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I sindacati: 300mila firme a Renzi

Portati a Palazzo Chigi gli scatoloni con le firme di migliaia di docenti e dirigenti e personale Ata di tutta Italia. «Ci ascolti o la scuola scenderà in piazza»

31/10/2014
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Corriere della sera

di Claudia Voltattorni (cvoltattorni@corriere.it)

La consegna degli scatoloni con le quasi 300mila firme dei prof italiani (foto Jpeg) La consegna degli scatoloni con le quasi 300mila firme dei prof italiani (foto Jpeg)

nno portato da piazza Monte Citorio a Palazzo Chigi decine di scatoloni. Tutti i leader dei sindacati della scuola in processione verso l’ufficio posta della presidenza del Consiglio per consegnare a Matteo Renzi le quasi 300mila firme («ma stiamo andando verso le 400mila») di altrettanti professori, professoresse, maestri e maestre, presidi, personale Ata d’Italia che dallo scorso settembre hanno partecipato alla campagna #sbloccacontratto lanciata dai sindacati per far partire i negoziati per il nuovo contratto del mondo della scuola, scaduto ormai da 7 anni.

«Siamo insegnanti, non sudditi»

Ma la protesta di giovedì mattina con schierati davanti alla Camera i leader di Flc Cigl Domenico Pantaleo, Cisl Scuola Francesco Scrima, Uil Scuola Massimo di Menna, Gilda Unams Rino Di Meglio, e Snals Confsal Achille Massenti, è servita anche per dire che «la Buona Scuola del governo Renzi non può trattare i professori come dei sudditi», che «il blocco degli scatti di anzianità e degli aumenti fino al 2019 annunciato dalla “Buona Scuola” sono una cosa ingiusta, un’ulteriore penalizzazione per chi ogni giorno entra nelle scuole e si occupa dei nostri ragazzi, il futuro del Paese» e che «il rinnovo di un contratto ormai scaduto da anni è un modo per rispettare la professionalità e il lavoro di quasi un milione di persone». Secondo Scrima della Cisl, «la proposta del Governo ci vuole far arretrare di almeno 40 anni» e ribadisce che le firme raccolte «non sono tweet ma firme di persone reali».

Firme da Renzi e poi sciopero generale

Così gli scatoloni pieni di firme sono arrivati all’ufficio posta di Palazzo Chigi. Il premier ha accettato di riceverle. E ora? Domenico Pantaleo della Cgil spiega: «Queste firme ci dicono: noi vogliamo contare, non essere solo dei numeri», perché ai professori italiani «vanno riconosciute dignità e professionalità» e invece «bloccare gli scatti di anzianità e gli stipendi fino al 2019 - aggiunge Di Menna (Uil) - è un modo per fare uno sgarbo a tutti quelli che ogni giorno nella scuola ci lavorano». La prima protesta ci sarà l’8 novembre, giornata in cui i lavoratori del pubblico impiego scenderanno in piazza a Roma. «E poi se non sarà sufficiente - continua Pantaleo - potremo pensare ad uno sciopero generale della scuola».

Giannini: raccolta firme strumento del passato

Il 23 novembre prossimo a Firenze intanto il Gilda porterà in piazza tutti i suoi iscritti. E il coordinatore Rino Di Meglio replica al ministro Stefania Giannini che ha definito la raccolta firme «un po’ come il corteo, uno strumento importante e legittimo, ma anche molto legato a una visione passata dei rapporti di forze»: «Il ministro sbaglia, il nostro obiettivo non è il muro contro muro, ma dare concretamente voce al mondo della scuola e chiedere che chi lavora nella scuola venga realmente ascoltato: c’è totale assenza di dialogo invece, nonostante il ministro continui da luglio a dichiarare di volerci incontrare, ma poi tutto tace». Pantaleo (Cgil) chiede al ministro «più rispetto delle persone» e «di prestare maggiore attenzione al mondo del lavoro e non ascoltare soltanto Marchionne e le imprese». Infine Scrima (Cisl) aggiunge: «Se la raccolta di firme è uno strumento che ha fatto il suo tempo, cosa dobbiamo usare Twitter o i social network?».