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Il Mattino-risparmiamo la cultura

L'OPINIONE Risparmiamo la cultura GIUSEPPE MONTESANO Si potranno dire molte cose della cosiddetta nuova riforma della Scuola, ma non che sia priva del dono della chiarezza, perché questa riform...

06/02/2002
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Il Mattino

L'OPINIONE
Risparmiamo
la cultura
GIUSEPPE MONTESANO
Si potranno dire molte cose della cosiddetta nuova riforma della Scuola, ma non che sia priva del dono della chiarezza, perché questa riforma porta ben scritto in fronte il suo motto: la scuola non c'entra niente con la cultura. "Ma che sono tutte queste teorie educative? Praticità, qui ci vuole praticità! Che significa che la Costituzione vede nella scuola un mezzo di uguaglianza delle condizioni di partenza? La Costituzione è invecchiata, i ragazzi se ne fregano della cultura e preferiscono il tornio! Investire nella scuola? Non se ne parla proprio, noi tagliamo, tanto i professori sono una categoria che in piazza a protestare non ci va!" Sono queste le vere voci di dentro che chiunque faccia attenzione sente risuonare in questa riforma. La sua sola parola d'ordine sembra quella del "risparmio": tagliando insegnanti, tagliando progetti, tagliando la scuola a cinque anni, tagliando e tagliando. Per andare dove? In Europa? E come? La separazione di fatto tra scuole per chi può permettersi di apprendere e scuole per chi deve lavorare, è profondamente anacronistica. La modernità chiede apertura mentale, non una precoce specializzazione, e tredici anni sono davvero pochini per decidere "liberamente" che cosa fare della propria vita. La modernità chiede la varietà dei saperi, non un sapere unico o solo tecnico. La modernità chiede flessibilità come capacità di giudicare e di pensare, non flessibilità ottusa di silenziosi e nuovi schiavi. La scuola è uno dei luoghi privilegiati in cui la cultura dovrebbe arrivare a tutti, perché di cultura ha bisogno sia il camionista che l'avvocato. Suona strano? Bisogna imparare solo a fabbricare e usare computer, o anche capire come quei computer possono migliorare la nostra vita? Bisogna che un ragazzino sappia solo come si fa un pilastro di cemento armato, o che si preoccupi anche di sapere se quel pilastro reggerà un orrore estetico e edilizio? Ma l'aria che spira dalla nuova riforma è quella spiccia di chi probabilmente pensa che la cultura come capacità estetica, di giudizio e di logica, sia inutile: o, peggio, che debba toccare solo a pochi eletti. È vero, la cultura è quell'insieme di conoscenze forse inutili ad avvitare un bullone, ma indispensabili a formare cittadini consapevoli di vivere in un mondo di regole e relazioni complesse, capaci di distinguere quando guardano la televisione tra un programma idiota e uno sensato, in grado di decidere sulla propria vita e su quella dei propri figli senza lasciarsi imbonire dai demagoghi di turno. Nessuno rimpiange il tempo in cui tutto ciò che era gusto estetico, curiosità intellettuale e apertura alle diversità del mondo era definito con disprezzo "culturame". O no? Lo sapeva già Socrate duemilacinquecento anni fa: l'educazione dell'uomo non è un prodotto che qualche consiglio di amministrazione possa pesare e commercializzare, ma una ricerca continua che ogni volta che è tradita si vendica facendo ammalare le società. O forse Socrate era anche lui uno sciagurato professore da tagliare perché voleva che i suoi adolescenti pensassero invece di lavorare in una fabbrichetta al nero? Ce lo facciano sapere, c'è sempre la possibilità di riscrivere i libri'


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