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Gli ultimi della scuola

di Chiara Saraceno

14/03/2020
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la Repubblica

La sospensione delle lezioni e la chiusura di tutte le attività educative dedicate ai bambini e ai ragazzi più svantaggiati organizzate da vari enti del terzo settore piccoli e grandi — dall’Arci a Save the Children, dalla Lega delle cooperative sociali a Dedalus, dall’Albero della vita alle parrocchie e gli organismi di quartiere — rischia di creare un’emergenza parallela a quella sanitaria, anche se invisibile e non documentata dal bollettino quotidiano dei contagiati e dei morti. Riguarda i bambini e i ragazzi in condizione di povertà o marginalità sociale, i cui genitori sono spesso senza lavoro, o hanno un lavoro precario, privo di protezioni sociali, che perciò difficilmente potranno accedere anche ai nuovi ammortizzatori sociali (cassa integrazione in deroga, estensione del fondo di integrazione salariale anche alle micro-imprese) e ai congedi parentali che sta mettendo a punto la ministra Bonetti per aiutare i genitori lavoratori a fronteggiare la situazione. Ancor meno possono accedere al lavoro a distanza. Il loro problema è non perdere il poco lavoro e reddito che hanno.

Sono bambini, autoctoni e stranieri, che di sovente a scuola fruiscono dell’unico pasto quotidiano nutrizionalmente adeguato, che ora viene a mancare con possibili rischi per la salute e la crescita.

Bambini e ragazzi che spesso a scuola faticano ad andare già in condizioni ordinarie, ma per i quali l’accesso all’istruzione talvolta rimane l’unica alternativa alla strada.

Le loro famiglie non sempre sono in grado di seguirli in condizioni normali, tanto più in queste così straordinarie, non solo per quanto riguarda i compiti assegnati dagli insegnanti e la didattica a distanza, ma anche nell’osservanza delle regole di comportamento minime per proteggere sé e gli altri dal contagio: non giocare per strada, non stare in gruppo, lavarsi bene le mani, non bere dalla stessa bottiglietta.

La situazione di possibile abbandono, di interruzione di processi di apprendimento e di costruzione di rapporti di fiducia e autostima a causa dell’interruzione simultanea delle lezioni e delle altre attività è al centro delle preoccupazioni di tutte quelle associazioni e persone che fin qui hanno lavorato con e a fianco di questi bambini e ragazzi. Vi ha dato voce, tra l’altro, un comunicato congiunto delle due reti che raccolgono molte associazioni, gruppi e studiosi che promuovono il benessere dei bambini e ragazzi, a partire dai più svantaggiati, Alleanza per l’Infanzia e Investing in children.

Dalle esperienze e riflessioni di queste associazioni sono emerse indicazioni su come fronteggiare nell’immediato il rischio di deterioramento delle condizioni di questi bambini e ragazzi e anche sulla necessità che si incominci a mettere a punto un piano di azione per compensare gli svantaggi accumulati sul piano educativo e dell’apprendimento quando l’emergenza sarà finita.

Nell’immediato occorre continuare a garantire un pasto adeguato al giorno a chi ne fruiva gratis a scuola, vuoi con un servizio a domicilio (come si fa per gli anziani che ne hanno bisogno), vuoi con voucher alimentari. Ma occorre anche fornire sostegno didattico ed educativo, con visite domiciliari, telefonate, fornitura di materiali, inclusi tablet e accesso a Internet, coinvolgendo sia gli insegnanti sia gli educatori che ora non possono operare nelle loro sedi. È importante mantenere il rapporto, far sentire a questi bambini e ragazzi che stanno a cuore, sono importanti, per chi ha la responsabilità di educarli. Ne potrebbero scaturire indicazioni, sia per le scuole sia per le associazioni, su che cosa e come fare dopo.


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