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Il futuro della sinistra in Italia e in Europa-Intervista a Marc Lazar

www.casadellacultura.it Marc Lazar è docente di Scienze politiche all'Università di Parigi X - Nanterre e presso l'Istituto di Studi Politici di Parigi. È anche professore associato all'Unive...

26/04/2002
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Marc Lazar è docente di Scienze politiche all'Università di Parigi X - Nanterre e presso l'Istituto di Studi Politici di Parigi. È anche professore associato all'Università di Standford. Dirige il GEODE (Gruppo di studio sulla Democrazia) e guida un gruppo di ricerca sull'Italia contemporanea presso il CERI .

Il futuro della sinistra in Italia e in Europa
Intervista a Marc Lazar
di Beniamino Piantieri

Qualche tempo fa intervistammo Marc Lazar sulla crisi d'identità della sinistra italiana. Lazar evidenziò anomalie e prerogative del centro-sinistra, cercando di individuare gli elementi da cui ripartire per tracciare la nuova identità della sinistra europea. Alla luce dei risultati delle ultime elezioni politiche in Francia, pensiamo che valga la pena riproporvela.

Lei è un attento osservatore della realtà politica italiana: come vede l'ormai più che decennale crisi d'identità della sinistra italiana e la conseguente incomponibilità delle sue molte anime? Come descriverebbe questa 'perenne sindrome da orfani'?

È una situazione difficile che in parte si ritrova in molti altri paesi europei ed è causata dalla difficoltà di tenere insieme, una volta che si è forza di governo, le istanze dei ceti medi e quelle dei ceti popolari. Non è difficile, infatti, andare al potere facendo promesse sia ai ceti popolari che ai ceti medi - come è accaduto in Francia - ma è poi difficilissimo, una volta al governo, gestire in modo coerente questi interessi contraddittori. Questa è una situazione classica della sinistra riformista nell'Europa occidentale. In questo la sinistra italiana è come la sinistra europea. Credo che da questo punto di vista bisogna relativizzare la situazione di difficoltà della sinistra italiana.
D'altra parte vi è una specificità della sinistra italiana che è dovuta al peso storico del Partito comunista italiano nella storia della sinistra italiana.
Senza dubbio la situazione della sinistra italiana è difficile. C'è stata una grande sconfitta con le elezioni del 13 maggio 2001. Ritengo che la risoluzione della crisi della sinistra italiana passi anzitutto attraverso un'analisi approfondita e impietosa delle ragioni di questa sconfitta e delle ragioni della vittoria di Berlusconi, poi attraverso la costruzione di una grande organizzazione aperta della sinistra riformista che riesca a mantenere la specificità italiana dell'alleanza con il centro.

Lei ha accennato alla difficoltà di mediare tra differenti interessi come problema specifico della sinistra. Ma la politica sembra essersi ridotta proprio a questo. È ancora possibile mettersi alla ricerca di un'identità?

Non credo che la politica sia solo la mediazione tra interessi differenti. Questa è una parte dell'attività politica, che forse la sinistra in passato ha dimenticato e che scopre appieno solo adesso. Ma la politica ha bisogno anche di identità, intesa come insieme di valori da difendere. Ciò, ritengo, vale a maggior ragione per l'Italia. Devo dire, per esempio, che sono stupito e molto preoccupato dell'aggressività della destra italiana riguardo il fenomeno dell'immigrazione. In termini di identità e di azione politica c'è bisogno che la sinistra italiana risponda in modo netto su questo tema con la difesa di valori quali la tolleranza, l'umanità, l'integrazione.

In chiave europea, perché è su questo livello che dobbiamo iniziare a confrontarci, di quale identità possiamo parlare per la sinistra?

Ritengo che la sinistra debba avere tra gli obbiettivi prioritari quello di approfondire l'identità europea; un'identità concepita nel passato e costituita da diversi elementi: la democrazia rappresentativa, l'individualismo democratico, la solidarietà sociale. La sinistra europea deve entrare nei processi di modernizzazione continuando a giocare il proprio ruolo di integrazione sociale dei ceti deboli. Questo è un elemento chiave per il futuro della sinistra europea.

Quale ruolo può giocare sia nello spazio politico che nella definizione di un'identità comune la peculiarità della sinistra italiana, della sua storia così diversa da quella delle tradizioni europee - come quella socialista francese, quella socialdemocratica tedesca e scandinava, quella laburista inglese?

Non dobbiamo mai dimenticare che la sinistra italiana ha sempre esercitato una grande influenza nell'Europa occidentale e in particolar modo sulle sinistre tedesca e francese. Molte idee, sia nel campo del sindacalismo che in quello più propriamente politico, e che hanno avuto un'importanza notevole a livello europeo, sono nate nella sinistra italiana, il cui carattere storicamente e politicamente più significativo, a mio avviso, è la capacità d'aver fatto confluire le tradizioni riformiste provenienti da diverse aree, storie, sensibilità: quella comunista, quella socialista, quella laica e, in parte, quella cattolica. La sinistra italiana è riuscita, soprattutto ai tempi dell'Ulivo - formula oggi superata -, a realizzare una convergenza di questi riformismi. Credo che questa sia una lezione molto utile, ad esempio, per la sinistra francese. La sinistra italiana deve proseguire su questa strada, deve continuare ad essere la forza capace di tenere unite e sintetizzare diverse tradizioni riformiste, nonostante i conflitti e le competizioni tra i diversi partiti. Lo ritengo un ruolo importantissimo anche in chiave europea.

Dal suo punto di vista, però, quali sono gli errori che la sinistra italiana ha compiuto quando era al governo? Quali sono stati i nodi non risolti e che poi l'hanno portata alla sconfitta?

Credo che siano stati commessi errori su due livelli. Anzitutto la sinistra non ha saputo valutare il personaggio politico Berlusconi e quello che rappresenta, ha dimostrato una continua incertezza e ambiguità nell'atteggiamento tenuto nei confronti del leader della destra italiana: si è passati da momenti in cui Berlusconi veniva preso sul serio e quindi era considerato un interlocutore politico importante, che godeva di una forte legittimazione, a momenti in cui lo si sottovalutava ritenendolo incapace di una strategia politica vincente. Quest'ultimo giudizio si è poi rivelato quanto mai falso, poiché Berlusconi ha dimostrato di essere capace di saper condurre un'azione politica, dal suo punto di vista, assai più efficace di quella della sinistra.
Il secondo tipo di errori, credo, riguarda più propriamente gli obiettivi e la strategia del centrosinistra italiano. Dopo il risultato storico dell'ingresso dell'Italia nell'Euro ottenuto dal centrosinistra, questa coalizione non è più riuscita a definire nuovi obiettivi strategici che dessero forza e coesione alla coalizione entrando così in una crisi di progetto e di identità. Non definire nuovi progetti capaci di dare identità è una carenza che inevitabilmente si paga in termini politici e più concretamente elettorali.
Vi è poi forse un terzo elemento, meno evidente ma ancor più determinante ed è la carenza nell'analisi dei mutamenti della società italiana, una carenza che ritroviamo anche negli altri paesi europei. Le forze politiche hanno bisogno di comprendere con continuità le rivoluzioni invisibili che attraversano il corpo della società e devono dar loro una risposta politica. La mancanza di tale comprensione implica un prezzo politico assai elevato.

In Francia alle ultime elezioni amministrative abbiamo assistito ad un fenomeno inedito: la lista dei "Motivés", una lista civica di immigrati. Quale spazio ci può essere per un'esperienza del genere in un'Europa che diventa sempre più multietnica e quale stimolo può essere per la ridefinizione dell'identità della sinistra?

A Tolosa c'è stata un'esperienza molto interessante, portata avanti da immigrati e non, di contestazione attiva delle forme politiche classiche. Da una parte si è trattato di una politica di contestazione, dall'altra ha avuto una funzione molto importante di integrazione: questi giovani che si sono riconosciuti nella lista dei "Motivés" hanno votato, per alcune settimane hanno creduto di poter vincere, hanno partecipato al gioco politico. Questo è molto importante. La sinistra europea deve cercare di dialogare con questi eventi innovativi che si sviluppano nella società per ampliare la partecipazione alla democrazia rappresentativa di cui la sinistra deve essere difensore. La sinistra deve quindi pensare all'integrazione come cittadinanza. Bisogna comunque dire che la Francia ha una storia di immigrazione assai lunga, fatta di conflitti, conquiste ed anche eventi drammatici. In Italia scoprite questo fenomeno molto recentemente e c'è una reazione quasi epidermica, che in Francia - nonostante vi sia un'estrema destra che gioca sulle paure della gente - non abbiamo più.

Il riformismo è l'unico destino possibile per la sinistra europea?

Personalmente penso di sì. Credo che il riformismo sia l'unico strumento possibile per cambiare le società complesse in cui viviamo. Il riformismo significa innanzitutto definire quali sono le priorità politiche e quali sono le emergenze sociali da risolvere; in secondo luogo mettere insieme la maggioranza degli attori sociali, in terzo luogo trovare diversi compromessi che rendano possibile concentrarsi positivamente sulle priorità individuate. Per la sinistra l'elemento principale è quello dell'eguaglianza sociale che deve essere il progetto permanente.
Il riformismo è l'unica possibilità democratica di cambiare la società e di realizzare quel progetto. Tutti gli altri mezzi presentano troppi pericoli per essere usati.
Per quanto riguarda i movimenti antiglobalizzazione, ci sono due elementi da tenere in considerazione. C'è un elemento positivo di contestazione di un modello economico che produce tragiche diseguaglianze, c'è la rivendicazione di maggiore solidarietà, di tutela dei più deboli e dell'ambiente. C'è però un elemento negativo, che vedo anzitutto in Francia, ed è quello di chiusura, di rifiuto dell'innovazione e dei vantaggi che una globalizzazione ben governata e solidale potrebbe produrre, c'è una difesa delle piccole patrie ancorata al passato.
La sinistra riformista deve assumere in sé gli elementi positivi della protesta antiglobal, allo stesso tempo, però, deve combattere le chiusure e le fughe nel passato.


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