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Il capo dei rettori agli studenti: «L’università rischia l’apocalisse»

Prove di dialogo alla Sapienza tra presidente della Crui e universitari. L’allarme «Senza fondi si blocca tutto». Oggi manifestazioni in 11 città

01/10/2011
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l'Unità

Mariagrazia Gerina

Quello appena trascorso è stato l’anno della riforma Gelmini e di una mobilitazione studentesca senza precedenti. Mal’anno che verrà, per l’università italiana, potrebbe essere addirrittura «l’anno dell’apocalisse Maya». Sarà la platea. Fatta di studenti che vanno e che vengono nell’Aula Amaldi, Facoltà di Fisica della Sapienza. E di valigie, che chi è arrivato in treno all’ultimo momento, ammucchia un po’ ovunque. Ma Marco Mancini, nuovo (da qualche mese, ormai) presidente dei rettori italiani, piuttosto a suo agio nel contesto informale dettato dagli studenti che l’hanno invitato alla loro assemblea, la dice proprio così. «La situazione è drammatica», ripete snocciolando cifre molto poco astratte. Quelle del Fondo di finanziamento ordinario, che con i famosi 300 milioni che mancano all’appello, non basterà neppure a pagare gli stipendi. Come quelle per il diritto allo studio: «Tra i fondi statali e quelli regionali non si riuscirà a coprire la stessa percentuale dello scorso anno». Unica boccata d’ossigeno le risorse stanziate per trasformare i ricercatori in nuovi associati, «se il governo ci permetterà di spendere »: «Servono ai ricercatori, perciò non ha senso dire cheun ateneo può spenderli e un altro no», avverte invocando «entro l’anno» un emendamento per togliere il tetto di spesa che lega al momento le mani alle università. Sono cose che ha già detto, in sedi ufficiali, nelle audizioni parlamentari, a colloquio con il ministro. Stavolta però la differenza la fanno proprio il luogo e l’uditorio. Che danno al discorso un significato più forte della parole. Sottotesto: prove di dialogo, di nuovo tentato con gli studenti. Prospettiva: un possibile fronte comune, almeno contro i tagli. L’occasione di muovere qualche passo su quel terreno, quanto mai disastrato dopo la riforma Gelmini, appoggiata dalla maggior parte dei rettori, per ora, gliel’hanno offerta, per ora, i Giovani Democratici («ma tra di noi ci sono anche quelli che non votano Pd») della Rete universitaria nazionale, che da ieri, a Roma, sono riuniti in assemblea per discutere università e di nuove mobilitazioni. Ospiti parlamentari, sindacalisti, rappresentanti del mondo universitario. Il collettivo di Fisica li ha accolti calando sull’ingresso della facoltàuno striscione che ironicamente muta la sigla Gd in «Giovani disorientati ». «Ben venga il dialogo», rispondono loro, rivendicando la formula adottata. «Se mi inviteranno, andrò volentieri ovunque», si sbilancia per parte sua Mancini, ben disposto, nel caso, a ripetere l’esperimento anche con altre platee di universitari. «Dobbiamo far capire al paese, ciascuno per la sua parte, che ha bisogno dell’università per risollevarsi dal suo destino sventurato», spiega il presidente della Crui. Piuttosto critico con la riforma, che pure molti suoi colleghi hanno appoggiato («Ma non parliamo di abrogare quello che è già stato fatto, meglio semplificare, semmai»). E dice di guardare «con attenzione ed estrema sensibilità» ai primi segnali di nuova mobilitazione da parte degli studenti. Oggi, intanto, scendono in piazza in tutta Italia, Unione degli Universitari e Rete degli Studenti Medi, insieme: «Invaderemo le piazze con un enorme telo bianco, armati di tempere, pennelli e colori per scrivere idee e proposte per la scuola e l’università che vorremmo avere».