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"Ho scelto di disobbedire alla sindaca non potevo dividere i bimbi"

Intervista Il preside di Lodi

17/10/2018
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la Repubblica

PAOLO BERIZZI,

Dal nostro inviato

LODI

«Dopo una settimana, ho sfondato». Dice proprio così, e si capisce che la linea da oltrepassare era la soglia minima sotto la quale si perde l’umanità, il buon senso, i doveri verso i diritti dei bambini. A prescindere. Anche Lodi — fatte le proporzioni — ha il suo Mimmo Lucano. Lui è Eugenio Merli e in città lo hanno già soprannominato il "preside disobbediente". «Nei giorni scorsi alla scuola elementare Cabrini di corso Archinti ho riaccolto nella sala mensa i bambini stranieri esclusi dal servizio. Non potevo accettare che stessero da un’altra parte, separati dai loro compagni per via di quel regolamento».

Cinquantacinque anni, lodigiano, Merli è dirigente dell’istituto comprensivo Lodi1, sei scuole, dall’infanzia alla secondaria di primo grado.

Come e quando ha disobbedito al regolamento "mense" della sindaca Sara Casanova?

«Una settimana dopo l’inizio dell’anno scolastico. C’erano una ventina di bambini stranieri che, per via delle nuove norme, non avevano più accesso al servizio mensa. Troppo caro per i loro genitori. E così venivano a scuola con il panino. E dovevano mangiarlo in un’aula. Mi sembrava una cosa spiacevole, prima di tutto per i bambini».

Che ha fatto?

«Ho subito scritto al Comune.

Volevo avere informazioni precise. Anche per capire come comportarmi. Non ne sapevo nulla e il dirigente che c’era prima di me su questo non mi aveva detto nulla. Io sono arrivato a settembre da Palermo, dove ero dirigente all’elementare Cavallari, quartiere Brancaccio».

Cosa le ha risposto il Comune?

«Niente. Silenzio. Così per una settimana. Poi mi è stato detto che dovevo rivolgermi all’azienda responsabile del servizio mensa.

Insomma: ho capito che questi bambini dovevano restare fuori.

Che vuol dire lontani dai loro compagni durante il pasto, momento a cui segue l’intervallo e cioè uno spazio di svago».

E lei li ha fatti rientrare in sala mensa.

«Sì. Ho sfondato. Non so se ho agito nel giusto ma so che sono andato incontro a delle famiglie in difficoltà. Famiglie straniere che con la nuova norma sono entrate automaticamente in fascia alta e che non potevano più permettersi di pagare i servizi scolastici a cui prima avevano accesso perché in fascia Isee più bassa».

Dunque ha riaccolto i bambini prima ancora che ai genitori arrivassero i soldi della colletta promossa dal "Coordinamento uguali doveri"?

«L’ho fatto appena ho avvertito il rischio discriminazione. Il 20 settembre ho chiesto un incontro al provveditore e al Comune: un legale mi ha illustrato una sentenza del Consiglio di Stato che prevede il diritto dei bambini di restare a scuola 8 ore. E quindi perché non tenerceli. Magari mangiavano il panino, ma almeno nella stessa sala mensa degli altri».

C’era il rischio che, non pranzando a scuola, gli esclusi tornassero a casa per pranzo e poi rientrassero?

«Con tutto quello che ciò avrebbe comportato per i genitori. Perché c’è anche un problema scuolabus.

Con le tariffe di fascia alta il servizio ha raggiunto cifre assurde: tipo 170-200 euro al mese. Il costo di un taxi. L’unica possibilità mi è sembrata quella di allungare la mano e andare incontro a queste famiglie».

Con i 60mila euro della colletta stanno rientrando tutti a mensa.

«Sì, sui venti che erano ne rimangono ancora un paio, Ma i mediatori stanno parlando ai genitori per spiegare. Ci sono famiglie che all’inizio non capivano: pensavano di dover restituire questi soldi, che fossero un prestito. Non è così ovviamente».

State facendo fatica a convincerli?

«Parlo ogni giorno con i genitori, alcuni hanno accettato da subito gli aiuti del Coordinamento, con altri è un po’ più complicato. Ma anche grazie alle maestre si sta facendo un ottimo lavoro e mano a mano stiamo normalizzando la situazione».

Preside, che idea si è fatto della vicenda-mense?

«Non prendo posizione! Ho solo agito come mi sembrava giusto fare».