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Gazzetta del Mezzogiorno - L'autonomia scolastica dalla parte di Lucia

L'autonomia scolastica dalla parte di Lucia Serve un momento di riflessione sulla scuola. Il mio intervento dopo la notizia del ritrovamento di Lucia, alunna dell'I.T.C. "D. Romanazzi", di cui so...

16/11/2001
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La Gazzetta del Mezzogiorno

L'autonomia scolastica
dalla parte di Lucia

Serve un momento di riflessione sulla scuola. Il mio intervento dopo la notizia del ritrovamento di Lucia, alunna dell'I.T.C. "D. Romanazzi", di cui sono l'insegnante di Lettere, è certamente dettato da un sentimento di ritrovata serenità. Infatti la storia della scomparsa improvvisa della giovane, se pur breve nel tempo, ha lasciato increduli e perplessi un po' tutti gli addetti ai lavori, sorretti comunque dalla fiducia di un suo ritorno, anche perché le condizioni scolastiche erano e sono del tutto favorevoli a una applicazione serena e responsabile. All'epoca della scomparsa non esisteva alcuna situazione di profitto deficitario da parte dell'alunna, giacché l'attività didattica era soltanto agli inizi. Si aggiunga anche il fatto che la fase iniziale di studio, ha avuto come obiettivo quello di mettere in condizione gli alunni di riprendere e consolidare le conoscenze pregresse.
Detto questo, ritengo che la vicenda non debba lasciare impassibili e interdetti come se niente fosse accaduto nell'ambito della scuola, del gruppo classe e della famiglia. Si tratta di un fatto che si è verificato, e ha avuto dei protagonisti che a vario livello hanno assunto decisioni e relativi comportamenti. Per questo motivo noi abbiamo il dovere di interrogarci senza fare della sociologia e della pedagogia, affidando agli specialisti il compito dello studio dei meccanismi che intervengono a determinare certe scelte.
Il mio contributo sull'accaduto vuole essere proprio una occasione per riflettere, partendo da questo disagio, sul modo di ripensare al tempo "studio" e alle nostre scelte didattiche, nel naturale spazio in cui i docenti e gli alunni quotidianamente si misurano. Purtroppo tutti avvertono in modo sempre più incalzante un diffuso disagio didattico-relazionale nell'ambito della scuola dell'autonomia. Ciò ostacola il processo di riflessione e le scelte da operare, a cui inevitabilmente si sommano i latenti conflitti familiari, di cui l'individuo nel suo complesso è una "spugna" inesauribile.
Purtroppo deve arrendersi il prof. Mirabella quando nel suo articolo "La scuola del grembiule", pubblicato sulla Gazzetta, ritiene che una ventata di neoromanticismo, pur sano, possa di per sé rinascere una motivazione e una affezione allo spazio scuola.
Dobbiamo invece avere il coraggio, tutti noi, di guardare i fatti del quotidiano e di dire la nostra sulle scelte politiche che talvolta impavidamente sono prese, alimentando disinteresse e disorientamento. Infatti sembra che l'unica felicità, in una realtà policentrica, sia assicurata dalle scelte didattiche multimediali in cui alunni e docenti si muovono in modo affannoso, quasi computerizzati, e gli unici "referenti" siano coloro i quali, all'interno del sistema scuola, propugnano infinite fila di progetti che si sommano in un andirivieni tumultuoso, non ordinato e talvolta non rispondente alla pluralità dei bisogni. Assistiamo insomma ad un attacco sistemico all'unità della formazione in nome di indirizzi e orientamenti, che non facilitano il riconoscimento degli interessi e non abituano al dibattito franco e propositivo. A tal proposito, far finta di niente significa compiere una operazione dannosa per l'alunno-individuo.
Ecco allora che il disagio della mia alunna è il simbolo di tanti disorientamenti, strutturali e psicologici, di cui purtroppo non avvertiamo l'importanza.
Quel "grembiule", prof. Mirabella, si è definitivamente sfilacciato e ha messo a nudo una serie di tensioni che accompagnano tutti noi, oramai fagocitati in questo labirinto conflittuale, preoccupati soltanto di confezionare delle scelte, anche a costo di calpestare l'altro e il lavoro del "dirimpettaio della porta accanto". In questo contenitore in cui Ariosto si sarebbe ben mosso cercando l'ampolla dell'intelletto, gli alunni di questo neoriformismo scolastico faticano, ahimé, a trovare il senso del loro approccio allo studio. Questo ci dice che gli archetipi educativi ben impacchettati non reggono di fronte al bombardamento esterno. Malgrado tutto, comunque, la macchina dell'efficientismo va avanti nella convinzione che il sapersi "relazionare" con il computer, o gli stages infinitesimali, possano dare senso e compiutezza al desiderio e al lavoro dei giovani utenti.
Ho sperimentato il carattere illusorio di una formazione culturale di tipo monotematica, che ha contagiato tutti, quelli che si sono tuffati in questo tipo di adesione didattica, anche abbagliati da tale sistema, e quelli che, influenzati da un certo decisionismo istituzionale, la subiscono perché ritenuta la panacea di tanti mali.
Ecco allora che il sistema scolastico non può prescindere da un assetto didattico complesso in cui la struttura famigliare e sociale sono degli interlocutori indispensabili, purtroppo ancora costretti a vivere processi autoreferenziali. Questo mette continuamente in evidenza i limiti di una progettualità individuale, e porta in modo ineludibile a non interrogarsi sul valore positivo di un lavoro concertato e ben calibrato, che abbia la classe come unico referente del progetto d'Istituto, dimostrando che l'autonomia è in crisi prima ancora di iniziare.
Alla mia giovane alunna, e a tutti quelli che si trovano in difficoltà, rivolgo dunque l'augurio di un motivato rientro perché dalla loro esperienza si possano ricavare fasi di nuove e positive riflessioni.


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