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I test PISA e l’omologazione dei modelli educativi

Più di cento educatori e studiosi appartenenti a diverse istituzioni educative di tutto il mondo hanno lanciato una sfida importante al Programme for International Student Assessment (PISA), e a quelle che definiscono “le conseguenze negative” delle sue note classifiche.

07/05/2014
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di Mario Pireddu

Più di cento educatori e studiosi appartenenti a diverse istituzioni educative di tutto il mondo hanno lanciato una sfida importante al Programme for International Student Assessment (PISA), e a quelle che definiscono “le conseguenze negative” delle sue note classifiche. I test PISA, organizzati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE, in inglese Organisation for Economic Co-operation and Development – OECD), danno vita a indagini internazionali triennali che vengono svolte per valutare i diversi sistemi educativi del mondo e il livello di istruzione degli adolescenti (quindicenni).

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Nella lettera - inviata a Andreas Schleicher, responsabile del PISA, e pubblicata sui siti del Guardian e di Global Policy, hub per studiosi, insegnanti e accademici – i firmatari sostengono che l’OECD ha assunto di fatto il potere di plasmare le politiche educative in tutto il mondo, utilizzando test “notoriamente imperfetti” e incoraggiando i governi a cercare “soluzioni a breve termine” per scalare la propria classifica. Questo tipo di approccio, sostengono i firmatari – tra i quali accademici di Cambridge, Oxford, Londra, Bristol, Stanford (California), Columbia (New York), Ballarat (Australia), Canterbury (Nuova Zelanda), Stoccolma, e nessun italiano -, ha influenze tutt’altro che positive sui modelli e le idee di educazione possibile, e uccide la “gioia di imparare” trasformandola in mera “fatica”. Il sistema PISA aumenterebbe quindi notevolmente il ricorso a “misure quantitative” per classificare e etichettare alunni, insegnanti e dirigenti. I test otterrebbero l’obiettivo di ridurre l’autonomia degli insegnanti e di aumentare i livelli di stress nelle scuole, peraltro già alti.

I firmatari della lettera sottolineano che l’OECD – composto da 34 paesi membri, in gran parte europei – è interessata in modo particolare al ruolo economico delle scuole nella società, ma qualsiasi riforma scolastica non può e non dovrebbe ignorare il ruolo fondamentale che le disuguaglianze socio-economiche rivestono nell’influenzare il rendimento degli allievi. Un’altra critica mossa all’OECD riguarda la sua stessa legittimità: si tratta infatti di una organizzazione che – al contrario di altre agenzie come Unesco e Unicef, per esempio – non ha nessun mandato democratico in ambito educativo. La sua influenza sarebbe quindi l’influenza di un “club” chiuso i cui membri sono tali soltanto su invito.

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Il problema non è nuovo: già nel 2005 l’associazione francese di professori di matematica per l’insegnamento pubblico (APMEP) rilevava l’influenza dei test PISA nel conformare gli standard educativi di diversi paesi a quelli che emergono dai suoi test. Il presidente Scleicher, dal canto suo, a queste critiche risponde sostenendo che il sistema PISA aiuta l’educazione in quanto incoraggia l’apertura verso idee e prassi di altri paesi.

In sintesi, il problema della standardizzazione e dell’omologazione verso modelli ritenuti “assoluti” e adattabili a ogni contesto, continua a far discutere accademici, insegnanti e responsabili delle politiche educative di tutto il mondo. Il ripensamento dei sistemi della formazione è una cosa, la burocratizzazione e l’appiattimento di idee e prassi un’altra (come mostra anche l’evoluzione delle politiche sull’università in Italia).

https://ltaonline.wordpress.com/2014/05/07/i-test-pisa-e-lomologazione-dei-modelli-educativi/