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Il ministro Manfredi: "Quindici miliardi sull'università che deve restare aperta. Così la cambieremo"

"Passaggi di facoltà più semplici, finanziamenti sui programmi di ricerca. Con i soldi del Recovery Fund nei prossimi cinque anni raggiungeremo i target europei". E sui contagi: "E' partito un monitoraggio quotidiano"

12/10/2020
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA - Ministro Gaetano Manfredi, università e ricerca sono in grado di quantificare i finanziamenti che arriveranno con il Recovery Fund europeo.
"Confermo. Dopo alcuni incontri con il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia, abbiamo trovato un'indicazione precisa: al nostro ministero arriveranno 12-15 miliardi in un quinquennio".

Tra i 2,4 e i 3 miliardi l'anno. Una cifra robusta e, pare di capire, che dà la possibilità agli atenei di organizzare politiche di medio termine. L'attesa programmazione. Come li spenderete?
"Vorrei, innanzitutto, aprire l'università italiana, rendere i percorsi di laurea più flessibili, consentire non solo i cambi di dipartimento con maggiore semplicità, ma soprattutto far sì che le diverse facoltà non siano più chiuse tra loro. C'è bisogno di contaminazione. Studi di Informatica oggi si rendono necessari in tutte le classi di laurea, a Medicina e nelle Scienze umane".

Questa riforma si fa a costi minimi. Poi?
"Abbiamo il minor numero di laureati d'Europa soprattutto perché alle università italiane manca la gamba professionale. In Germania, e anche in Francia, gli istituti tecnici di alta formazione sono molto diffusi, da noi poco. Bisogna investire lì, istituti tecnici superiori e lauree professionalizzanti. E far crescere i dottorati, le specializzazioni post-laurea. In particolare i dottorati industriali affiancando agli atenei le imprese, la Pubblica amministrazione, i Beni culturali. L'obiettivo nei cinque anni, anche se questo governo ne ha solo tre a disposizione, è quello di impostare l'università italiana sulle competenze ambientali e raggiungere gli standard medi europei nelle iscrizioni, nei dottorati, nella frequentazione delle discipline scientifiche da parte delle donne".

Il gender gap.
"Ci sono più donne che uomini tra i nostri studenti, ma nei due percorsi di laurea che danno più lavoro, Informatica e Ingegneria informatica, le studentesse non superano il venti per cento".

Conferma che pre-immatricolazioni e immatricolazioni stanno sorprendentemente aumentando?
"Sì, non solo non c'è stato il crollo che a giugno temevamo, ma assistiamo a una forte crescita delle matricole, superiore a quella delle ultime cinque stagioni. E' distribuita al Sud, al Centro, al Nord. Fin qui non ho rilevato università con particolari arretramenti. Se un ateneo di una grande città come Napoli, il Federico II, cresce del 20 per cento, significa che questa non è soltanto un'anticipazione delle iscrizioni, ma un vero e proprio ritorno dei giovani all'alta formazione".

Le ragioni, ministro?
"Ne vedo tre. L'attenzione che abbiamo messo nel tutelare i redditi meno abbienti e le famiglie più colpite dal Covid, quindi uno stop alla migrazione degli studiosi dal Nord italia alle università straniere, e qui c'è tutta la paura della pandemia, e per ultimo l'idea, anche questa figlia del virus, che studiare serve, in particolare alcune materie. Le famiglie hanno compreso che l'università è un investimento utile".

Nella Finanziaria di quest'anno ci saranno tre miliardi di euro?
"Le prime azioni saranno già sulla prossima Legge di bilancio. Posso dire che faremo molti investimenti congiunti. Con il ministero dello Sviluppo economico, con il Lavoro e la Salute, con il ministero dell'Istruzione".

Con quest'ultimo, quali?
"Dobbiamo portare giovani italiani alle lauree scientifiche, le Stem, partendo dalla scuola. Serve un grande progetto di orientamento collettivo. E allargare le attività di laboratorio".

Userete il Recovery Fund per irrobustire il welfare universitario?
"Vorremmo approntare un piano di investimento sulle residenze universitarie e far crescere le borse di studio, dobbiamo capire se è un utilizzo compatibile con i finanziamenti straordinari europei".

L'Agenzia nazionale per la ricerca è nata con il ministro Fioramonti, ma dopo dieci mesi di vita non ha ancora i decreti attuativi.
"Ci sono resistenze da parte degli organismi che già fanno ricerca e, soprattutto, il lockdown ha fermato molti progetti. Dobbiamo riprenderli in mano. Vorrei dire, però, che metteremo soldi sui bandi di ricerca nazionali già esistenti e ne creeremo di nuovi".

Rimettete mano all'accesso al ruolo di docenza?
"Per ora ci limitiamo al pre-ruolo, al mondo dei ricercatori e degli assegnisti. Ci sono due progetti di legge in Parlamento, attendiamo il loro sviluppo".

Ministro, il caso Suarez ha fatto vedere a tutti la condizione dell'Università per stranieri di Perugia. Ne raccontiamo le gesta da tempo. Università così non le fanno mettere in dubbio il valore dell'autonomia degli atenei italiani?
"L'autonomia resta un valore, ma deve essere accompagnata da controllo e valutazione. Dopo aver conosciuto l'esame di italiano del calciatore uruguaiano ho nominato unatask force che, nelle prossime settimane, dovrà valutare i livelli di insegnamento nelle università per stranieri del Paese. Per i provvedimenti sui protagonisti della vicenda di Perugia, dobbiamo aspettare la magistratura".

L'Università di Tor Vergata di Roma ha deciso che da oggi le lezioni tornano tutte online. Pentito di aver spinto gli atenei a riaprire nonostante la presenza crescente del coronavirus?
"No, le università devono restare aperte, in sicurezza. Non ho altre segnalazioni di ripensamenti, per ora. E da oggi parte un monitoraggio quotidiano ateneo per ateneo. Abbiamo avuto tre cluster, fin qui: la Bocconi di Milano, Bologna e Napoli. I contagi non nascevano nelle università, ma sono stati portati in aula da feste consumate fuori".


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