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Giulio Giorello e la battaglia contro l’analfabetismo scientifico

Il filosofo della scienza più noto in Italia, Giulio Giorello, è scomparso a Milano all’età di 75, dopo un’infezione dovuta al Covid che lo aveva tenuto in ospedale fino al 17 maggio scorso. Per lui il progresso era possibile solo grazie al pluralismo e all’apertura al dubbio

17/06/2020
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il manifesto

Mauro Dorato

Il filosofo della scienza più noto in Italia, Giulio Giorello, è scomparso a Milano all’età di 75, dopo un’infezione dovuta al Covid che lo aveva tenuto in ospedale fino al 17 maggio scorso.

Laureato in filosofia e matematica, dopo aver insegnato discipline matematiche in altri atenei, ereditò la cattedra di Ludovico Geymonat all’Università Statale di Milano. La sua doppia laurea, oltre ai suoi interessi multidisciplinari, era frutto della sua convinzione che un filosofo della scienza non potesse dare un contributo culturale senza uno studio serio di una disciplina scientifica.

NEL PANORAMA culturale contemporaneo, la filosofia (non solo quella della scienza) è diventata sempre più una disciplina che usa un linguaggio assai tecnico, rivolto a pochi specialisti e spesso dimentico delle sue radici storiche. Questa specializzazione, come è avvenuto e avviene nella scienza, è una condizione necessaria per il suo progresso conoscitivo. Purtroppo, proprio tale concezione specialistica del sapere ha conseguenze pericolose, perché corre il rischio che il grande pubblico non sia consapevole del carattere unitario della cultura filosofico-scientifica.

Esiste però un’altra categoria di filosofo della scienza o filosofo tout court che, grazie a una grande erudizione, a una notevole capacità di apprendimento, a un impegno su temi sociali, e a una volontà di infrangere tradizionali barriere culturali, è più dedito a un’attività di diffusione del sapere scientifico e filosofico presso il grande pubblico.

Credo che Giorello sia stato un rappresentante di questa seconda categoria di filosofo della scienza, importantissima in primis per arginare l’analfabetismo scientifico che affligge il nostro paese più di altre nazioni europee. Basti ricordare la sua importante opera di direttore della collana «Scienza e Idee» per Cortina – una casa editrice che nel nostro paese ha enormemente contribuito alla diffusione della cultura filosofico-scientifica con la pubblicazione di oltre 300 volumi – e ai numerosi interventi sulla grande stampa e alla radio.

A QUESTO PROPOSITO, ricordo una bella trasmissione che lo vide protagonista e suggestivamente intitolata «Il Socrate della fisica», svolta in varie puntate e dedicata a Einstein. Sul versante più specialistico, negli anni Settanta e Ottanta contribuì a far conoscere alla comunità filosofico-scientifica italiana il dibattito metodologico tra Popper, Lakatos, Kuhn e Feyerabend.

Fu probabilmente l’influenza esercitata dall’anarchismo metodologico di quest’ultimo pensatore che, insieme al suo sodalizio con Marco Mondadori, lo spinse verso il pensiero politico di John Stuart Mill, del quale abbracciò in pieno la tesi che il progresso conoscitivo e sociale sia reso possibile solo dall’apertura al dubbio, dall’antidogmatismo e quindi dal pluralismo di punti di vista diversi. Che sono poi i valori alla base sia della scienza sia di una società democratica.


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