FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3876084
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Giochi della gioventù solo per i ragazzi con tutti «6» a scuola

Giochi della gioventù solo per i ragazzi con tutti «6» a scuola

«Vuole essere un incentivo, come negli Usa» Disegno di legge della Lega. Ed è polemica

24/10/2010
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

ROMA — Andrea ha 12 anni e una grande passione per la corsa. Un ragazzo di talento, dice il suo professore di educazione fisica che lo vorrebbe portare ai Giochi della gioventù. Solo che a scuola va così così, ha preso 4 in matematica e 5 in italiano. E senza la sufficienza in tutte le materie a quelle gare non può partecipare. Si ispira al modello dei college americani il disegno di legge presentato dalla Lega, in discussione al Senato, che vuole riportare agli antichi splendori i Giochi della gioventù. In generale, sulla proposta sono tutti d’accordo. E per fortuna perché gli italiani di sport ne fanno poco e il vizio lo prendono da piccoli visto che quattro volte su dieci le nostre scuole non hanno nemmeno la palestra. Ma su quel punto — niente gare senza buoni voti — la discussione si è animata. Dice l’articolo 2 del disegno di legge presentato dalla Lega: «Non possono partecipare ai Giochi gli studenti che non abbiano conseguito la sufficienza in tutte le materie nel semestre scolastico precedente a quello di svolgimento della manifestazione sportiva». Parliamo dei ragazzini dalla quarta elementare alla terza media che dovrebbero tornare al vecchio sistema di gare comunali, provinciali, regionali e nazionali oggi riservato agli studenti delle superiori.

saltatrice in alto
sinistra)
(a
Antonietta Di Martino Grinta Stefano Baldini, 39 anni, emiliano, oro olimpico nella maratona ad Atene nel 2004. Da ragazzino fu eliminato nelle batterie ai Giochi della gioventù: era il 1985

Perché uno sbarramento del genere? «L’obiettivo — spiega Giovanni Torri, senatore della Lega e autore del ddl — è usare la partecipazione ai giochi come incentivo per spingere i ragazzi a studiare. In particolare quelli meno bravi, che avrebbero un motivo in più per impegnarsi». L’idea non è nuova, in molte scuole americane funziona proprio così. Addirittura le squadre di basket della Nba possono pescare nei college solo i giovani che hanno tutti i voti a posto. Ma funzionerebbe anche da noi, con i ragazzini delle elementari e delle medie?

«Lo sport — dice il senatore del Pdl Franco Asciutti — non serve solo ai bravi, anzi serve soprattutto ai meno bra-

vi che così possono ritrovare quell’autostima necessaria per migliorare negli studi e non abbandonarli». Una convinzione che il senatore si è fatto quando era vice preside dell’Istituto tecnico commerciale Aldo Capitini di Perugia: «Per tre anni di fila — ha raccontato durante il dibat t i t o nel l a c ommissione Istruzione del Senato — la nostra squadra Under 16 vinse i campionati nazionali di rugby. Ci giocavano ragazzi che a scuola andavano proprio maluccio. Adesso me li ritrovo direttori di banca, medici, professori universitari. Senza lo sport non so se ce l’avrebbero fatta». Lo stesso ragionamento che ha fatto in Senato Mariapia Garavaglia, Pd: «Bisogna consentire ad un giovane di esprimere le proprie attitudini sportive a prescindere dal merito scolastico» altrimenti «si finirebbe per frustrare ancora di più i ragazzi che vanno meno bene». È un bivio che non riguarda solo lo sport ma la scuola intera: premiare i migliori o evitare la competizione perché altrimenti si lasciano indietro i meno bravi? Due strade, quasi due visioni del mondo. Dopo il dibattito in commissione, la Lega è pronta ad ammorbidire la linea: «Abbiamo approfondito la questione — dice il leghista Torri, l’autore del ddl — anche con l’aiuto di alcuni esperti. Invece della sufficienza in tutte le materie si potrebbe scegliere un criterio più flessibile». In che senso più flessibile? «La decisione finale spetterebbe agli insegnanti che potrebbero far partecipare ai giochi anche chi ha uno o due 5. Ma se uno è proprio un disastro, allora no».