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Giusto farsi domande, ma a Siracusa c’era allegria

Mila Spicola

07/03/2014
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da Europa

Premessa: le seguenti riflessioni sono punti interrogativi, dubbi e pensieri aperti. Nessuna tesi, nessun pregiudizio, nessun giudizio. La vicenda è nota. Renzi visita una scuola a Siracusa e Beppe Grillo scrive sul suo blog: «La scena del Venditore di Pentole che incontra i bambini delle elementari Raiti di Siracusa che lo ricevono allineati e addestrati con un coretto di benvenuto per concludere con “Matteo! Matteo! Matteo!” ricorda, in peggio e in grottesco, gli incontri di Mussolini con i figli della Lupa».

Gli fa eco la Padania: «Il Bimbominkia: Renzi continua la sua gita nelle scuole dove viene accolto con canzonette da regime». E si aggiunge a sorpresa persino Anna Ascani, deputata del Pd: «La canzone dei bambini per Renzi è una pagina indegna». Renzi replica subito a Grillo «Io sto con la scuola, i tuoi con Forza Nuova».

E si dà il via alle danze in rete e fuori dalla rete. Da ieri non si parla d’altro. A voglia dire che ben altri sono i problemi e le emergenze che si agitano sotto il cielo d’Italia, ma il circo mediatico ha le sue regole: l’argomento del giorno non lo stabilisce la gravità del fatto ma il peso della portata mediatica. Dunque il tema è questo: fatti, giudizi e conseguenze nell’era della “piazza mediatica” quanto dipendono dal “peso” dei protagonisti?

Ciascuno di noi è stato a scuola da piccolo e nel suo carniere avrà almeno una visita nella sua scuola di un personaggio, istituzionale o meno, tra sindaci, cardinali, scrittori, cantanti, presidenti, magistrati e chi più ne ha ne metta, all’asilo, alle elementari, alle medie o al liceo. Mi ricordo una visita di Spadolini alle elementari, ci impegnammo oltre modo nella realizzazione di bandierine colorate recanti l’effige del suo faccione sorridente e poi le sventolammo al suono del Và pensiero.

Pessimo gusto? Può darsi, però se me lo ricordo ancora è perché mi divertii parecchio. Non credo di essermi sentita oggetto di propaganda. Alle medie nella mia scuola venne in visita la bonanima del cardinale Pappalardo, di quel giorno non ricordo il peso o l’inferenza sulla mia religiosità, ma il fatto che mi avevano addobbata da chierichetto, avevo una tunica troppo corta, spuntavano i pantaloni a zampa e le Kickers sotto e tutto questo al mio nascente senso estetico non andò giù, trovavo stonate le Kickers con la tonaca rossa con su il ricamo bianco, e piansi una mattinata per la brutta figura che ero convinta di essere destinata a fare il giorno dopo. Peggio di Giovanna d’Arco sul rogo.

Al netto del pianto del giorno prima, il giorno del dì di festa, ancora una volta, mi divertii tantissimo. Va da sè che portavo appeso un bel cartello fatto da me con un «benvenuto Pappalardo» circondato da cuori e ali di angioletto di cui ero fierissima. Me ne vantai per mesi con le compagne. E così accade ancora oggi, io insegno, so che valore ha il fare e il preparare insieme ai bambini, ai ragazzi in vista dell’arrivo di un ospite.

Su tutto prevalgono il senso e l’importanza data all’accoglienza dell’ospite, che è sacro ancor più che nella terra dei Feaci, chiunque esso sia, e vale come assoluta l’estraneità delle parole “propaganda” o “balilla” in simili giornate. In rete si trovano eventi scolastici con protagonista chiunque, da Letizia Moratti a Ignazio Marino, al presidente della repubblica a chiunque altro. E altro che canzoncine o cartelloni o ole.

Ma il punto è un altro e mi interrogo insieme a voi. Stavolta è accaduto qualcosa di diverso e cioè che tutto è stato ingoiato, triturato, sminuzzato e amplificato dai media, causa l’enorme notorietà dei due protagonisti: Renzi e Grillo. Il fatto in sè scompare. Grillo poteva anche scrivere «Scandaloso, andare in una scuola vestito di scuro, i bambini si saran presi paura. Renzi vuole incupire i bimbi» e oggi ci saremmo azzuffati sulle gradazioni di colore adatte a visite e contesti.

Posto che in sé, nella canzoncina, nella visita, nell’accoglienza, non vi ho trovato alcunché di criticabile, per i motivi di cui sopra, la riflessione è un’altra. Mi sto chiedendo cioè se esiste una legge della relatività del giudizio e delle azioni in relazione al peso e alle quantità. Cioè, l’analisi dei fatti e le ricadute sull’opinione pubblica assume forme completamente diverse a seconda della quantità di occhi puntati addosso? E questa è una prima domanda.

Faccio un esempio concreto che riguarda un altro fatto completamente diverso. Cosa cambia tra il racconto degli eventi mostrato da Saviano in Gomorra, ad esempio, e il racconto di eventi assolutamente simili mostrato dai giovani redattori catanesi della rivista La Periferica? Nulla, ai fini dell’importanza e dell’entità delle cose denunciate. Tutto, se aggiungiamo che Gomorra è stato letto da milioni di persone e La Periferica lo leggiamo in poche centinaia o migliaia. Ci sono altre differenze, ovvio, ma al fine dell’analisi di cui stiam trattando il punto è quello.

Nessuno si lamentò del faccione di Spadolini spiaccicato sulle nostre bandierine agitate da bimbi ignari, ma tantissimi stan gridando, accusando di strumentalizzazione propagandistica maestre e dirigente della scuola Raiti di Siracusa.

In entrambi i casi il mio unico rilievo sarebbe sempre quello: a me sembravano e sembrano leggermente di cattivo gusto, ma siccome i bimbi si divertono e comunque prevale il valore alto dell’accoglienza e noi insegnanti quando vediamo i bimbi divertirsi e apprendere un valore gongoliamo di gioia, passerei sul rilievo estetico, come feci del resto da piccola davanti a quella tonaca troppo corta. Ben cosciente, allora come oggi, che conta di più fare una cosa insieme a compagni e docenti, accogliere col sorriso e l’allegria un ospite, importante o meno poco conta, e divertirsi pure.

Se mai mi vien da pensare se sia giusto inglobare questi eventi nel tritacarne del parossismo mediatico dell’opinione legittima. Perché l’opinione è sì legittima, ma quando entriamo in quella legge della relatività mediatica tutto rischia di prendere forme diverse, di dilatarsi o comprimersi in modo innaturale e perdersi nel giudizio, come le categorie di massa, tempo e velocità nella legge di Einstein.

Io dico che, essendoci bimbi di mezzo mi vien da sospendere ogni certezza, e aggiungo che siamo in un campo inesplorato. I tempi oggi non son più quelli di allora. L’allora della mia infanzia. E i tempi mutano anche in relazione ai contesti e all’inserimento nella formula: comunicazione/amplificazione/deformazione/quantità.

Significa che soggetti portatori di enorme notorietà oggi vedono deformate azioni e giudizio in modo direttamente proporzionale all’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa e dei social? Forse.

Significa che Renzi non deve andare nelle scuole? No.

Significa che le telecamere non devono entrare nelle scuole? Forse.

Significa che le maestre non devono trascurare i pericoli di una sovraesposizione mediatica e predisporre per bene cosa fare e cosa non fare? Forse.

Significa che si è presentata una dimensione nuova del giudizio e del pregiudizio? Forse.

Significa che siamo nell’ambito di terreni inesplorati? Forse.

Significa che quelle docenti e quella dirigente si son trovate ingabbiate in un meccanismo a loro completamente sconosciuto? Forse.

Prima di esprimere giudizi, condanne, o ego te absolvo, dubitiamo. Dubitiamo e dubitiamo, perché c’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria e chiari non sono i contorni. Serenamente, in modo pacato, senza polarizzazioni o strepiti.

Comunque, vinca il sorriso. Io c’ero a Siracusa l’altro giorno in quella scuola e mi rimane l’allegria e il divertimento di quel bimbo che ho visto correre per il corridoio andando ad abbracciare la maestra che gli diceva «sei stato bravissimo!» e i compagni che si sono accerchiati a lui in un abbraccio manco fosse il gol di Maradona. Mi rimane il veloce rinfresco a cui le colleghe mi han coinvolto dopo che Renzi era andato via, tutto interno, tutto familiare. Mi rimane quel sapore di comunità viva e fortissima che si respira dentro una scuola. Ma come spiegarlo?

Me ne scusi l’amico Matteo, me ne scusi l’arcigno Grillo, ma in quel momento, in quell’abbraccio non c’erano né Renzi, né Grillo, né i media. Meno che mai la “propaganda”. C’era la coesione intorno a un valore estremo: essere una cosa sola. Certo le domande di sopra rimangono, ma vallo a spiegare che l’essenziale, le relazioni fortissime e affettive che ci son dentro le scuole, non sono strumentalizzabili e hanno un peso educativo reale e tangibile, che va ben oltre il cerimoniale o il gusto estetico.

Lascio le domande, le riflessioni e le ipotesi completamente aperte. Ma fuori da quella scuola.


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