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Il fantomatico scontro fra giustizia e scienza

di Paolo Sylos Labini

15/01/2016
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fantasmi-leggende-popolari

La Procura di Lecce nell’ambito dell’inchiesta sulla diffusione del batterio Xylella fastidiosa (X.f.) ha iscritto nel registro degli indagati vari funzionari della Regione Puglia, ricercatori di diversi istituti e il comandante regionale del Corpo Forestale. Per il momento si tratta di sole ipotesi di reato colpose, dovute a colpa generica, imprudenza e imperizia, e non dolose: queste comprendono la diffusione colposa di una malattia delle piante, l’inquinamento ambientale colposo, alla falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, il getto pericoloso di cose, la distruzione o deturpamento di bellezze naturali. Inoltre i magistrati hanno ordinato la cessazione immediata delle misure messe in atto per contenere la diffusione della malattia, che comprendono l’abbattimento degli alberi infetti, poiché a loro giudizio non ci sono elementi sufficienti per giustificare tali misure.

Uno  dei ricercatori inquisiti ha dichiarato a Nature che “le accuse sono delle pazzie“. E’ difficile, in questa fase, essere d’accordo con una tale visione: i magistrati hanno raccolto molto indizi di ipotesi di reato che ovviamente dovranno essere analizzati in tutti i loro dettagli nelle fasi successive del caso. Nel frattempo va però sottolienato che il giudice per le indagini preliminari ha convalidato il sequestro preventivo previsto nel decreto emesso dalla Procura di Lecce fornendo motivazioni estese e dettagliate.

Questa situazione ha dato origine ad una ampio dibattito sulla stampa sia nazionale che internazionale sulla possibile interferenza della giustizia con la scienza.  Secondo il Washington Post non è la prima volta che gli scienziati italiani hanno affrontato un processo per fare il proprio lavoro”, in riferimento al caso del terremoto dell’Aquila. Altri si sono chiesti se sialecito che sia la magistratura a giudicare i risultati dei ricercatori o, piuttosto, a farlo deve essere la comunità scientifica in un quadro di garanzie di riferimento? I rischi sono chiari ed evidenti se si guarda ai due esempi appena portati o se si pensa a casi del passato come appunto Stamina, o il processo sul terremoto dell’Aquila”.

C’è davvero in Italia un’offensiva della giustizia contro la scienza? La magistratura segue una logica diversa da quella di uno scienziato. Un processo è regolato da norme giuridiche nel quale trovano applicazione le regole del diritto; l’attività conoscitiva che avviene nel processo può comprendere anche l’ambito scientifico nei limiti propri del contesto processuale. Così è stato anche nel caso del processo de L’Aquila e nel caso Stamina, che è bene ricordare per inquadrare il problema.

Per quanto riguarda il primo da poco è stata emanata la sentenza definitiva in cui è stato condannato il vice capo della protezione civile Bernardo de Bernardinis per diffusione di notizie infondate. Come si ricorderà, l’intera Commissione Grandi Rischi era stata condannata in primo grado per aver divulgato rassicurazioni infondate alla popolazione; in appello sono stati tutti assolti con l’eccezione di de Bernardinis le cui dichiarazioni furono precedenti alla riunione della Commissione.

Nel caso de L’Aquila, dunque, non c’è stata una valutazione da parte dei magistrati della capacità di prevedere i terremoti da parte dei sismologi e neppure fu giudicata la maniera in cui le conoscenze scientifiche furono trasmesse alla popolazione, quanto piuttosto il processo ha affrontato il problema: se l’esito della riunione della commissione, e/o le dichiarazioni di alcuni membri di essa, avessero influenzato, in base a informazioni negligenti e senza base scientifica,  i comportamenti di alcuni ben identificati cittadini aquilani la notte tra il 5 e il 6 aprile del 2009.

Di là dalle responsabilità giudiziarie che sono state accertate, rimangono i comportamenti etici dei singoli: un’intercettazione telefonica del capo della protezione civile Guido Bertolaso in cui quest’ultimo parla di “operazione mediatica” per tranquillizzare la popolazione proprio in riferimento alla riunione della Commissione Grande Rischi. Chiaramente, proprio perché i terremoti non si possono prevedere, non è neppure possibile rassicurare qualcuno che un evento catastrofico non accada.

Per quanto riguarda il caso Stamina, anche in questo caso la magistratura si è limitata a far rispettare la legge: varie sentenze sono state incentrate sulla non discriminazione alla cura dei cittadini di diverse regioni italiane, in un altro caso è stato garantita l’imparzialità di una commissione nominata per valutare il metodo Stamina (è stato cioè valutato il metodo e non il merito) e infine è stato evitato che il metodo Stamina fosse sperimentato negli ospedali pubblici a spese dello Stato come invece previsto dal decreto Balduzzi  (questo risultato ottenuto in virtù di una sentenza di patteggiamento) che ricordiamo fu votato quasi dall’intero Parlamento. Vale la pena ricordare che l’origine dello scandalo Stamina è stata la convenzione stipulata tra gli Spedali Civili di Brescia e Stamina Foundation: una volta che una terapia entra ufficialmente in un ospedale pubblico e viene somministrata a un nutrito numero di pazienti diventa difficile delineare un chiaro quadro delle responsabilità penali e civili.

Nel caso X.f. la situazione è in evoluzione e ancora non si conoscono tutte le carte in mano alla Procura (in particolare diverse perizie tecniche). Oltre ai fatti di pura valenza penale, ci sono tre punti sui quali i magistrati si soffermano: l’assenza di un chiaro nesso di causalità tra la presenza del batterio della X.f. e il disseccamento degli ulivi (cioé ci sono ulivi disseccati negativi alla X.f. e ulivi non diseccati positivi alla X.f.), la diffusione del disseccamento non procede “a macchia d’olio” come c’era da aspettarsi se dovuta a un batterio che si propaga liberamente, ma che procede a “macchia geometrica” interessando alcuni appezzammenti di terreno e non altri, ed il fatto che gli studi principali sul batterio in Puglia sono stati eseguiti quasi esclusivamente dal piccolo gruppo di ricercatori ora inquisto – cosa che chiaramente richiede l’intervento di altri scienziati indipendenti nello studio tecnico e nella gestione dell’emergenza.

Pare riduttivo ascrivere il comportamento dei magistrati alla rincorsa di una facile visibilità in combutta con qualche movimento pseudo-scientifico, alla smania di protagonismo, o al fatto che “Il Paese odia la Scienza”, come scrive Paolo Mieli sullo stesso quotidiano che proprio qualche giorno prima sobriamente titolava, evidentemente per amore per la scienza, “L’uomo del futuro quasi immortale nascerà nei padiglioni vuoti di Expo“.  Invece di invocare diabolici complotti di forze oscure probabilmente la realtà è molto più semplice: quando i magistrati ravvisano notizie di reato di conseguenza indagano  e non c’è alcun bisogno di invocare (a priori) la presenza di chissà quale forza esterna.

Per questo è importante sottolineare che nel recente passato non c’è stato nessuno scontro tra giustizia e scienza né nel processo de L’Aquila né nel caso di Stamina, non c’è stata nessuna crociata oscurantista da parte della magistratura, né quest’ultima si è sostituita ai ricercatori, almeno finora e in questi casi. Ciò non toglie, ovviamente, che nel caso della X.f. sia sempre possibile che i magistrati abbiano preso un abbaglio, che ci possano essere degli errori di valutazione, che delle accuse saranno rigettate, ecc.: questo fa parte del normale procedimento dello stato di diritto. La giustizia farà il suo corso se del caso vi saranno tre gradi di giudizio. Nonostante usciamo da vent’anni di berlusconismo in cui la magistratura è stata dileggiata in tutti i modi possibili immaginabili, è necessario e salutare riflettere sempre sul vantaggio di vivere in uno Stato di diritto, di cui la magistratura rappresenta uno dei suoi pilastri.

L’attenzione dell’opinione pubblica e della stampa, invece di inseguire i fantasmi di una fantomatica caccia alle streghe, dovrebbe essere concentrata su due aspetti: da una parte la conoscenza degli elementi dell’indagine (che ad esempio a livello nazionale il quotidiano Avvenire riporta con stile asciutto e efficace), molti dei quali non sono ancora pubblici, e dall’altra la comprensione delle misure che si vogliono mettere in atto per affrontare il disseccamento degli ulivi e per contenere la diffusione del batterio.

La crociata oscurantista contro la scienza è, in effetti, in atto da parecchi anni ma non la sta conducendo né la magistratura né qualche movimento pseudo-scientifico, bensì la politica e alla luce del sole senza che quasi nessuno dica nulla in proposito. Ricordiamo ad esempio Silvio Berlusconi che rispose ad una domanda sulla motivazioni dei tagli alla ricerca del 2008 con la famosa frase “Perché dobbiamo pagare uno scienziato se facciamo le scarpe più belle del mondo?”, la campagna permanente della principale stampa nazionale (con le dovute eccezioni) contro l’istruzione e la ricerca, il definanziamento continuativo dal 2008 a oggi dell’università e della ricerca. Il vero scontro in questo paese non è tra “Giustizia e Scienza” ma tra “Politica e Scienza”. Purtroppo molto spesso la stampa trova più semplice prendersela con i magistrati che con i politici: chissà perché.

(Una versione più breve di questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano


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