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Francia, la rivolta degli insegnanti dopo il suicidio del maestro Jean

Era stato accusato di maltrattamenti. «Noi, vessati da alunni e genitori»

27/03/2019
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Corriere della sera

Stefano Montefiori

PARIGI Un minuto di silenzio ieri mattina alle 10, nelle scuole di Francia, alla memoria di un maestro che ha provato a farsi rispettare. Jean Willot, 57 anni, insegnava alle elementari Flammarion di Eaubonne, un comune a un’ora di treno a nord-ovest di Parigi. Secondo i colleghi era un insegnante esperto, calmo, più portato alla dolcezza che alla severità.

Martedì 12 marzo alla fine della ricreazione il maestro chiede a uno dei suoi allievi, 6 anni, di spostarsi perché è seduto sui gradini e i compagni non riescono a passare. L’alunno non si muove, risponde male al maestro e infastidisce gli altri bambini. Dopo molti tentativi, Willot lo prende per un braccio e lo sposta, il bambino struscia con la schiena sulle scale, si fa un graffio. L’indomani, la madre dell’allievo va in commissariato e presenta denuncia per «violenze aggravate su minore». Giovedì 13 marzo la direzione della scuola informa il maestro della denuncia, e gli trasmette la convocazione per il giorno successivo al rettorato, dove dovrà spiegarsi. La sera stessa, alcuni genitori lo chiamano sul telefonino e lo insultano.

La mattina di venerdì 14 marzo il maestro Jean Willot accompagna la moglie in stazione e poi le dice che ha bisogno di prendere aria, «vado a correre nel bosco». Intorno alle 16, dopo ore di ricerche di polizia, gendarmi e cani, lo ritrovano impiccato a un albero della foresta di Montmorency. Lascia una lettera nella quale spiega di non avere fatto niente di male e non sopporta di doversi difendere da accuse assurde.

La mattina del lunedì per la prima volta dopo tanti anni Jean Willot non è a scuola, in compenso si presentano i funzionari del ministero dell’Istruzione e dirigenti scolastici che pregano gli altri insegnanti sotto choc di mantenere la calma, «garantire il servizio pubblico», e ignorare la madre e il bambino che è stato accompagnato normalmente in classe. La consegna è fare più o meno come se non fosse successo niente, e individuare solo tre insegnanti che possano partecipare, a nome di tutti gli altri, ai funerali del maestro, tre giorni dopo. Le lezioni devono continuare.

«È la solita logica del #Pas DeVagues», denunciano i colleghi. Da mesi gli insegnanti francesi protestano perché non si sentono protetti dalle istituzioni, che raccomandano loro di «non fare onde (vagues)», ovvero non alimentare i problemi parlandone troppo.

Il movimento #PasDeVague è cominciato dopo che lo scorso ottobre un 16enne di un liceo di Créteil, alla periferia di Parigi, è stato filmato mentre minacciava la professoressa con una pistola (finta, si è saputo poi) alla tempia e prima di uscire ordinava: «Mettimi presente sul registro». Da allora, come per il movimento #MeToo sulle violenze alle donne, i social media si sono riempiti di denunce di episodi simili e di proteste contro la complicità delle gerarchie scolastiche, che tendono a minimizzare gli incidenti per non alimentare le tensioni. Da un lato ci sono l’autorità e la dedizione degli insegnanti, dall’altro la violenza di alcuni allievi coperti dai genitori, e le istituzioni danno talvolta l’impressione di stare dalla parte sbagliata, per paura e debolezza. La «scuola repubblicana», strumento di ascesa sociale e pari opportunità, è stata a lungo l’orgoglio della Francia, ma oggi è accusata di tradire i valori fondamentali che sarebbe chiamata a trasmettere.

Jean Willot non era depresso, ripetono parenti e colleghi, ma esasperato e solo. Il ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer, ha impiegato oltre 10 giorni per reagire, e lo ha fatto ieri con un tweet di circostanza. Domenica prossima, alle 14, marcia silenziosa di colleghi e concittadini in omaggio al maestro abbandonato.


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