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Il Nuovo:La voce di una preside: I disagi non nascono a scuola

La voce di una preside: "I disagi non nascono a scuola" Rosanna Bornorani, preside del liceo "Virgilio", uno dei più noti di Roma: "Il suicidio della ragazza di Milazzo è un fallimento di tutta...

14/11/2001
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Il Nuovo

La voce di una preside: "I disagi non nascono a scuola"

Rosanna Bornorani, preside del liceo "Virgilio", uno dei più noti di Roma: "Il suicidio della ragazza di Milazzo è un fallimento di tutta la società. A scuola si insegnano valori 'controcorrente'".
di Daniela Amenta
ROMA - Rosanna Bornorani è la preside del liceo classico Virgilio, uno dei più celebri della Capitale: oltre 900 studenti. Roccaforte dei movimenti di sinistra negli anni '70, oggi il Virgilio è il "classico" della Roma bene.

Una ragazza si suicida nel bagno di una scuola a Gela con un colpo di pistola. Che risonanza emotiva può avere tra gli alunni un gesto talmente estremo?

"Grande, non c'è dubbio. Anche se il fatto è accaduto lontano da qui, dal nostro quotidiano. Difficile commentare una disgrazia del genere. Bisognerebbe capire dove si è rotto il filo della speranza dentro questa giovanissima, il carico di disperazione che ha provato. Certo è che si tratta di un fallimento per l'intera società".

E anche per la scuola che ne è parte. Giusto?

"Giusto. Ma la scuola è solo un aspetto di un insieme. Ci sono altri elementi che incidono sull'immaginario dei ragazzi. Altre sirene più forti che li condizionano. Di certo, per la mia lunga esperienza, posso assicurare che la scuola accoglie i disagi, difficilmente li provoca".

Parlava di "sirene", a cosa si riferisce?

"A tutto un insieme di valori propagandati come tali e che in realtà sono poca cosa. A tutti i falsi bisogni che i media 'pompano' come necessari. Questa è l'epoca dei consumi sfrenati, dove tutto deve essere bruciato in fretta, dove conti se partecipi non se esisti. La scuola, al contrario, cerca di fare assimilare ai ragazzi altre ricchezze. Per esempio la scoperta del fascino delle arti, dell'armonia, della storia. E mi creda, non è semplice".

Sta dicendo che la scuola va controcorrente rispetto alla realtà?

"Sì, esatto. Siamo qui a insegnare valori poco commerciabili, poco appettibili. Ma ci crediamo, e proviamo a fare del nostro meglio. E' la nostra sfida quotidiana".

Anche rispetto alle famiglie?

"Anche. I genitori a volte sono più confusi degli adolescenti. Fanno fatica a dire 'no'. Va di moda la logica del 'tutto e subito', anche in casa. Poi, sui banchi di scuola, gli insegnanti dicono esattamente il contrario e il ragazzo, bene che vada, si trova disorientato".

Ma i ragazzi si fidano ancora della scuola, le assegnano un ruolo centrale?

"Assolutamente sì, c'è un legame forte che ci unisce. Siamo una fetta importante del loro vissuto. Loro per noi, noi per loro".

Cosa vuol dire uccidersi a scuola?

"Vuol dire comunicare alla propria comunità sociale una disperazione infinita. Non so, non ho elementi per dirlo, ma credo che questa giovanissima vittima stesse chiedendo almeno ai compagni di classe, forse agli insegnanti, una maggiore attenzione".

Ma esiste la "categoria" dei giovani?

"Secondo me è una categoria sbagliata. Così si svuota di ogni contenuto, di ogni ricchezza il loro essere. Che è multiforme e prezioso".