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Il dilemma dei presidi

Le scuole senza certezze alla prova della quarantena

10/02/2020
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la Repubblica

Michele Bocci

È il momento di applicare la nuova circolare del ministero della Salute sugli alunni che rientrano dalla Cina, almeno un migliaio, ma tra i presidi ci sono ancora interrogativi irrisolti e dubbi. Il sistema di segnalazione dei casi va messo in piedi cercando di intercettare le persone a rischio senza causargli disagi. Bisogna evitare anche che le famiglie degli altri alunni si preoccupino e soprattutto che ci siano episodi di intolleranza e sospetto. Le scuole, dice il testo della circolare, devono raccogliere le segnalazioni dei genitori di bambini e ragazzi tornati da meno di 14 giorni (il tempo dell’incubazione) dalle aree dove è in corso l’epidemia e informare le Asl. I dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie, oltre a organizzare una sorveglianza attiva per tutti questi giovani, devono «proporre e favorire l’adozione della permanenza volontaria, fiduciaria, a domicilio », finché appunto non sono trascorse due settimane dalla presunta esposizione al coronavirus.

I presidi hanno già espresso alcuni dubbi. Intanto aspettano un altro atto dal ministero dell’Istruzione, con indicazioni sulle giustificazioni delle assenze di chi è in isolamento volontario. Ci sono poi perplessità sul fatto che ci si muova, avvertendo la Asl, solo se arriva una segnalazione da parte delle singole famiglie e non in autonomia. Allo stesso tempo però talvolta non è facile capire, a parte il caso di viaggi studio, se qualcuno è stato in Cina se non sono proprio i genitori a comunicarlo. «Si può provare a chiedere — dicono i presidi del Lazio — ma nessuno può pretendere al 100% che i viaggi vengano dichiarati con certezza». I dirigenti scolastici osservano comunque che è un passo avanti aver affidato i controlli ai medici della Asl e che la sorveglianza non spetti, come sosteneva la circolare precedente, al personale della scuola.

Ad essere interessati dalla nuova delibera sono anche i medici dei dipartimenti prevenzione. «Le modalità individuate dalla circolare sono condivisibili — dicono dalla Siti, la società italiana di igiene — Da un punto di vista pratico potrebbe essere difficoltoso rintracciare queste persone. Fortunatamente però abbiamo già visto che tra coloro che sono rientrati da poco dalle zone colpite dal virus molti si sono messi da soli in quarantena. E se qualcuno non volesse restare a casa, sarà nostro compito fargli capire che è opportuno».

“Noi lasciati soli Troppo facile scaricare tutto su prof e famiglie”

di Tiziana De Giorgio

MILANO — «Dall’inizio di quest’emergenza veniamo lasciati terribilmente soli. Quest’ultima circolare è solo una conferma». Laura Barbirato è la preside dell’istituto comprensivo Maffucci, una delle scuole di Milano con il numero più alto di alunni cinesi fra i banchi — oltre duecento fra elementari e medie — da giorni impegnata nel cercare di gestire le paure di bambini e genitori sull’epidemia di coronavirus. E il delicato ritorno in classe dei piccoli partiti per la Cina.

Preside, perché vi sentite soli?

«Ci chiedono di lavorare insieme all’Ats per convincere le famiglie a tenere questi bambini a casa. Ma lasciare questa discrezionalità ai presidi è un po’ come lavarsene le mani. E poi queste due comunicazioni che arrivano a pochi giorni di distanza e dicono cose diverse: la situazione è in evoluzione, capisco. Ma è un atteggiamento poco chiaro e per nulla rassicurante».

Quanti sono gli alunni coinvolti?

«Per fortuna prima del loro viaggio abbiamo chiesto ai genitori di firmare un modulo con la data del loro ritorno. Ha origini cinesi il 15 per cento dei nostri alunni, ci siamo abituati ai loro viaggi, anche lunghi, di ritorno a casa. Tengono tantissimo alle tradizioni. Per questo ci siamo attrezzati per avere sempre la situazione sotto controllo su chi va e chi torna. Ma anche questo non è scontato per le scuole».

Quindi quanti bambini devono rientrare nella vostra scuola?

«Un’alunna di seconda elementare è tornata venerdì, altri due, più grandi, dovrebbero farlo nei prossimo giorni, ma non è detto che riescano a viaggiare».

Come pensate di comportarvi?

«La nonna della bimba si è presentata a scuola spontaneamente. Ci ha chiesto di poterla tenere a casa: la famiglia si sente più tranquilla così, piuttosto di sapere che i compagni la trattano con diffidenza o la tengono lontana. Con i genitori degli altri due, quando sarà, proveremo a parlarci.

Ma a loro potremo fare solo una proposta, è chiaro».

In queste settimane ci sono stati episodi spiacevoli nelle classi?

«Nulla di grave. Ma i bambini assorbono quello che vivono e sentono a casa. C’è stato chi non ne voleva sapere di dare la mano a un compagno per mettersi il fila. “La mamma mi ha detto che se è cinese non devo farlo”, ha risposto candidamente alla maestra. Un’altra bambina è arrivata a scuola con la mascherina, scatenando il panico fra i compagni. Temevano fosse lei contagiata. È questo il grande lavoro che dobbiamo fare ora: gestire le paure dei bambini perché risentono tantissimo di questo clima».