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Infanzia, più oneri e stessi fondi

I risvolti della proposta Montevecchi all'esame della camera, coinvolti maestri e Ata

05/02/2019
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ItaliaOggi

Carlo Forte

Docenti della scuola dell'infanzia, più oneri, più responsabilità, stessi soldi. La proposta di legge attualmente all'esame della VII commissione del senato in sede redigente, As S641, prima firmataria Michela Montevecchi (M5S), prevede che gli insegnanti di scuola dell'infanzia e il personale Ata di questo segmento di istruzione dovranno frequentare corsi di formazione per imparare ad effettuare la manovra di Heinlich: una particolare terapia manipolativa che serve a disostruire le vie respiratorie in caso di inalazione di cibo o altri oggetti (si veda ItaliaOggi di martedì scorso).

L'acquisizione di queste competenze, si legge nella relazione, è finalizzata alla tutela della salute e dell'incolumità dei bambini della scuola dell'infanzia. Alla quale dovranno provvedere direttamente i docenti, senza che a ciò faccia seguito alcun incremento retributivo. Il provvedimento, infatti, è totalmente privo di copertura finanziaria. Ma nonostante questo, in caso di inadempimento, il disegno di legge prevede responsabilità in capo ai dipendenti interessati.

Il legislatore proponente, però, ha previsto espressamente l'ipotesi che le attività formative possano risultare inefficaci oltre che estranee al profilo professionale dei docenti interessati. E per questo motivo ha disposto la possibilità che «laddove sia richiesta una specifica professionalità non riconducibile al profilo professionale dei docenti della scuola dell'infanzia, le istituzioni scolastiche», possano stipulare, nei limiti delle risorse iscritte nei loro bilanci, contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli specifici. Dunque, sempre a saldi invariati per la finanza pubblica. La norma, se non subirà modifiche nell'ambito della discussione parlamentare, potrebbe risultare costituzionalmente illegittima sotto diversi profili.

L'incremento di oneri e responsabilità, conseguente all'obbligo di frequentare corsi di formazione finalizzati ad acquisire competenze di primo soccorso e all'adozione di misure conseguenti in luogo del personale sanitario, infatti, modifica unilateralmente la qualità e la quantità della prestazione degli insegnanti della scuola dell'infanzia. Il tutto senza prevedere alcun corrispettivo. Pertanto, l'invarianza della retribuzione, a fronte dell'incremento degli obblighi di lavoro, potrebbe risultare in contrasto con il principio di giusta retribuzione contenuto nell'articolo 36 della Costituzione: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro».

La violazione dell'art. 36 Cost. risulterebbe ancora più evidente per effetto della mancata individuazione delle risorse economiche per fare fronte ai nuovi oneri previsti nel disegno di legge. E ciò contrasterebbe anche con l'art. 81 della Carta, il quale dispone che ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri debba provvedere ai mezzi per farvi fronte.

Un ulteriore profilo di incostituzionalità potrebbe essere rappresentato dal contrasto con l'art. 97, comma 3, della Costituzione. Che prevede l'obbligo, per il legislatore, di individuare le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità dei funzionari. Il disegno di legge, infatti, non definisce tali aspetti. E per quanto riguarda le responsabilità, si limita a un mero rinvio «al regime ordinario di responsabilità vigente per il personale scolastico e degli impiegati statali».

A ciò vanno aggiunte ulteriori considerazioni in riferimento ad ulteriori profili di illegittimità per contrasto con alcune norme di legge, che dispongono l'irrinunciabilità del diritto alla retribuzione e la inderogabilità delle mansioni per le quali il lavoratore sia stato assunto: principi generali del nostro ordinamento, che si collocano al di sopra dei principi costituzionali nell'ambito della gerarchia delle fonti.

L'irrinunciabilità del diritto alla retribuzione rileva dalle disposizioni contenute nell'articolo 2113 del codice civile. A questo proposito, infatti, la norma codicistica sanziona con l'invalidità accordi relativi a rinunzie o transazioni. Vale a dire, gli accordi che prevedano la rinuncia del lavoratore alla retribuzione oppure l'accettazione di retribuzioni inferiori ai minimi contrattuali previsti per la prestazione ordinaria.

Quanto alla inderogabilità delle mansioni, la norma di riferimento è l'articolo 2013 del codice civile. Che prevede il divieto di adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle per le quali sia stato assunto. Principio recepito e ribadito per i dipendenti pubblici dall'articolo 52 del decreto legislativo 165/2001.

In pratica, dunque, se il disegno di legge non sarà modificato prima dell'approvazione definitiva, il rischio che si corre è quello di incrementare il contenzioso con forti aggravi di spesa per l'erario. Il problema potrebbe essere agevolmente risolto trasformando gli adempimenti previsti dal provvedimento da obblighi a diritti. Perchè ciò precluderebbe l'insorgenza del diritto alla retribuzione a seguito dello svolgimento delle relative attività.


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