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Firmato il contratto istruzione e ricerca: dura fino a dicembre

Sindacati confederali all'Aran. Aumenti tra gli 85 e i 110 euro da maggio per 1,2 milioni di dipendenti. La spaccatura con i sindacati di base

20/04/2018
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il manifesto

Dopo la pre-intesa del nove febbraio, il via libera del Consiglio dei Ministri, il passaggio alla Corte dei Conti ieri è arrivata la firma del nuovo contratto nazionale dell’istruzione e della ricerca all’Aran con i sindacati confederali Flc Cgil, Uil e Cisl Scuola. Tutti gli altri sindacati, a cominciare da Usb e Snals non hanno firmato. Lo ha fatto la Gilda ma «con riserva»: «Gli aumenti sono palesemente inadeguati» sostiene il coordinatore Rino Di Meglio che critica una norma che esclude i sindacati che non firmano da tutti i livelli di contrattazione.

In busta paga arriveranno tra gli 85 e i 110 euro medi in più al mese a partire da maggio per 1,2 milioni di dipendenti: circa un milione lavorano nella scuola, gli altri 200 mila in enti di ricerca, università, accademie e conservatori. Per gli aumenti una quota parte è stata presa dai fondi sul «merito». Tra l’altro l’accordo contiene un ridimensionamento del ruolo dei dirigenti scolastici concepito dalla legge 107, la «Buona scuola» di Renzi e del Pd, l’orario di servizio invariato. Invariati anche i permessi e le ferie sia per i docenti che per gli Ata. È stata rinviata a una successiva negoziazione la parte sulle sanzioni disciplinari.

Il contratto firmato ieri avrà vita breve: scadrà già nel dicembre 2018. «Non è un approdo – sostiene Francesco Sinopoli (Flc-Cgil) – ma una ripartenza in vista della riapertura della trattativa. Si riconquista con oggi il diritto a contrattare. Con questo contratto abbiamo modificato delle leggi scritte pensando che i nostri luoghi di lavoro fossero aziende: ora è stato scritto che la scuola è una “comunità educante”. Il prossimo governo dovrà rifinanziare il nuovo contratto di lavoro». «È la riconquista di uno strumento di tutela dopo un lungo periodo di blocco delle retribuzioni» sostiene Anna Maria Furlan (Cisl). Contraria all’accodo Usb. Per il sindacato si tratta di un «aumento di pochi spiccioli già erosi dall’inflazione, il contratto non tutela i diritti dei precari, lascia tantissimo lavoro sommerso non riconosciuto, non scalfisce in alcun modo la legge 107».


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