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Il flop della didattica a distanza A metà degli studenti non piace

L'indagine Dite: troppo faticose le lezioni via Web. E ora il rischio è l'iperconnessione

18/05/2020
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La Stampa

Studiare a distanza stanca. Distrazioni, rumori, fatica a concentrarsi. La scuola via web non piace al 54% degli studenti italiani, un terzo dichiara che è più faticoso seguire le lezioni mentre il 15% circa dichiara che la possibilità di poter utilizzare pc e smartphone liberamente, lontani dagli occhi dell'insegnante è un richiamo a fare altro. Le testimonianze dei ragazzi costretti a casa dalla pandemia raccontano di giorni pesanti trascorsi davanti agli schermi, privati della presenza fisica dei compagni, ma anche dei professori. Raccontano della necessità di un confronto possibile solo in classe, gli uni davanti agli altri. A scattare la fotografia di una generazione privata della scuola è lo studio "Giovani e quarantena" promosso dall'Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) in collaborazione con Skuola.net, su 9mila studenti tra gli 11 e 20 anni.
L'indagine evidenzia gli effetti del lockdown sui giovanissimi, a partire dalla modifica del ritmo del sonno: l'80%, infatti, dichiara di aver cambiato i propri ritmi riposo-veglia e circa la metà ha risvegli notturni. L'isolamento forzato modifica anche le abitudini alimentari: circa la metà degli intervistati dichiara di mangiare di più e a qualsiasi orario. Cresce naturalmente in maniera esponenziale anche il tempo trascorso online: il 25% dice di essere stato sempre connesso (a gennaio gli «iperconnessi» erano il 7% del totale). Oltre la metà dei ragazzi, il 54%, ha trascorso online tra le 5 e le 10 ore al giorno (a gennaio era il 23%). Secondo una ricerca svolta dall'Università di Firenze insieme a Skuola.net per Generazioni Connesse, con il coordinamento del ministero dell'Istruzione, su 5.308 giovani fra i 14 e i 20 anni, tuttavia, la maggior parte del tempo trascorso sul web è stata assorbita dalla didattica a distanza: il 24% è rimasto connesso con la scuola in media 3 ore al giorno, il 26% 4 ore, il 20% 5 ore, il 18% è andato anche oltre.
Connessione inadeguata o assente, necessità di condividere il computer o il tablet con i fratelli o con i genitori in smart working, mancanza di dispositivi. L'esperienza della didattica a distanza obbligata dall'emergenza fa i conti con limitazioni tecnologiche e povertà. E il bilancio, secondo i risultati che emergono da un sondaggio di Cittadinanzattiva su un campione di 1245 tra studenti, insegnanti e genitori, è preoccupante. Perché se dall'inizio dell'emergenza il 92% delle scuole ha attivato la didattica a distanza, il 48% degli studenti non ha partecipato alle lezioni: nel 64,5% dei casi per inadeguatezza o mancanza di connessione, nel 33,5% dei casi perché lo stesso dispositivo doveva essere utilizzato da altre persone impegnate nello studio o nel lavoro, nel 24,5% dei casi perché non era disponibile alcun device. A partecipare regolarmente alle videolezioni, quindi, è stato il 52% degli studenti, nonostante il 60% degli intervistati abbia giudicato positivamente il lavoro dei docenti. Per l'associazione, la didattica a distanza, come ha detto la ministra Lucia Azzolina, è riuscita a raggiungere 6,7 milioni di alunni, «ma ciò significa che 1,6 milioni di ragazzi sono rimasti esclusi».Mar.tom.