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Impronte digitali a scuola: gli insegnanti si salvano, i presidi no

Alla Camera, in commissione Cultura, passa un parere che chiede "l'accertamento all'ingresso" dei dirigenti scolastici. Insorgono l'Associazione di categoria e le opposizioni: "Norma insensata e punitiva". I Cinque Stelle: "Potremmo rivederla"

03/04/2019
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la Repubblica

Corrado Zunino

Gli insegnanti escono dal radar del Decreto Concretezza (articolo 2) e, come previsto dal ministro dell'Istruzione Marco Bussetti in un'intervista con "Repubblica", non dovranno offrire le impronte digitali al loro ingresso a scuola. Nella rete dei controlli restano, però, i dirigenti scolastici. 

Il provvedimento voluto dal ministro Giulia Bongiorno per il controllo del personale della Pubblica amministrazione è in fondo al percorso alla Camera. Oggi la commissione Cultura (e Istruzione) ha dato un parere - non vincolante - in cui liberava dalle impronte e dall'accertamento sull'iride maestri e professori, ma obbligava a un non meglio identificato controllo i presidi. Un provvedimento apparentemente illogico che allarga un solco tra insegnanti, già tracciati nella loro presenza in classe dal registro elettronico, e i dirigenti scolastici: dalla "Buona scuola" in poi le ragioni di conflitto tra le due categorie scolastiche - arruolamento, premi e stipendi - sono state diverse e accese.

L'ultima modifica apportata all'articolo 2 del Ddl - con gli emendamenti già votati - prevede che i dirigenti scolastici "siano soggetti ad accertamento esclusivamente ai fini della verifica dell'accesso". Il testo è ambiguo: potrebbe indicare sia una necessaria timbratura del cartellino, che oggi non c'è, che la richiesta delle impronte digitali (o l'identificazione attraverso l'iride). Impronte e riconoscimenti facciali costringerebbero a realizzare apparecchi costosi nelle scuole italiane.

Dovrà essere un decreto ad hoc a disciplinare le modalità pratiche dell'identificazione, ma il viaggio del ddl in aula alla Camera è pronto a regalare nuove modifiche. Il ministro Bussetti, per ora, non parla. Parla, "in fermo dissenso", il presidente dell'Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli. "Vigilare sugli ingressi non ha alcun senso", dice, "visto che il dirigente scolastico non ha un orario fisso di lavoro". Soprattutto, quello che conta, "sono i risultati". La misura ha scatenato le reazioni politiche dell'opposizione e anche della deputata Cinque Stelle Vittoria Costa, che in commissione Cultura si è espressa contro. "E' una vergogna", ha scandito Valentina Aprea di Forza Italia. La presidente dei deputati Fi, Mariastella Gelmini, ha definito la norma "inutilmente punitiva". Della stessa idea è Anna Ascani del Pd: "Un gravissimo segnale dato in un periodo in cui gran parte dei settemila presidi gestiscono le reggenze di due o più plessi scolastici". L'ex sottosegretario Gabriele Toccafondi, centrista: "La differenza di metro usata per insegnanti e presidi è incomprensibile".

La relatrice del Ddl Concretezza del Movimento 5 Stelle, Virginia Villani, fa sapere: "I presidi per ora restano sottoposti solo alla verifica dell'accesso agli istituti scolastici, ma siamo già al lavoro per migliorare anche questo aspetto della norma. La questione sarà regolamentata con un futuro decreto che tenga conto della loro operatività concreta". 


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