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Fioramonti “Se entro Natale non c’è un miliardo per l’università sono pronto a dimettermi”

Intervista

05/09/2019
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la Repubblica

Lorenzo Fioramonti, oggi sarà ministro. Felice?

«Sorpreso. Credevo che nel corso della trattativa qualcuno mi avrebbe tenuto informato. Niente. Ho pensato avessero scelto altri nomi per il ministero dell’Istruzione».

E invece ha battuto i compagni di partito Giuliano, Morra, Gallo.

«Guardi, io ho una formazione universitaria e sono un docente d’ateneo. Lì mi sono espresso per quattordici mesi da viceministro e in quel campo credo di avere visione e progetti. La scuola la ricordo, invece, da studente e per curarla mi farò aiutare da due sottosegretari, uno del Pd, uno dei Cinque Stelle, che la amano e conoscono».

Uno potrebbe essere il preside Salvatore Giuliano, già sottosegretario di Marco Bussetti?

«Ha lavorato bene, sono pronto a suggerirlo».

Partiamo allora dalla materia più ostica: la scuola. Come la vorrebbe ?

«Per darle l’importanza che merita, metterla al centro del Paese, prima bisogna sgravarla dei suoi problemi endemici. Il precariato estenuante, innanzitutto. Al primo Consiglio dei ministri sono pronto a far ripartire il decreto Salvaprecari».

Quello che abilita 55 mila supplenti di Terza fascia e offre un concorso straordinario a 24 mila?

«Sì, quello approvato salvo intese».

Sono stati i colleghi Cinque Stelle a impallinarlo: lo definivano una sanatoria.

«Parlerò con loro, troveremo un modo per tenere insieme i diritti di chi lavora da una vita in classe con la qualità dell’insegnamento e il merito. Quel decreto deve andare in porto al più presto».

Altre magagne della scuola avvistate?

«L’insicurezza di troppi edifici, la carta igienica portata da casa, il costo dei libri. E le classi pollaio. In Italia si arriva a trenta alunni in aula, in Germania mai oltre ventuno».

Perché manda i due figli a scuola a Berlino: sfiducia nel sistema

italiano che andrà a dirigere?

«Ho una moglie tedesca con genitori anziani e malati, è stata la scelta più logica. Credo nella scuola italiana, i suoi studenti sono ancora molto capaci e i suoi docenti eroi civili. Tutti i giorni sono chiamati a occuparsi di un sistema di una complessità intimorente. A volte non hanno la struttura adatta, sicuramente sono sottopagati. Maestri e professori devono tornare a essere persone riverite».

Quanti soldi aggiuntivi serviranno alla sua scuola ?

«Due miliardi, il minimo sindacale».

Rispetto al dicastero Bussetti?

«Discontinuità, inversione di tendenza. Avrò un metodo diverso: lui appoggiava tutte le decisioni del capo di gabinetto, io ascolterò i due sottosegretari e li terrò costantemente informati della mia linea politica. Ogni martedì, tutte le settimane, riunione degli staff. Fin dall’inizio voglio far passare il grande messaggio della sostenibilità ambientale, nelle classi, nelle aule universitarie. Sarà un asset del mio ministero».

La scuola italiana è troppo...

«Competitiva. Inutilmente competitiva. I ragazzi italiani stanno perdendo l’idea dello studio collettivo, la condivisione. A una didattica nuova, con più lingue e la Storia non vista solo come una successione di guerre, arriveremo nel tempo, quando avremo risolto i problemi stratificati».

La legge che chiede le impronte digitali per i presidi all’ingresso degli istituti? È in Gazzetta

«Chiederò di abrogarla, al secondo Consiglio dei ministri».

I test Invalsi?

«Necessari per misurare lo stato dell’apprendimento, devono diventare più leggeri e moderni».

La Maturità?

«Per cinque anni non si tocca».

Vuole ancora un miliardo per l’università? Da viceministro aveva promesso dimissioni se non arrivava per Natale 2019.

«Quella promessa vale anche da ministro: un miliardo per l’università entro Natale o mi dimetto».


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