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Fuoriregistro-In che cosa dovremmo e potremmo credere (noi di sinistra?)

In che cosa dovremmo e potremmo credere (noi di sinistra?) di Francesco Di Lorenzo - 22-04-2002 I. C'è qualcuno tra i politici, oggi da noi in Italia, che ci sappia indicare una strada...

22/04/2002
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Fuoriregistro

In che cosa dovremmo e potremmo credere (noi di sinistra?)
di Francesco Di Lorenzo - 22-04-2002

I.

C'è qualcuno tra i politici, oggi da noi in Italia, che ci sappia indicare una strada da intraprendere che vada oltre il contingente, la gestione del presente, il giorno dopo giorno? Una volta c'erano gruppi di intellettuali raffinati che analizzavano il presente in funzione del futuro ed indicavano dei percorsi suggerendo dei progetti. Oggi tutto questo non si vede: è possibile che chi continua ad elaborare non stia più nei partiti, che stia fuori e perciò non ha la possibilità di farsi ascoltare, è senza megafono e resta confinato nell'ombra?

Premesso che ci deve essere sempre qualcuno che si incarichi in politica di concretizzare, dare gambe alle idee, incominciamo a chiederci, giovani e meno giovani, ma chi sono queste benedette persone? C'è, per esempio, qualcuno tra i politici attuali, che avesse previsto Umberto Bossi ministro? Se sì, che cosa ha fatto per impedirlo?

Ma, forse, non è questo il problema. Bossi è solamente una conseguenza di un punto, una svolta di cui noi tutti abbiamo perso la memoria.

Ci siamo mai chiesti dove abbiamo iniziato a perdere il contatto con una parte importante di noi? Dove abbiamo iniziato a far finta che pensando solo a noi stessi la società sarebbe cresciuta lo stesso? Quand'è che abbiamo iniziato a contrabbandare la nostra ipocrisia con qualcosa che a parole sembrava andare in favore degli altri, dalla parte della società, ma si trattava solo di una favola? Un nostro piccolo, bieco, spietato tornaconto camuffato, travestito, da parole e concetti che richiamavano il progresso.

C'è stata un'ondata di novità politiche che all'inizio dell'ultimo decennio ci ha dato l'illusione di portarci chissà dove. Ma quest'ondata dopo poco si è spenta, si è annichilita, si è avvolta su se stessa e si è incenerita da sola. Per mancanza di carburante. Alla fine sembra che non sia questione di essere di centro o di sinistra o di sinistra-sinistra, è forse solo una questione di idee. La capacità di portare avanti delle idee, con lucidità, costruendosi così una credibilità.

Il cambiamento che si invoca a destra, è chiaro, passa per poltrone e per la gestione di un poco di potere che si insinua in generazioni che non avevano sperato neanche lontanamente di vederlo. Immaginiamoci ora che lo toccano con mano. Ma il nostro? Il nostro cambiamento? Di questo non c'è traccia. O non si vede o è nascosto. Ma così ben nascosto che non sappiamo da che parte cercarlo.

Sta passando l'idea che il vivere nell'incertezza del futuro debba addirittura essere sancito dalle leggi. Si confondono i due piani. Una nuova categoria del pensiero sociologico, con cui siamo tutti chiamati a fare i conti, e che come minimo dovrebbe essere insegnata nelle scuole, gli industriali e non solo, vorrebbero estenderla nelle leggi che regolano il lavoro. In questo modo non si farebbe che aumentare la certezza del loro futuro a scapito degli altri, i quali, al più, sarebbero solo dei malcapitati.

Riflettere dopo uno sciopero generale, come non avveniva da anni, è cosa giusta e saggia. Le premesse ci sono tutte, c'è bisogno però che qualcosa risvegli. I girotondi avrebbero bisogno di qualcuno che li prendesse per mano. Che gli desse qualche contenuto.

C'è qualcuno che abbia sentito in giro una qualche idea o strategia per il futuro? Starà nelle carte e nelle stanze dei Centri Studi, ma è forse così complicata che nemmeno ce la fanno sapere, pensando giustamente che non sappiamo capirla. Ma così la parte sana rischia di diventare insana. E non certo a causa dei vari venditori di fumo e di chi gli sta intorno.

Un bilancio che alcuni vedono sbiadito, ma che resta comunque un faro, sembra essere ciò che negli ultimi cinque anni ha fatto Jospin in Francia. Nell'ordine: la legge sulle 35 ore; la diminuzione dei disoccupati, - 928.000; le leggi che limitano la possibilità di licenziare; le conquiste civili come il ' patto civile di solidarietà'; il miglioramento della legge sull'aborto; il divieto del cumulo di cariche; la legge sulla parità tra uomo e donna; la riforma della giustizia che libera le procure dal controllo del ministero.

Ora, non è il caso di fare il calcolo su che cosa sarebbe buono da fare in Italia e che cosa non ci serve: ma, noi, abbiamo la capacità di porci dei semplici obiettivi e poi raggiungerli anche?

Siamo seri, chi aveva qualche idea era il primo governo di centro sinistra della seconda metà dell'ultimo decennio. Ma forse, alla fin fine, non ci sono neanche gli uomini. Pensiamoci. Ai vertici ci sono pochi, sempre gli stessi. Si dividono tra figli di politici, figli di intellettuali, componenti di grandi famiglie che, naturalmente, litigano fra di loro e diventano di destra come se niente fosse. Capita a noi di pensare che sia tutta questione di carriera e che a volte sia più utile, agli intelligenti e ai furbi, cambiare casacca al momento opportuno. Ma è questo il punto. Come si fa a combattere i furbi se la furbizia, questo tipo di furbizia, è entrata ormai nel nostro DNA?

Un'ultima questione, ed è questa:

' il ricambio, dopo il crollo dei partiti della Prima Repubblica, dopo la fine del PCI, dopo la stessa affermazione della Lega e di Forza Italia, non è avvenuto. Dove è apparso, si è trattato quasi sempre in realtà della promozione di ' seconde linee'. Chi durante la Prima Repubblica era rimasto 'fuori' perché ne contestava struttura, fisiologia ( e non gli aspetti più populisticamente eclatanti), sta 'fuori' ancora. E il riciclaggio è diventato uno sport nazionale'.

Queste sono parole di un intellettuale-politico, Massimo Cacciari, che negli ultimi tempi sembra abbastanza poco ascoltato. Ma forse è solo un'impressione.


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