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Il ministro Bussetti e quei quarantanove viaggi a casa sua pagati coi soldi pubblici

49 viaggi di "servizio" nella sua amata Lombardia. Gli insulti al Sud. Le nomine agli amici. Mentre la scuola sparisce dall’agenda del governo. Vita e opere del titolare dell'Istruzione

16/02/2019
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L'Espresso

Non deve essere facile per un leghista della prima ora, cresciuto tra insulti al sud e “Roma ladrona”, essere catapultato senza troppo preavviso nella Capitale. Per di più a Trastevere, popolare quartiere capitolino, dove la romanità è più verace. Sarà per questo che il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti appena può fugge da Roma e torna nella sua amata Lombardia, dove tuttora abita (a Somma Lombardo, tra Milano e Varese). Da quando il 1° giugno scorso ha prestato giuramento al Quirinale, anzi, Bussetti è diventato un viaggiatore che non conosce fatica sempre sulla stessa tratta, quella per Milano. Sempre, però, in “missioni istituzionali”, cioè spesate dal ministero con soldi pubblici.

Nei primi sei mesi di governo, da giugno a novembre, sono stati ben 70 i “viaggi di servizio” di Bussetti. Di questi, 49 avevano come destinazione il capoluogo lombardo: una media di otto al mese, due a settimana. Quasi sempre in prossimità del week-end, ma non solo.

Le fughe da Roma iniziano subito, appena messo piede nel ministero di viale Trastevere. Il primo “impegno istituzionale” a Milano è infatti datato sabato 2 giugno, il giorno dopo il giuramento: nemmeno il tempo di partecipare alle celebrazioni della festa della Repubblica che Bussetti è già in viaggio per la Lombardia. Dove torna per ben quattro volte la settimana successiva, quella che va dal 4 all’11. A giugno in totale sono ben nove le missioni milanesi.
I “viaggi istituzionali” del ministro nel capoluogo lombardo sono poi otto a luglio, sette ad agosto, nove a settembre, dieci a ottobre e sei a novembre. A Bussetti - evidentemente - mancano la sua città e i suoi amici, a cui si avvicina appena può. Non ha voluto però separarsi da alcuni di loro, che si è tenuto vicino: cioè dando loro incarichi ministeriali.

Trainato dal Carroccio

Pochi giorni fa l’ex professore di educazione fisica ha reso chiaro il suo piano per il rilancio della scuola al Mezzogiorno: «Vi dovete impegnare forte. Non fondi, ma impegno, lavoro e sacrificio. Questo ci vuole».

Cresciuto nell’operosa Varese, Bussetti ha fatto dei valori della prima Lega i suoi principi ispiratori. Identitario e tradizionalista, con il suo amico Giancarlo Giorgetti, eminenza grigia del partito di Matteo Salvini, condivide tanto, in particolare la facilità a dir male del Sud. Per questo non sorprendono le parole del “ministro dell’impegno”, che in 18 anni è passato dalle palestre degli istituti del varesotto all’incarico più importante della scuola italiana. Una storia fatta di lavoro e sacrificio, certo, ma anche di molto Carroccio.

La carriera di Bussetti nell’amministrazione scolastica inizia nei primi anni Duemila. Grazie a Giorgetti conosce Antonio Lupacchino, allora provveditore agli studi di Varese. Nel 2001 Lupacchino, spesso accompagnato nei suoi spostamenti in auto dal futuro ministro, ne fa il coordinatore di Educazione Fisica delle scuole del varesotto. Inizia così l’ascesa del ministro alla dirigenza dell’Ufficio scolastico regionale, dove arriva nel 2008.

Tre anni dopo, nel 2011, Bussetti partecipa al concorso per dirigenti scolastici, poi annullato per delle presunte anomalie. Diventerà preside grazie a un ricorso al Tar, vinto nel 2014. È allora che conosce Amanda Ferrario, professoressa di lettere a capo della rivolta degli aspiranti presidi: un nome che ritroveremo presto, in questa vicenda. Nel settembre 2014, mentre Ferrario inizia il suo anno di prova come dirigente del liceo Tito Livio di Milano, Bussetti torna all’Ufficio scolastico regionale della Lombardia. Nella graduatoria, infatti, il ministro risulta «destinatario del solo contratto a tempo indeterminato» e non assegnato a nessuna scuola. Dopo la vittoria del ricorso, mentre i suoi colleghi svolgono l’anno di prova nelle scuole come previsto dalle leggi, Bussetti siede a capo del provveditorato di Milano. Incarico che lascia sul finire di marzo del 2015 per prendere servizio nell’Istituto Aldo Moro di Corbetta, poco fuori Milano, dove però rimane solo un mese. Il 21 aprile, infatti, torna all’Ufficio scolastico regionale con un nuovo ruolo. Da lì spedisce la domanda per diventare direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale della Liguria. Non viene accolta per mancanza dei requisiti necessari. Per il posto viene scelto invece Ernesto Pellecchia, rimasto in carica fino a un mese fa, quando è stato trasferito in Toscana. Ora è lui, Bussetti a decidere chi andrà in Liguria.

Dal Tito Livio a Trastevere

Il posto di direttore generale dell’Ufficio ligure è appunto vacante da un mese: non c’era mai stato un vuoto tanto lungo. L’amministrazione scolastica regionale è paralizzata, nonostante sul tavolo del ministro da trenta giorni ci siano i curriculum di tre dirigenti che ambiscono alla carica. Nei corridoi del Miur danno per fatta la nomina di Luciana Volta. Volta è un’ottima conoscenza di Bussetti, tant’è che viene indicata come sua “commensale abituale” da quasi dieci anni. I due si conobbero nelle stanze dell’Ufficio Scolastico Regionale lombardo. Luciana Volta è dal 2001 dirigente del provveditorato della Lombardia, carica che le ha permesso di avere i titoli per essere assegnata all’Usr della Liguria.

Volta però non è da sola nella cerchia del ministro. Bussetti ha portato con sé da Milano a Roma Amanda Ferrario: la ex preside del Tito Livio, promotrice del ricorso che ha reso dirigente scolastico l’allora professore di educazione fisica, è venuta a Roma al seguito del suo vecchio amico. Oggi è tra i consiglieri di Bussetti, che segue quasi ovunque. In viale Trastevere coordina anche il “gruppo per la valutazione del sistema scolastico per le soft skills e per l’educazione civica”.

Quello della Ferrario è solo uno dei nove gruppi di lavoro del ministero. Tutti - eccetto uno - coordinati da persone provenienti dalla Lombardia, tra cui professori dell’Università Cattolica di Milano, ateneo dove il ministro Bussetti ha studiato e svolto alcune docenze.

L’eterno burocrate

Contratto di governo in una mano e manuale Cencelli nell’altra, negli ultimi giorni di maggio 2018 Movimento 5 Stelle e Lega si spartiscono poltrone. Ma chiunque fosse andato al ministero dell’Istruzione avrebbe trovato già lì il capo di gabinetto: a quel posto era destinato Giuseppe Chinè, burocrate esperto da affiancare a un ministro novello.

Uomo di Giorgetti, Chinè frequenta le stanze dei ministeri romani dal 2006. Prima come consigliere giuridico: con il centrosinistra e Antonio Di Pietro alle Infrastrutture; poi con il centrodestra, all’Economia con Giulio Tremonti, alla Semplificazione amministrativa con Renato Brunetta, all’Economia con i “tecnici” Mario Monti e Vittorio Grilli, per poi passare alla Salute con Beatrice Lorenzin, di cui diventa capo di gabinetto nel 2014. Un uomo per tutte le stagioni. Da giugno il capo di gabinetto guida la macchina del ministero: tutte le decisioni amministrative passano per la sua scrivania. Anche la discussa revoca di Roberto Battiston dalla guida dell’Agenzia spaziale italiana: l’ente di ricerca, una volta mandato via il fisico trentino, è finito nelle mire di militari e industriali vicini alla Lega di governo, desiderosi di accedere ai miliardi di euro di sovvenzioni pubbliche gestite dall’Asi. Insieme a Chinè, l’altro uomo forte del ministero è Giuseppe Valditara. Milanese e coetaneo di Bussetti, ex liceo classico Berchet, poi docente di diritto all’Università di Torino e all’Università europea di Roma dei Legionari di Cristo, ex An, Pdl e Futuro e Libertà, nel 2008 Valditara è stato relatore in Parlamento della riforma dell’Istruzione di Maria Stella Gelmini. Per lui si pensava persino al ruolo di viceministro, ricoperto poi dal 5S Fioramonti. Oggi, da capo dipartimento per la formazione superiore e la ricerca, si occupa del testo che riformerà la scuola italiana.

Non comandano i “terroni”

«Comandano i terroni» titolava qualche settimana fa Libero, che forse non conosce i tanti leghisti arrivati dal Nord a viale Trastevere al seguito di Bussetti. Tra questi, come L’Espresso svelò lo scorso giugno, anche Marco Lo Nero, uomo d’affari noto a Varese, molto legato a Giorgetti. Lo Nero è arrivato al ministero a fine giugno, come segretario particolare del ministro. La sua nomina ha destato sorpresa: nessuna esperienza nel mondo della scuola, ma una carriera da broker costellata da alti e bassi. Nel 2017 è stato imputato, poi assolto, in un processo per truffa aggravata. Tanto inaspettato è stato il suo arrivo a Roma, quanto rapida è stata la sua partenza: non lo si vede più negli uffici del ministero da fine settembre. «E nessuno sa perché», raccontano a viale Trastevere. Il suo posto nella segreteria particolare del ministro è stato quindi occupato da Andrea Signorini. Lui milanese non è: perito elettronico e capogruppo della Lega al II Municipio di Roma, durante la campagna elettorale del 2016 è finito al centro di una polemica con la comunità ebraica, dato che sul suo profilo Facebook condivideva saluti romani, post anti-israeliani e augurava la morte al presidente della Lazio Claudio Lotito. «Il mio era uno sfottò», la difesa di Signorini, «sono cresciuto nel Msi ma non faccio un saluto romano da quando avevo 15 anni».

Più poltrone per tutti

Insieme a Signorini, a inizio gennaio sono arrivati al ministero 13 collaboratori esterni, quasi tutti legati alla Lega e Chinè. La spesa per questi nuovi consulenti è di oltre mezzo milione di euro.

Ma al Miur si compiono anche miracoli. Nelle ultime settimane è in corso la riorganizzazione della struttura amministrativa. Spunteranno nuove direzioni generali, le cui poltrone verranno assegnate a persone di fiducia di Bussetti e del suo capo di gabinetto.
Chinè sembra avere già chiaro in mente chi mettere e dove. Il favorito per la nuova “direzione generale della comunicazione” è il portavoce del ministro Francesco Kamel, 43 anni, già redattore a Il Giornale e addetto stampa di Silvio Berlusconi quando era a Palazzo Chigi tra 2008 e 2011. Alla nuova “direzione generale del contenzioso nella scuola” dovrebbe andare Nicoletta Fusco, oggi nell’ufficio di gabinetto del ministro, di cui è a capo Chinè. Fusco e Chinè si sono conosciuti al ministero della Salute, dove lavoravano per Beatrice Lorenzin.
Saranno invece sacrificate le direzioni generali più significative. Come quella per l’edilizia scolastica, che è in situazioni drammatiche in molte zone del Paese: dovrebbe essere ridotta a un ufficio della direzione generale dello studente. Del resto al sud non c’è bisogno di fondi, come dice Bussetti, ma solo di «impegno più forte» degli insegnanti.