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Il precario stremato

Questo è il numero di venerdì 9 ottobre 2020 della newsletter Dietro la lavagna, firmata da Ilaria Venturi e Corrado Zunino

10/10/2020
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la Repubblica

Mercoledì 14 ottobre saranno, insieme ai sindacati, sotto le prefetture d’Italia. Arrabbiati, e molto preoccupati per la concreta possibilità di essere espulsi da un sistema scolastico, se possibile, più farraginoso e ingiusto che in passato. I precari scolastici d’Italia, i Terza fascia, gli storici Gae, i non ancora assunti del concorso 2016 – ormai le categorie sono plurime e con interessi divergenti –, contestano Lucia Azzolina, la sindacalista Anief che voleva assumere tutti i precari e subito e che, diventata ministra dell’Istruzione, usa la parola “merito” come un’accetta. L’ultima intervista a La7 con Enrico Mentana, in cui la ministra ha parlato di insegnanti necessari come i bravi chirurghi, e di docenti precari non sufficientemente bravi, ha fatto rompere gli argini. I social sono esplosi: “Noi siamo all’altezza”, ma in questo momento il gruppo più folto e più debole della docenza italiana – i precari, appunto – ha poche armi per ribaltare una situazione che lo ha stremato.

Buongiorno, caro lettore di Dietro la lavagna.

In questo numero della newsletter di Repubblica sulla scuola, a cui potrai abbonarti cliccando a questo link, approfondiremo una questione fin qui poco raccontata del prossimo concorso straordinario per docenti, che inizierà in tutta Italia con lo scritto il prossimo 22 ottobre. Affronteremo, quindi, il tema dei docenti Covid – per loro arriva una notizia confortante, vi racconteremo quanti insegnanti hanno fatto fin qui richiesta per essere considerati “temporaneamente inidonei” all’insegnamento (sono i docenti fragili) e ospiteremo un nuovo intervento di un ex ministro, una ex in questo caso, sulla scuola del presente. La ex ministra è Valeria Fedeli.

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Grazie, e buona lettura.
 

IL VIDEO

Così parlò la ministra

Tra le migliaia di reazioni all’intervista, diamo voce a questa, di Valentina Minelli. Scrive la docente:
“Ore 4.30, io insegnante di Serie B studio per il concorso. L'unico momento della giornata che riesco a ricavarmi per studiare perché poi sono a scuola dai miei studenti e nel primo pomeriggio devo correggere valanghe di compiti e preparare le lezioni. A tutti coloro che diranno: “Ma non può aver detto una cosa del genere”, a tutti coloro che cercheranno giustificazioni chiedo semplicemente il silenzio, chiedo di non dire nulla perché sono talmente stanca che non avrei nemmeno la forza per rispondere e non sarebbe un colloquio equo. Comunque sì, l'ha detto, l'ha detto da Mentana con una presunzione e una saccenza e una cattiveria inaudite. Io studierò, per fare il concorso andrò probabilmente a 200 chilometri da casa in un periodo in cui i contagi stanno aumentando. Pregherò ogni giorno di non ammalarmi perché altrimenti mi sarebbe preclusa la possibilità di essere stabilizzata in quanto a noi insegnanti di Serie B non sono concesse prove suppletive, ma non mi metterò in malattia, come qualcuno ha intenzione di fare, per tutelarmi ed essere sicura di non correre rischi. Non lo farò perché sono un' insegnante, un'insegnante che ama il suo lavoro e i suoi ragazzi, che dà anima e corpo per la scuola, una delle stesse insegnanti precarie che ha permesso alla ministra di farsi grande durante il periodo della Dad”.
 

IN PRIMO PIANO

Concorso, niente prove per chi è in quarantena

di Ilaria Venturi
 

“Per un raffreddore, o perché nella mia classe salta fuori uno studente positivo, rischio di perdere il treno della vita: non è giusto”. Corre nella chat e via internet la rabbia degli insegnanti precari sull'esclusione dal concorso straordinario (e da quelli ordinari, non ancora fissati) a causa del Covid. Si contesta la non ripetibilità della prova. Non potrà accedere allo scritto, e successivamente agli orali, chi ha sintomi riconducibili al virus e una temperatura superiore a 37,5 gradi. Saranno, quindi, esclusi i docenti in quarantena. No, non sono previsti esami suppletivi. “Siamo molto preoccupati” spiega Silvia Casali. Insegna dal 2016, non ha mai avuto la possibilità di partecipare a concorsi. “Noi le occasioni non le abbiamo avute e ora non vorremmo perderle”. Viola Tanganelli, voce del Coordinamento insegnanti precari di Bologna e Modena: “La cosa che fa più rabbia è che ti puoi contagiare, e perdere il concorso che aspetti da tanto tempo, facendo il tuo lavoro”. Poi c’è l’obbligo del trasferimento per fare il concorso. C’è chi da Bologna dovrà spostarsi a Fidenza o in provincia di Rimini: “Potevano convocarci per residenza e non in ordine alfabetico, così si evitavano spostamenti. Abbiamo difficoltà a prendere i giorni per raggiungere la sede d'esame e ci esponiamo a rischi inutili. Una volta che sei lì l'accesso sarà discrezionale: se sei raffreddato, non sarai forse ammesso?”.

IN PRIMO PIANO/2

I docenti Covid non sono licenziabili

Fino a 50 mila unità, diceva la ministra. Erano i docenti e il personale amministrativo da assumere (per nove mesi) in questa fase di scuola sotto il contagio. I cosiddetti docenti Covid. nEcco, il provvedimento era stato licenziato con la clausola “usa e getta”: se si torna in lockdown, insegnanti a casa, senza alcuna indennità. Ora un emendamento corregge il tiro, e ridà decenza a un nuovo ciclo di assunzioni.

Un emendamento sulla non licenziabilità è stato infatti inserito e approvato in commissione, nel maxi-emendamento sul quale il governo ha deciso di porre la fiducia al Senato. Un passo avanti che potrebbe incoraggiare l'accettazione degli incarichi da parte dei precari. “Era una norma discriminatoria e gravemente ingiusta introdotta nel Decreto Agosto”, è il commento di Loredana De Petris, senatrice di Leu, prima firmataria dell’emendamento che cancella la misura senza rete.

IN PRIMO PIANO/3

"Siamo ottantamila fragili"

di Corrado Zunino

La nuova questione della scuola italiana è quella dei docenti e dei bidelli fragili. Non sono “tra i 200 e i 300”, come spiegato dalla ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, in una dichiarazione risalente al 5 settembre scorso, ultimi dati ufficiali peraltro disponibili. Ci sono due stime, serie anche se statisticamente non scientifiche, che offrono il perimetro del fenomeno.  Professione insegnante, il più numeroso Gruppo Facebook dedicato alla scuola, ha imbastito un sondaggio in cento istituti del Paese scoprendo che i docenti - solo docenti - che hanno fatto richiesta di una visita medica sono, in media, cinque per dominio. “Abbiamo scelto istituti diversi per aree geografiche e tipo d'insegnamento”, racconta il professore di Informatica Salvo Amato, animatore del gruppo. Sviluppando il sondaggio per le 8.290 scuole italiane, viene fuori un numero di richieste di controllo pari a 42 mila. Serve ricordare che queste sono domande di accertamento, non approdi certi a una certificazione di “inidoneità parziale” all'insegnamento.

Esiste una seconda stima che, poggiandosi sui dati in possesso dei medici dell'Inail e del servizio prevenzione delle Asl, indica in 80 mila le richieste di visita avanzate da maestri e professori e in 20 mila quelle del personale Ata. La media, in questo caso, è di dodici lavoratori per istituzione scolastica.

Sono numeri di rilievo per un'istruzione che oggi naviga al di sotto della linea di galleggiamento e che vede crescere i casi di positività in classe. Il decreto ministeriale che norma la questione non ha concesso ai docenti che otterranno il congedo per ragioni di salute - plurimalattie, fondamentalmente - la possibilità di insegnare a distanza. Gli “inidonei parziali” o sceglieranno la malattia d'ufficio o dovranno prendere una mansione scolastica alternativa - bibliotecario, la più frequente - passando dalle 18-24 ore del contratto d'insegnamento alle 36 ore del nuovo regime amministrativo. A parità di stipendio. 
 
Anche qui i precari sono discriminati. Come ricorda il presidente dell'Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, la possibilità di passare a una mansione diversa è tale solo per i docenti di ruolo. Per i supplenti, invece, è possibile un’unica scelta: il regime di malattia.
 

Parola di (ex) ministra

"Quattro cose da fare"

di Valeria Fedeli*

“Parlare di scuola significa parlare di futuro, di economia, di competitività, di benessere, di uguaglianza, di comunità.

L’Agenda 2030 dell’Onu, la più completa piattaforma di cambiamento sociale che globalmente abbiamo a disposizione, ha posto il diritto a un’istruzione di qualità tra gli obiettivi fondamentali per realizzare uno sviluppo sostenibile.

Questo è punto di partenza di ogni riflessione, ancor più oggi, con l’opportunità storica rappresentata dal Next generation Eu: dobbiamo considerare la scuola e tutto il sistema di istruzione e formazione non più uno dei settori di cui occuparsi, ma l’indispensabile per rilanciarci e per crescere.

Garantire percorsi di istruzione di qualità a tutte e tutti è il fondamento di quella che chiamo filiera della conoscenza, che attiva e moltiplica le opportunità di trovare un lavoro di qualità e di realizzare con soddisfazione i propri progetti di vita, partecipando così a una comunità più coesa e solidale e a un sistema economico più dinamico e innovativo. La conoscenza è il più grande motore di uguaglianza, progresso, cambiamento positivo.

Ma su cosa puntare per qualificare sempre più i processi educativi? Provo a fissare quattro fattori, ribadendo che tutto quello che sulla scuola pensiamo e decidiamo non può che mettere al centro studentesse e studenti.

Il primo è l’allargamento dell’obbligo scolastico da 3 a 18 anni, con revisione dei cicli e rafforzamento universalistico dei servizi 0-3. È un’evoluzione di quanto era previsto dal decreto attuativo della Legge 107 dedicato al segmento 0-6, che introduceva anche per i più piccoli il concetto di servizio educativo, nella convinzione che quello all’educazione sia un diritto primario da garantire dalla nascita.

Il secondo fattore è la formazione dei docenti e il loro riconoscimento. Bene certamente concorsi e superamento della precarietà, ma quello che conta poi è che ogni docente sia accompagnato in un percorso di reclutamento e formazione - come quello disegnato dalle deleghe attuative della 107, ancora un buon punto di partenza - che è requisito indispensabile per una didattica di qualità. Per avere sempre docenti aggiornati, appassionati nell’ordinario e pronti per le emergenze, messi in condizione di svolgere al meglio la propria funzione di accompagnamento alla crescita delle nuove generazioni, con il pieno riconoscimento sociale ed economico che questo merita.

Il terzo fattore è il digitale, che vuol dire mettere la scuola al passo con i tempi e in contatto con il mondo: tecnologia e connettività, ma soprattutto innovazione didattica e competenze, e poi ancora nuovi diritti di cittadinanza. È un investimento che aiuta la scuola a svolgere quella funzione di acceleratore di innovazione sociale che le è connaturata, continuando gli investimenti iniziati nel 2015 con il Piano nazionale scuola digitale e rilanciando lo stretto legame tra formazione al digitale e prospettive industriali del Paese. A proposito di correlazioni tra mondo del lavoro e formazione, ci tengo a ricordare l’importanza anche dell’Alternanza scuola-lavoro, da rilanciare e riqualificare, e degli Istituti tecnici superiori.

L’ultimo fattore che cito è relativo alla scuola come luogo di cittadinanza, di condivisione di valori, a partire da quelli costituzionali su cui si fonda la nostra comunità: uguaglianza, inclusione, pari opportunità. Rilancio l’idea che la Costituzione debba essere il primo libro che si incontra entrando a scuola. Altri due valori, poi, ritengo decisivi per le sfide del futuro e credo debbano essere parte di quanto a scuola si studia, si condivide, si fa crescere: il rispetto e la sostenibilità. Riguardano il modo con cui viviamo le relazioni con gli altri e con il pianeta e non possono mancare tra le competenze che affidiamo a chi vivrà il futuro”.

*l’autrice è stata ministra dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca da dicembre 2016 a giugno 2018



RILEGGENDO (E RIGUARDANDO)

Questa settimana abbiamo raccontato così la scuola a partire da questa foto che illustra le lezioni in spiaggia a Vasto, in provincia di Chieti.

E questi sono gli articoli:

Scuola e disabilità: nessun aiuto al sostegno
di ANDREA GAVOSTO

Scuola, arrivano gli psicologi

Effetto scuola sui contagi

"Tradita dai test rapidi, ho chiuso il mio liceo"

Così in mensa a Milano

Una messa in Duomo per insegnanti e presidi

“Mi spingono gli amici”

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