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Homo FFABR fortunae suae

Si tratta di un fondo istituito con Legge di bilancio 2017 per incentivare l’attività di ricerca dei professori associati e dei ricercatori, perché evidentemente si ritiene che i professori ordinari non abbiano più tempo per la ricerca, impegnati come sono a cercare di capire qualcosa nei concorsi. L’importo individuale del finanziamento sarà pari a euro tremila/00. 

14/11/2017
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ROARS

Nicola Casagli

Proposta per MIUR e ANVUR. Adottare l’immagine delle vecchie cinquanta lire come logo per il FFABR, abbreviazione di Fondo per il Finanziamento delle Attività Base di Ricerca: spiccioli e martellate, non precisamente sull’incudine. Si tratta di un fondo istituito con Legge di bilancio 2017 per incentivare l’attività di ricerca dei professori associati e dei ricercatori, perché evidentemente si ritiene che i professori ordinari non abbiano più tempo per la ricerca, impegnati come sono a cercare di capire qualcosa nei concorsi. L’importo individuale del finanziamento sarà pari a euro tremila/00.   La ricerca di base in Italia è finanziata con mancia da camerieri quali probabilmente sono considerati oggi i ricercatori e i professori universitari nel nostro Paese. Ma il fondo stanziato non basta per tutti. E allora è già deciso, la mancia verrà magnanimamente elargita al 75% dei ricercatori e al 25% dei professori associati. E chi deciderà chi sono questi fortunati? Un giudizio fra pari? Un panel internazionale? Un sorteggio? Tutto sarà deciso automaticamente dall’ennesimo algoritmo. La formula magica, ovvero l’indicatore di produzione scientifica FFABR, è stata resa nota dagli alchimisti anvuriani. Un quantitative award che sarà calcolato fra “triangoli grigi” e “zone del piano”. Fra tutte le idiozie che ho visto in 25 anni di carriera accademica questa è una delle più stravaganti. La Ricerca nelle Università continueremo a farla come siamo abituati a fare: con l’arte di arrangiarsi, perché si sa che homo FFABR fortunae suae.

L’ultimo acronimo partorito dalle fervide menti del MIUR e di ANVUR è il mitologico FFABR, abbreviazione di Fondo per il Finanziamento delle Attività Base di Ricerca.

Si tratta di un fondo istituito con la Legge di Bilancio 2017 per incentivare l’attività di ricerca dei docenti universitari con regole alquanto curiose.

Infatti ne potranno beneficiare solo i professori associati e i ricercatori, perché evidentemente si ritiene che i professori ordinari non abbiano più tempo per la ricerca, impegnati come sono a cercare di capire qualcosa nei concorsi.

L’importo individuale del finanziamento sarà pari a euro tremila/00 – si legge testualmente nel decreto – somma come noto sufficiente a finanziare ricerche di ampio respiro e di strategica importanza nazionale.

Uno State Key Laboratory cinese è finanziato su per giù 5 milioni di Euro l’anno.  La ricerca di base in Italia è invece finanziata con 3 mila euro pro capite: una mancia da camerieri quali probabilmente sono considerati oggi i ricercatori e i professori universitari nel nostro Paese.

Ma il fondo stanziato non basta per tutti. E allora è già deciso, la mancia verrà magnanimamente elargita al 75% dei ricercatori e al 25% dei professori associati, perché in Italia i capaci e meritevoli sono decisi a prescindere.

E chi deciderà chi sono questi fortunati “capaci e meritevoli”?

Un giudizio fra pari?
Una commissione di esperti?
Un panel internazionale?
Un sorteggio?

Niente di tutto questo.
Tutto sarà deciso automaticamente dall’ennesimo algoritmo.

La formula magica, ovvero l’indicatore di produzione scientifica FFABR, è stata resa nota dagli alchimisti anvuriani. Per i settori non bibliometrici una monografia vale due saggi e 1/2 in fascia A.

L’algoritmo domina tutto, non essendo possibile la peer review.

Un quantitative award che sarà calcolato fra “triangoli grigi” e “zone del piano”.

Fra tutte le idiozie che ho visto in 25 anni di carriera accademica questa è una delle più stravaganti.

La Ricerca nelle Università continueremo a farla come siamo abituati a fare: con l’arte di arrangiarsi, perché si sa che homo FFABR fortunae suae.

Nella figura la mia proposta di logo per il FFABR: spiccioli e martellate (non precisamente sull’incudine).


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