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I professionisti che servono e che la scuola italiana non formerà

In questi anni la scuola non ha dato il giusto valore alle scuole tecniche che hanno, invece, una competenza specifica e unica che andrebbe riconosciuta e sostenuta

03/06/2019
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Il Fatto Quotidiano

Alex Corlazzoli

La scuola italiana ha fallito. Nei prossimi anni serviranno 236mila talenti del “Made in Italy” ma non ci saranno. A dirlo è un’indagine della Fondazione “Altagamma” ripresa dal Sole24Ore.

Entro il 2023 serviranno 89.400 professionisti nel campo dell’automotive ovvero nelle aziende che fabbricano macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto. Le figure ricercate in questo settore saranno quelle di progettisti di prodotti materiali, meccatronici, montatori e manutentori. Nell’alimentare serviranno 49mila persone: tecnici di vinificazione, esperti di marketing, addetti all’accoglienza, guide eno-turistiche. E ancora nella moda si cercheranno 46.600 profili in particolare esperti in calzature, pelletteria, sartoria, tessuto, maglieria. Nell’ospitalità saranno33.200 le figure ricercate e nel design 18.300. Peccato che l’offerta che arriva dalla scuola non sia all’altezza di questa richiesta.

I ragazzi in uscita dalle medie che scelgono gli istituti tecnici sono appena il 30,7%; ai professionali si scende addirittura al 15% e agli Its gli iscritti sono circa 13 mila. Inoltre nei prossimi cinque anni in tutto il mercato del lavoro entreranno solamente 665mila laureatimentre ne servirebbero tra gli 800 e i 900mila specie nelle materie “Stem” (cioè scientifiche, tecnologiche, matematiche, ingegneristiche). Ciò che non è funzionato è l’orientamento.

In questi anni la scuola non ha dato il giusto valore alle scuole tecniche che hanno, invece, una competenza specifica e unica che andrebbe riconosciuta e sostenuta. L’orientamento, invece, nel nostro Paese non funziona: chi va bene a scuola è destinato al liceo; chi va mediamente bene può aspirare ad un tecnico; chi va male è assegnato ad un professionale. E’ un modello che non funziona. E’ il momento di ripensare l’orientamento scolastico a partire dalla scuola primaria. Fin da bambini va riconosciuta la vocazione professionale sostenendo gli alunni in quelle materie dove meglio riescono. E in questo processo, abbiamo bisogno di avere maestri e professori delle scuole medie capaci di spingere l’acceleratore sulle cosiddette “Stem”.


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