro natura non-replicabili e soggetti a restrizioni nella divulgazione (fatta salva un ristretta cerchia di amici, che può accedere a dati riservati per pubblicazioni anch’esse non replicabili, perché i dati di partenza non sono disponibili). Anche per INVALSI la complessa comunità di riferimento  – insegnanti, famiglie, osservatori etc. – non accetta né condivide modalità e forme in cui è attuata la valutazione.

Sotto la spinta del dimissionario (prima commissario e poi) presidente Paolo Sestito, le attività di INVALSI si sono indirizzate decisamente verso la costruzione di strumenti per la valutazione del singolo discente, integrative o addirittura sostitutive del giudizio dei docenti. Secondo Sestito la prova del 5° anno della secondaria superiore è pensata per offrire all’alunno «un elemento non solo valutativo delle sue competenze inseribile nell’esame di stato, ma anche un elemento orientativo e selettivo per la scelta e l’accesso all’università».  Secondo Elena Ugolini (ex-sottosegretario che ha lavorato alla definizione del regolamento sul sistema nazionale di valutazione, le prove INVALSI hanno l’obiettivo di permettere di risparmiare sui costi dell’esame di stato (Italiaoggi 16/4/2013). Questa impostazione del problema, d’altra parte, è già presente nel documento di indirizzo per le attività di INVALSI (Ichino, Checchi e Vittadini 2008) caratterizzato dalla retorica del benchmarking, dalla competizione tra scuole e dagli incentivi/punizioni agli insegnanti. E nel libro di Andrea Ichino e Daniele Terlizzese, la parabola dello studente desideroso di accedere ad un prestito per finanziarsi l’università inizia proprio con l’impegno dello studente che si prepara a superare i test INVALSI per accedere al prestito.

3. La valutazione, tanto più nelle scuole primaria e secondaria, dovrebbe essere indirizzata a una ricognizione attenta dei punti di forza e debolezza del sistema. L’obiettivo principale della valutazione dovrebbe essere la predisposizione di informazioni corrette al ministro e al parlamento in vista dell’adozione di interventi di policy adeguati agli obiettivi; e dovrebbe fornire informazioni agli attori del sistema (dirigenti, insegnamenti) per il miglioramento progressivo delle performance. La valutazione dovrebbe restare fuori dalle procedure amministrative che riguardano i singoli studenti e i singoli insegnanti, tanto più che, lo ripeto, al momento non abbiamo certezza che gli strumenti utilizzati siano scientificamente validati e non sappiamo neanche se la rispondenza agli standard adottati nelle comunità scientifiche internazionali di riferimento (su Scopus sono registrare appena 18 pubblicazioni con un totale di 20 citazioni –a luglio 2013- riferibili a ricercatori affiliati INVALSI).

Da questo punto di vista la diffusione di informazioni sui risultati delle singole scuole a studenti e famiglie sarebbe uno strumento prezioso per il miglioramento del sistema restituendo a insegnanti, alunni e famiglie la centralità che spetta loro. L’idea di fondo è che un sistema di informazione trasparente è la pre-condizione perché gli attori della scuola (dirigenti, insegnanti, personale tecnico amministrativo, studenti) si sentano responsabili dei risultati raggiunti, ed agiscano in vista di un miglioramento del sistema. La diffusione delle informazioni non è funzionale alla libertà di scelta, alla competizione tra scuole – come sostengono molti, dimenticando che le famiglie molto spesso non hanno a loro disposizione un menù di scuole tra cui scegliere, specialmente se vivono in centri piccoli e piccolissimi. La diffusione delle informazioni sulla valutazione è  lo strumento principale per il miglioramento del sistema. Solo se sono chiare le regole di ingaggio – le valutazioni non saranno utilizzate per valutare i singoli –, esse potrebbero  essere rese pubbliche ad un elevato livello di disaggregazione, dando luogo ad un circolo virtuoso per cui informazioni trasparenti determinano responsabilità chiare degli attori e loro impegno al miglioramento.  Sono molto scettico sull’efficacia delle premio-punizioni economiche nel mondo della scuola, dove è invece centrale recuperare la motivazione e l’impegno degli insegnanti.

4. Mi scuso con i lettori, mi sono fatto prendere la mano. Non di queste modificazioni del sistema di valutazione si è occupata la ministra Carrozza. Si è limitata a indicare cinque nomi per una commissione che dovrà scegliere il presidente INVALSI. Gli strepiti degli editorialisti sono dovuti al fatto che alcuni di quei nomi non sono allineati con il credo dominante degli ultimi anni in fatto di valutazione. La colpa della ministra è di avere scelto persone non perfettamente in sintonia con il “comitato di salute pubblica” che in questi anni ha imposto una “rivoluzione dall’alto” della scuola e dell’università dettando l’agenda in fatto di valutazione a governi (non importa se berlusconiani o PD) che hanno rinunciato ad averne una propria. Il cattivo disegno delle istituzioni – come più volte abbiamo scritto in riferimento ad ANVUR – rende necessario il controllo ferreo preventivo delle persone chiamate a governare le agenzie di valutazione, perché solo in questo modo è possibile definirne l’indirizzo. Ecco perché  la piccola élite strepita. La ministra ha finalmente dato un segnale positivo. Confidiamo che i cinque prescelti facciano al meglio il loro lavoro. Non nascondo tuttavia il mio maggiore timore: che questo segnale finisca solo per placare gli ambienti sindacali e della scuola ostili alla “deriva aziendalistica”, e a legittimare ai loro occhi il nuovo presidente INVALSI. Senza però che nulla cambi.


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