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Formazione obbligatoria dei prof, il governo se ne dimentica

Il rischio è di innescare l'ennesimo contenzioso seriale

24/10/2017
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ItaliaOggi

Marco Nobilio

Il governo dimentica la formazione. Nell'atto di indirizzo all'Aran, che darà il via ai negoziati per il rinnovo del contratto di lavoro della scuola, firmato il 19 ottobre scorso dalla ministra della funzione pubblica, Maria Anna Madia, non vi è alcun riferimento alla formazione obbligatoria dei docenti. Salvo un mero accenno alla necessità di «porre ulteriore attenzione alla formazione del personale docente, educativo e Ata come possibile strumento di ricollocazione e valorizzazione».

L'omissione rischia di lasciare senza regole una parte dei nuovi obblighi dei docenti, introdotti dalla legge 105/2015, in ciò ponendo le basi per l'ennesimo contenzioso seriale. Il comma 124, dell'articolo 1 della legge, infatti, dispone che: «Nell'ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale». Prima dell'entrata in vigore della legge, invece, la formazione era qualificata come diritto (si veda l'articolo 64, comma 1 del vigente contratto di lavoro).

Ciò vuol dire che adesso la formazione costituisce un vero e proprio obbligo che rientra a pieno titolo nella prestazione.

Pertanto, una lettura costituzionalmente orientata del comma 124, dell'articolo 1, della legge 107/2015 non può prescindere dal fatto che, se aumenta la quantità della prestazione a carico del docente, ciò determina, di per sé, un incremento proporzionale della controprestazione. In altre parole, se il docente lavora di più ha diritto a una retribuzione proporzionalmente più elevata. E ciò discende direttamente dall'articolo 36 della Costituzione, il quale prevede che: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro». A ciò va aggiunta un'altra considerazione.

L'insieme dei diritti e degli obblighi che vincolano reciprocamente i lavoratori e i datori di lavoro costituisce il cosiddetto rapporto di lavoro. E secondo l'orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione: «I rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato sono regolati esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato (n. 21744 del 14 ottobre 2009)». Dunque, la sede tipica per regolare l'obbligo della formazione per i docenti e il diritto del ministero dell'istruzione di pretenderne l'assolvimento è la contrattazione collettiva. Ed è da escludere che i relativi oneri a carico dei docenti possano lasciare indenne l'amministrazione dall'obbligo di retribuirli. Da una parte perché ciò potrebbe determinare l'incostituzionalità del comma 124 dell'articolo 1, della legge 105/2015. E dall'altra parte perché, anche se i docenti interessati assumessero un comportamento acquiescente, l'accordo tacito sulla rinunzia alla retribuzione risulterebbe invalido ai sensi dell'articolo 2113 del codice civile.

Resta il fatto però, che il governo ha omesso di impartire all'Aran alcuna direttiva sull'argomento. L'assolvimento dell'obbligo di formazione, peraltro, in assenza di una qualificazione tipica all'interno del contratto, non potrebbe che rientrare tra le attività funzionali all'insegnamento.

Ma l'atto di indirizzo non fa alcuna menzione di questa possibilità. Le direttive del governo all'Aran, infatti, si limitano a prescrivere la definizione dell'attività funzionali all'insegnamento. Il tutto con particolare riferimento agli oneri sostenuti dai docenti nella progettazione individuale e collegiale delle attività didattiche, nella valutazione degli alunni, nella ricerca e nei rapporti con le famiglie, le istituzioni e il territorio.

Sulla qualificazione delle attività di formazione alla stregua di attività funzionale all'insegnamento, peraltro, esiste già un precedente giurisprudenziale. Il Tribunale di Verona, infatti, con una sentenza emessa il 20 gennaio 2011 (n.46) ha condannato l'amministrazione a retribuire alcuni docenti che avevano prestato attività di formazione obbligatoria in materia di sicurezza, qualificando le relative ore come attività aggiuntive funzionali all'insegnamento e in ciò applicando i relativi parametri contrattuali.

Pertanto, se alle parti sarà preclusa la possibilità di regolare contrattualmente i nuovi obblighi relativi alla formazione introdotti dalla legge 105/2015, il rischio che si corre è che la norma possa soccombere sotto il maglio della Corte costituzionale in sede di contenzioso.

L'obbligo della formazione, infatti, discende da una norma di legge (il comma 124. Dell'articolo 1 della legge (105/2015). Quindi, se la prestazione di formazione sarà erogata in assenza di retribuzione sulla base dell'assenza di previsioni in tal senso nel contratto di lavoro, delle due l'una: o la norma sulla formazione obbligatoria è incostituzionale oppure lo svolgimento della formazione dovrà rientrare necessariamente nel monte ore delle attività funzionali all'insegnamento di natura collegiale (riunioni del collegio dei docenti). E una volta sforato il limite delle 40 ore retribuito a parte con possibile insorgenza di danno erariale.


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