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Hi-tech, ricerca e brevetti, a Genova scienziati in rivolta

L’Istituto italiano di tecnologia: «Così diventeremo dei burocrati»

24/01/2015
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Corriere della sera

MILANO

Si chiama Tommaso Fellin, ha 40 anni ed è il numero nove. Il nono ricercatore dell’Iit, l’istituto italiano di tecnologia di Genova, a vincere un premio dell’Erc, European research council. Due milioni di fondi Ue da spendere in ricerca. All’istituto di Genova la notizia è arrivata ieri. Si è festeggiato. Ma con l’amaro in bocca.
A rovinare la festa è l’incertezza rispetto ai futuri compiti di un istituto pubblico che da quando è nato, nel 2005, si è sempre occupato solo di ricerca. Fino a rappresentare oggi un’eccellenza con il suo portafoglio di 300 brevetti e i suoi 1.400 ricercatori reclutati con bandi internazionali (il 44% viene dall’estero). Il problema è che d’ora in avanti l’Iit potrebbe cambiare mission. E occuparsi della commercializzazione dei brevetti prodotti dagli altri, in particolare da università ed enti di ricerca pubblici.
Così sta scritto nell’ultima bozza del investment compact . E qui la faccenda si fa misteriosa. Ancora non si è capito chi abbia inserito la competenza sui brevetti quando il Consiglio dei ministri aveva disposto tutt’altro. E cioè che l’Iit potesse d’ora in poi partecipare come socio alle start up dei propri ricercatori. Questa sì una misura che poteva valorizzare il lavoro dei cervelli di Genova.
«Aspettiamo fiduciosi - allarga le braccia Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Iit -. Certo, vorremmo continuare a fare il nostro lavoro: la ricerca». Come andrà a finire al momento non si sa. Si parla di stralcio. L’Iit potrebbe evitare la zavorra della gestione dei brevetti (ieri i presidenti del Cnr e della Crui, conferenza dei rettori, hanno scritto alla presidenza del Consiglio la loro contrarietà a questa ipotesi). Ma nello stesso tempo gli sarebbe tolta l’opportunità di promuovere le start up.
Sono passati pochi mesi da quando nel maggio dell’anno scorso Cingolani ha accolto il premier Matteo Renzi all’istituto. Ma si sa, la scienza come l’arte mette d’accordo maggioranza e opposizione. E così settimana scorsa dall’istituto è passato anche Beppe Grillo.
La mancanza del provvedimento sulla partecipazione alle start up sta già bloccando diversi progetti. Nei comparti della riabilitazione robotica, delle applicazioni del grafene, per esempio. Ma anche nello sviluppo della retina artificiale. «Sia chiaro, la partecipazione alle start up dei nostri ricercatori non si sostanzierebbe con contributi in danaro ma con la messa a disposizione di impianti e macchinari», chiarisce Cingolani. Un contributo spesso indispensabile per fare partire i progetti più ambiziosi.

Rita Querzé
@rquerze