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Il prof e la barchetta di carta: lo struggente racconto per spiegare il naufragio del bimbo con la pagella

Enrico Galiano insegna in una scuola di periferia, ha creato la webserie «Cose da prof», ed è stato inserito nella lista del 100 migliori insegnanti d’Italia. Sta commuovendo Facebook col suo «esperimento» in classe per spiegare il dramma dei migranti

25/01/2019
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Essere professori- bravi professori- significa anche avere il coraggio di andare oltre gli schemi, provare a far capire perché il presente ha sempre a che vedere col passato, e come mai quello che succede agli altri potrebbe succedere anche a noi. Ci crede profondamente Enrico Galiano, professore di una scuola di Pordenone, che in vista della Giornata della memoria ha deciso di affrontare con i suoi alunni di terza media un tema drammatico quanto attuale. Quello del dramma dei migranti. Un «esperimento», il suo, raccontato in un post su Facebook che sta commuovendo tutti.

La bottiglietta d’acqua vuota

Galiano ha chiesto ai suoi studenti di portare una bottiglietta d’acqua vuota in classe per giovedì. «Oggi sono entrato in classe. Con un secchio. Ho detto ai ragazzi di sedersi in cerchio. Ho dato a ciascuno di loro un piccolo foglio di carta. Gli ho detto: “Adesso pensate alla persona a cui volete più bene al mondo. Poi disegnate un omino stilizzato e vicino ci scrivete il suo nome” “Ma io posso scriverne due?” “Certo, anche tre se vuoi!” E dopo ho chiesto loro di riempire la bottiglietta, di versarla nel secchio e di tornare a sedersi».L’idea è venuta a Galiano da un libro, Ammare, di Alberto Pellai e sua moglie Barbara Tamburini. Ed è un’idea semplicissima e geniale che ha materializzato in pochi minuti davanti agli occhi dei ragazzi una serie di concetti difficili da spiegare e di fatti incomprensibili per i cuori degli studenti cresciuti nel facile e comodo mondo occidentale. «Davanti ai loro occhi ho fatto una grande barca di carta, e gli ho detto di metterci ciascuno il proprio foglietto sopra. Poi ho appoggiato la barca sulla superficie dell’acqua. Infine ho iniziato a far vacillare il secchio, fino a che la barchetta non si è ribaltata, facendo cadere giù tutti i foglietti. Tutti quei nomi, quegli omini, giù in fondo al secchio». Di fronte a quei foglietti che cascavano- chi aveva messo il papà, chi la mamma, chi il cuginetto- «si è creato un silenzio incredibile. Più di un minuto senza che nessuno fiatasse», quasi «un miracolo» in una classe di ragazzi di terza media.

I fogli di carta tirati su dal secchio

Solo allora il prof ha «raccontato loro del naufragio del 18 aprile 2015, in cui nel Canale di Sicilia sono morte più di mille persone, tante quasi come nel Titanic. La loro barca, un peschereccio fatiscente che di persone ne poteva contenere al massimo duecento. E ho raccontato loro di una di quelle: un bambino più piccolo di loro, originario del Mali, che è stato ritrovato con la pagella cucita sulla giacca. Secondo voi perché un bambino dovrebbe salire su una barca così?», ha chiesto Galiano. Le risposte sono quelle che ci siamo dati tutti: «Per far vedere che aveva studiato!” “Per dire a tutti che era bravo a scuola!” E poi un ragazzino macedone, di fianco a me, a bassa voce ha detto: “Forse per far vedere che non era cattivo, come molti pensano di tutti quelli che arrivano”». La campanella è suonata per la ricreazione, i ragazzini sono usciti e si sono dedicati alle proprie merende. Tranne tre ragazze, che sono tornate indietro: « Scusi prof” “Sì?” “Noi vorremmo...” “Voi vorreste...?” La più coraggiosa delle tre prende il coraggio e dice tutto in un fiato: “Possiamo tirare fuori quei fogli da lì?”. Ci siamo chinati, li abbiamo tirati su uno per uno, insieme». Il prof si è commosso: ha pensato «che finché tre ragazze decidono di saltare la ricreazione per tirare su dal fondo di un secchio dei fogli di carta, c’è ancora motivo per credere in un mondo diverso».