Giusy, la paladina degli insegnanti di terza fascia
Calabrese, laurea in ingegneria, da tre anni ha la cattedra a Pistoia. «Siamo 120 mila, c’è bisogno di noi»
Valentina Santarpia
Ha un cognome che colpisce: Versace, come lo stilista. «Anche noi calabresi, di Bagnara. Ma siamo del ramo morti di fame», scherza Giusy, 40 anni, laurea quinquennale in Ingegneria elettronica, 4 figlie e una cattedra — in informatica all’Itc in Scienze applicate di Pistoia — che non le appartiene. «Insegno dal 2014, da tre anni in quest’istituto, tutti mi vogliono bene. Ma ogni anno il contratto scade e bisogna aspettare».
Perché Giusy è una supplente, come migliaia di altri insegnanti, ma, a parte la laurea presa nel 2008, lei prima di entrare in classe non ha fatto altro che la mamma. Non ha superato un concorso, non ha abilitazione, non ha i 24 crediti formativi, non ha fatto periodi di prova: non ha nessuno dei requisiti che oggi il Miur ritiene indispensabili perché un insegnante possa salire in cattedra. «Sono una docente di terza fascia — spiega lei —. Ho deciso di buttarmi nella scuola perché anche i miei insegnavano. Avuta la prima supplenza, ho lasciato mio marito con le bambine e sono partita. Poi ci siamo trasferiti tutti». Il caso di Giusy non è unico: «Ci sono 120 mila insegnanti con 36 mesi di servizio, ma senza abilitazione, che servono alla scuola. È per questo che abbiamo costituito un comitato, di cui sono presidente, per farci sentire». Per ora hanno ottenuto una quota del 10% al prossimo concorso, ma puntano in alto: «Siamo un esercito: solo in Toscana, su 57 mila posti in organico, 32 mila vengono dalla III fascia».
Effetto del piano assunzioni del governo Renzi, che ha messo in ruolo migliaia di prof di diritto, ginnastica, arte, lasciando scoperte, soprattutto al Nord, le cattedre scientifiche. Che ogni anno vengono riempite come si può. Anche da docenti «improvvisati» come Giusy: «Non pensavo di fare la professoressa, poi mi è piaciuto»».
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