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Il ritorno delle matricole sedotte dal pezzo di carta

Nelle università è di nuovo boom

18/03/2018
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la Repubblica

Ilaria Venturi e Corrado Zunino

Per il quarto anno consecutivo le università italiane crescono. Le matricole, studenti al primo anno, sono 11.804 in più della stagione precedente. Più 3,8 per cento sul 2016-2017, che a sua volta era cresciuto in maniera identica. Le ultime due sono state le migliori stagioni dell’intero Duemila e segnalano come il sistema universitario italiano — attaccato, sottofinanziato, intercettato da procure e attraversato da concorsi fasulli — nuovamente attragga i diciannovenni italiani e le loro famiglie: nell’ultimo quadriennio, quello che ha invertito un andamento in caduta da dieci anni, sono stati recuperati all’istruzione superiore trentunmila diplomati. Un ottavo delle intere matricole del 2013.

Cinquantanove università statali pubbliche su 61 hanno offerto a “Repubblica” i dati delle immatricolazioni 2017-2018. Il Sannio non ha voluto renderle pubblici perché non ha ritenuto le cifre ancora stabilizzate, Salerno non ha risposto: per queste due realtà abbiamo utilizzato i dati ufficiali del Miur fermi, questi, al 26 gennaio 2018.

Bene, la somma dei neoiscritti in tutti gli atenei segnala un numero di matricole pari a 321.652: sono, appunto, 11.804 in più rispetto all’anno scorso alla stessa data (sempre secondo i dati offerti dalle università).

Come segnalano il ministero dell’Istruzione e gli esperti di Almalaurea, ancora non si può paragonare questa cifra con le serie storiche consolidate perché a luglio il dato di prassi scende (scremato di chi non ha pagato almeno la seconda rata).

Ma tutti — esperti e rettori contattati — sono concordi con il dire che si è tornati a vedere quota trecentomila. Significa che anche per l’università la grande crisi — 2008-2014 — non fa più male. Il livello raggiunto è vicino a quello (307.586 neoiscritti) del 2007-2008, la vigilia della depressione socio-economica.

La crescita è omogenea nel Paese, e questo è un plusvalore: in 44 atenei le immatricolazioni salgono, in 17 scendono. Tra chi cresce, quattordici realtà sono al Sud. L’Università di Ferrara guida la fila raddoppiando gli iscritti, da 3.578 a 6.892, grazie alla fine del numero chiuso in buona parte de i dipartimenti.

Segue l’Università dell’Insubria (Como e Varese). I successivi aumenti, terzo e quarto ateneo in classifica, sono però nel Meridione: Catanzaro e Messina. Il fenomeno delle università settentrionali che crescevano in solitudine va archiviandosi.

Diversi atenei del Nord e di prestigio continuano sì a staccare nuove iscrizioni, ma con gli investimenti in edilizia contingentati e le regole di bilancio ancorate alla stagione dell’austerity, molti rettori mantengono facoltà importanti a numero chiuso. Va registrata una crisi nel Centro Italia, area geograficamente limitata ma con sette università in cifra rossa (sulle diciassette negative totali). Agli atenei messi in seria difficoltà dai terremoti (L’Aquila e Macerata), si aggiungono casi come Chieti-Pescara (uscita con le ossa rotte da una guerra tra dirigenti e docenti) e le difficoltà del Lazio, dove quattro università hanno segno negativo: il gigante La Sapienza, che quest’anno ha registrato riconoscimenti internazionali, Tor Vergata con il rettore sotto processo per tentata concussione e istigazione alla corruzione, la Tuscia nel Viterbese e l’Università (sportiva) di Roma Foro Italico.

Tra le grandi strutture, quelle con più di cinquemila matricole l’anno, hanno saldi nettamente positivi Pavia, Torino (e anche il Politecnico), Modena- Reggio e Parma, che nutre l’ambizione di diventare polo di riferimento sull’alimentazione. Quindi Firenze, Roma Tre e la Federico II di Napoli. Sono positive, intorno al 2 per cento, Genova, Palermo e La Statale di Milano.

Intorno all’uno, Bari, Padova e il Politecnico di Milano.

L’Alma Mater di Bologna paga il calo del tre per cento alle triennali: solo l’introduzione del numero programmato ha fatto perdere un quinto dei neoiscritti a Scienze politiche. Il rettore Francesco Ubertini: «Abbiamo esaurito la capacità attrattiva locale, resta alta quella da fuori regione». L’Alma Mater ha investito sul biennio finale, le magistrali specialistiche, e sui corsi internazionali, passati da 59 a 71 (+9,7 per cento le matricole straniere). Milano Bicocca e Padova sui corsi in lingua inglese. L’Università di Trento si è attrezzata per frenare l’assalto dall’esterno: due terzi dei suoi iscritti. «Una politica di contenimento necessaria».


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