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FANNULLONE A CHI?

di Marina Boscaino

21/12/2006
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Una doverosa precisazione per tutti i lettori di quotidiano che non frequentano da tempo la scuola.
Le scuole, oggi, non sono solo quei luoghi dell'esercizio della logica del branco, dove il bullismo la fa da padrone, che i giornali ci hanno raccontato; luoghi in cui, dietro una porta socchiusa, insegnanti giovani e belle si denudano facendo sognare ragazzini puberi e prepuberi; o ancora dove i bimbi vengono legati alle sedie con lo scotch da pacchi.
Né posti dove individui sordidi e indegni trascorrono mattinate alla cattedra leggendo il giornale: sfaticati, pusillanimi, rubastipendio (e che stipendio!). Da quest'estate - quasi a legittimare l'allarme del ministero dell'Economia sul numero degli insegnanti, molti autorevoli quotidiani si sono fatti carico di mostrarci che - oltre che troppi - gli insegnanti italiani sono anche improduttivi, assenteisti, non raramente pedofili. Riportando edificanti identikit - come quello del prof. Ichino su Corriere. O stigmatizzando, come hanno fatto Giavazzi, Panebianco, Valentini, e suggerendo formule più o meno facili. Silenzio del Paese, un silenzio che ne racconta mondo politico e rispetto per le istituzioni. Il tutto condito da una cronaca non casuale, che scopre improvvisamente bullismo e altri flagelli, che esistono da sempre. È vero, non siamo tutti uguali. E occorrerà ripeterlo e ripetercelo, a rischio dell'impopolarità. Ma tentare di identificare la scuola italiana con queste istantanee è operazione irresponsabile e in mala fede.
Non siamo tutti uguali; e, nella tutela dei moltissimi che quotidianamente mandano avanti la scuola con serietà, competenza, passione, orgoglio professionale, occorre usare tutto ciò che la legge e il contratto mette a disposizione, per impedire a coloro che delegittimano questo impegno di nuocere ancora. Per allontanare lo spettro della chiamata diretta, che sembra affacciarsi dietro lo zelo accusatorio di tanti benpensanti.


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