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Il Manifesto-Sotto esame

Sotto esame CINZIA GUBBINI Non fa neanche una piega la lady di ferro Letizia Moratti. Smentisce le voci sulle sue prossime dimissioni e informa che la sua agenda è già piena: da lunedì si risc...

14/01/2002
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il manifesto

Sotto esame
CINZIA GUBBINI

Non fa neanche una piega la lady di ferro Letizia Moratti. Smentisce le voci sulle sue prossime dimissioni e informa che la sua agenda è già piena: da lunedì si riscrive il testo di legge tenendo conto delle osservazioni della maggioranza. La Lega vuole più competenze per le regioni, Buttiglione critica l'iscrizione a scuola a 5 anni, al ministro Tremonti non tornano i conti. Insomma, la solita lite condominiale tra gli inquilini della Casa delle libertà. E siccome per calmare gli animi ci vuole il carisma del padrone di casa, Silvio Berlusconi, forse l'esecutivo chiederà la delega. Anche perché il dibattito in parlamento si preannuncia accanito. Ma sull'ipotesi si sono già scatenate le polemiche: nettamente contrari ad esempio i sindacati confederali. E c'è un altro nodo che Moratti deve sciogliere: il rapporto con le regioni, che il ministro dovrebbe incontrare in settimana. Ne parliamo con Adriana Buffardi, assessore campano all'istruzione e alla formazione nonché responsabile del Coordinamento politico degli assessori regionali all'istruzione.

Il testo di legge torna alla conferenza stato-regioni. Soddisfatti?

Diciamo che l'incontro, di cui leggo sui giornali, potrebbe essere l'ennesimo atto di cortesia istituzionale. Le regioni, compattamente, avevano chiesto al ministro l'istituzione di un tavolo politico per dicutere della riforma nel merito. Invece, nell'incontro di mercoledì scorso, ci è stato sottoposto un testo in cui erano contenute enunciazioni di principio sull'articolazione delle competenze tra stato e regioni. Ma non ci è stato consegnato il disegno di legge, che poco dopo è stato dato ai sindacati e alla stampa. Il problema a questo punto è come si interpreta la riforma del titolo V della Costituzione; se come una questione formale o come una questione politica. Siccome il diritto all'istruzione è un dettato costituzionale credo che, malgrado i diversi e specifici ruoli di stato e regioni, sia necessario un confronto unitario.

Quindi non c'è stato alcun confronto di merito?

E' stato un po' approfondito l'aspetto dell'abolizione dell'obbligo scolastico. Personalmente credo che la storia dei 12 anni di diritto/dovere di formazione (dai 6 ai 18 anni, ndr) sia un imbroglio. Prima di tutto ritengo sia molto grave abolire il termine obbligo; nonostante possa evocare principi repressivi è pur sempre un termine costituzionale e soprattutto sta a significare che l'obbligo riguarda lo stato, oltre che l'utenza. Tant'è che alla domanda se allora si può andare a lavorare prima dei 18 anni - questo avrebbe significato l'obbligo fino a quell'età - non solo ci è stato risposto di sì, ma che a lavorare può andare chi ha un grande slancio verso il mondo del lavoro, o chi ha problemi di reddito seri. Ovvero, la completa deroga ai 12 anni di formazione. E questo significa che il canale professionale non avrà di certo pari dignità con quello liceale.

Il ddl appalta le scuole professionali alle regioni. Non c'è il rischio che si crei una gerarchizzazione ancora più profonda?

Da una parte è la riforma del titolo V della Costituzione che affida alle regioni la competenza sulla formazione professionale. Dall'altra bisogna considerare il contesto. In un sistema di vera integrazione tra istruzione e formazione, con l'elevamento dell'obbligo a 16 anni, ha un certo significato. Ma nell'ipotesi di riforma in cui viene rafforzato un sistema duale gerarchizzato, il fatto che l'istruzione professionale vada alle regioni rischia di accentuare la divisione tra i due sistemi. C'è anche il rischio che il canale dell'istruzione/formazione venga assorbito dalla formazione professionale.

Cosa ne pensa della possibilità di scegliere l'"opzione" scuola/lavoro?

Dipende. Alcune esperienze italiane, come quelle dell'Emilia Romagna, ci parlano di percorsi qualificati, volti al recupero della cultura del lavoro anche nella sua concretezza in un percorso formativo complessivo per tutti. Il rischio è che oggi scuola/lavoro diventi la subordinazione della formazione agli interessi aziendali.

Per restare agli ultimi sviluppi politici, che ne pensa della paventata legge delega?

Su una legge così importante mi sembra grave chiedere la delega. Si può chiedere per questioni molto specifiche, per esempio sui programmi, o magari proprio sul trasferimento delle competenze alle regioni. Non certo sulla riforma degli ordinamenti.


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