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Faccia a Faccia sulla sperimentazione scolastica-1

www.casadellacultura.it Faccia a Faccia sulla sperimentazione scolastica Intervista a Pietro Calascibetta Preside dell'Istituto Sperimentale Rinascita A. Livi di Milano, scuola media statale a ...

26/04/2002
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Faccia a Faccia sulla sperimentazione scolastica
Intervista a Pietro Calascibetta

Preside dell'Istituto Sperimentale Rinascita A. Livi di Milano, scuola media statale a indirizzo musicale. Dal 1979 lavora nelle scuole sperimentali milanesi. Si occupa di aggiornamento e formazione dei docenti sui temi dell'autovalutazione di istituto, della comunicazione e delle dinamiche dei gruppi di lavoro.

Gli istituti scolastici godono di una sempre maggiore autonomia. Che senso può avere al giorno d'oggi proporsi come scuola sperimentale?

È una domanda che ci sentiamo fare spesso. Le risposte sono due. Una di merito e l'altra giuridica.
Sulla base della nostra esperienza l'elemento fondamentale che lega il metodo sperimentale all'autonomia è la possibilità di gestire la flessibilità data alle scuole in una logica e con una metodologia progettuale, in modo da legare le scelte operative ad un pensiero formalizzato, a delle ipotesi da verificare, innescando una modalità processuale volta al cambiamento che possa accompagnare i mutamenti nella società, solo tutto ciò può dare all'autonomia quella possibilità di generare qualità, altrimenti l'autonomia si ridurrebbe solo a scelte vuote e marginali come la possibilità di scegliere i giorni di festa o il sabato libero o di fare una nuova attività extracurricolare... Mi piace ricordare a questo proposito il professor Riccardo Massa che raccomandava ai docenti di intendere l'autonomia come una sorta di vero e proprio "dispositivo pedagogico" per poter ridefinire i contesti di apprendimento e cambiare la scuola.
Date delle risorse umane e finanziarie adeguate, tutte le scuole potrebbero progettare e sperimentare dei percorsi didattici valutandone l'efficacia e l'efficienza rispetto alle ipotesi di partenza e agli obiettivi, sia sotto il profilo pedagogico e didattico che gestionale. Questo sarebbe un modo anche per dare dignità, spessore e professionalità al lavoro del docente e del personale tutto, promuovere l'arricchimento dei profili professionali e innescare percorsi di autoformazione dei docenti. Sarebbe un modo per ottenere qualità e dinamismo senza necessariamente trasformare le scuole in pseudo-aziende. Sarebbe anche un modo per razionalizzare le spese e per migliorare il servizio utilizzando le stesse risorse umane interne all'Amministrazione.
La seconda risposta sta proprio nella stessa legge 275 sull'autonomia scolastica. Molti che ci fanno questa domanda stranamente se ne dimenticano. Vi sono due articoli molto chiari in proposito: il'art. 6 che riconosce finalmente a tutte le scuole il diritto di utilizzare nella progettazione del Piano dell'Offerta Formativa il metodo della sperimentazione e della ricerca e l'11 che prevede il mantenimento della sperimentazione didattico-strutturale, quella che ci riguarda direttamente, per l'innovazione degli ordinamenti.
L'autonomia, in buona sostanza, è stata definita prevedendo una presenza organica della sperimentazione, perché si è compreso che essa costituisce un "ingrediente" importante nel lavoro dei docenti nel momento in cui devono progettare i loro percorsi di lavoro e una risorsa di know-how per tutto il sistema scolastico.
La centralità della ricerca e sperimentazione nell'autonomia è un implicito riconoscimento per una scuola pubblica come Rinascita istituita nel 1974 proprio come "unità autonoma" , così recita il decreto, per sperimentare le possibilità offerte dalla flessibilità per costruire contesti più favorevoli all'apprendimento e che in questi anni si è trasformata in un laboratorio di ricerca applicata e formazione professionale per i docenti.
In questa prospettiva l'esperienza di una scuola come Rinascita può oggi essere una risorsa a disposizione del sistema scolastico, a cominciare da quello regionale per stage di docenti in servizio, per il tirocinio e per la consulenza alle altre scuole proprio sui temi della formazione, della ricerca e sperimentazione. Rinascita con questi intenti è promotrice già da qualche anno di alcune significative ricerche-azioni e iniziative di rete che vedono coinvolte decine di scuole. Lavorare per il sistema è sempre stato lo scopo istituzionale e l'aspirazione delle scuole sperimentali.

Vista sotto questo aspetto l'autonomia non è a costo zero?

Naturalmente, il problema cruciale rimangono le risorse, perché si rischia di trovarsi di fronte a una libertà illusoria. La casa che costruisco dipende dai mattoni a disposizione. Per questo ritengo che oggi la questione delle risorse debba essere l'elemento centrale della contrattazione e del dibattito politico soprattutto a seguito della scelta ministeriale di abolire di fatto l'esperienza dell'organico funzionale, cioè l'assegnazione di un dato numero di docenti ragionevolmente superiore alle necessità della lezione frontale e adeguato a poter permettere la realizzazione di piccoli gruppi, laboratori e percorsi individualizzati. A parte i programmi, è il modo in cui è possibile fare scuola che influisce di più sulla qualità dell'insegnamento/apprendimento e il modo di fare scuola dipende dalle risorse a disposizione.

La riforma Moratti introduce cambiamenti nei confronti delle realtà scolastiche come la vostra?

La riforma non parla della sperimentazione. Ci saremmo aspettati una valorizzazione di questo tema anche perché il governo si è presentato come "innovatore" e la ricerca e la sperimentazione, come tutti sanno, sono appunto il motore dell'innovazione. La scarsa attenzione del governo per il tema della ricerca in generale è stata fatta notare anche da diversi editorialisti di varia estrazione sulla stampa nazionale. Speriamo che nasca un interesse su questo aspetto, noi siamo a disposizione per dare il nostro contributo.

Cosa rende una scuola sperimentale diversa dalle altre?

Negli anni '70 la sperimentazione era legata all'idea di definire un impianto didattico-strutturale, validarne l'efficacia per esportarlo così com'era. Questa possibilità spesso si scontrava con il fatto che l'impianto poteva essere troppo avanzato o troppo costoso per una messa a regime. Un altro modello di sperimentazione era quello legato all'idea di rispondere a bisogni particolari di un determinato territorio.
Rinascita ha lavorato ad un diverso modello di scuola sperimentale: una scuola-laboratorio per la formazione dei docenti e per elaborare, documentare e fornire riflessioni, percorsi, esperienze, proposte di lavoro alle altre scuole e ai singoli docenti, una scuola che potesse essere un centro risorse per il territorio.

È possibile fare un esempio?

È stata divisa la cattedra di Materie scientifiche : un docente per l'insegnamento della Matematica e uno diverso per Scienze. Gli insegnati di scienze utilizzano una parte delle loro ore per attuare un sistema di laboratori tematici per tutti gli alunni della scuola e non solo per le proprie classi. Questo nuovo contesto operativo ha attivato a cascata una serie di cambiamenti: ha permesso di ri-costruire il curricolo di matematica e quello di scienze trovando nuove e più stimolati connessioni interdisciplinari tra le due materie, ma anche con l'educazione tecnologica (una divisione ha creato un'unità di area contrariamente a quanto si poteva immaginare); ha permesso di scoprire diverse valenze formative a seconda dei laboratori attivati e quindi ha permesso di individuare diversi modelli di laboratorio proponibili; ha permesso successivamente di riflettere sulla valenza straordinaria della comunicazione nell'apprendimento dei concetti scientifici e di individuarne le strategie e la metodologia; ha permesso di valorizzare le attitudini dei docenti e le diverse lauree di accesso alla cattedra possedute dai docenti.
Con questo esempio si vede, penso chiaramente, un nuovo ruolo per la cosiddetta sperimentazione, un ruolo più simile a quello dei laboratori di ricerca del mondo produttivo, delle cliniche universitarie. Non abbiamo esportato il "laboratorio", ma i risultati del lavoro che sono stati diffusi attraverso mostre, convegni, articoli e hanno trovato un canale di divulgazione più ampio grazie alla pubblicazione di un libro di testo di Scienze, ma non solo, tutte queste esperienze hanno portato ad un progetto di ricerca di rete con altre scuole sulla comunicazione scientifica e alla manifestazione denominata Scienza Under 18 che penso molti ormai conoscono. In pratica le scuole vengono invitate a preparare un exibit o un prodotto che illustri un concetto o un fenomeno di area scientifica che gli stessi alunni presentano al museo della Scienza e della Tecnica ad altri studenti in visita.

Pensate di avere qualcosa da insegnare ai colleghi di altre scuole?

Noi pensiamo ad un sistema dove ciascuno possa dare il suo contributo, dove ciascuno possa avere un ruolo che valorizzi le sue competenze e le sue possibilità a vantaggio del sistema scolastico nel suo complesso. Le isole non servono a nessuno.
Non si può pensare agli istituti sperimentali (art.11) di "seconda generazione" come luoghi di privilegiati o "riserve" indiane di "primi della classe", ma come cantieri didattici aperti ai docenti. Inoltre perché gli insegnati dovrebbero fare solo stage in azienda e non anche nelle scuole? Non sono queste dei luoghi di lavoro? Le scuole-laboratorio potrebbero proprio essere il contesto migliore per un'esperienza significativa.
Comunemente viene accetta l'idea che possa esistere un centro di ricerca come il "Mario Negri" a Milano perché è chiara la sua funzione e soprattutto il suo rapporto e il suo ruolo nel settore che occupa, allo stesso modo potrebbe essere accetta l'idea che esistano in Italia delle scuole-laboratorio sperimentali a patto che siano inserirti nel sistema con un ruolo e con un mandato specifico volto all'innovazione come recita la stessa legge. Ciò servirebbe anche ad avere verso l'innovazione un atteggiamento più sereno come auspicava Maragliano nella sua intervista.
La nostra tesi fondamentale è che questo tipo di scuole sperimentali, in quanto laboratori di ricerca applicata collegati anche con le Università, possano costituire una ricchezza per il Paese. La nostra idea è che in ogni regione possano venire create scuole-laboratorio. Al momento ne esistono solo due: Rinascita a Milano e la Scuola-Città Pestalozzi di Firenze. Noi auspichiamo una rete di scuole sperimentali a livello nazionale con uno stato giuridico definito e con un sistema di reclutamento specifico che garantisca la trasparenza, ma anche le competenze necessarie al lavoro richiesto che va oltre l'insegnamento.

Non sarebbe auspicabile che tutte le scuole si costituissero come poli di ricerca permanente, per creare un sistema scolastico più dinamico e attento alle esigenze concrete della società?

Uniformare, livellare tutte le scuole crea staticità e non dinamismo: è il contrario dell'idea di rete e di sistema. Voglio ritornare sulla questione dei due articoli prima citati della legge sull'autonomia. Un conto è dare a tutti la possibilità di "sperimentare" il proprio P.O.F., di documentare la propria esperienza, un conto è creare dei contesti laboratoriali dove sia possibile guardare un po' più avanti ed esplorare nuove opportunità superando le disposizioni previste dall'ordinamento vigente, anche se questo fosse il più avanzato possibile. I centri ricerche delle aziende non guardano sempre oltre la linea di produzione? Si parla sempre di scuola-azienda, anche a sproposito, quando il paragone è invece calzante come in questo caso c'è il silenzio, ma è forse un silenzio comprensibile visto lo stato della ricerca in Italia.
Creare una scuola-laboratorio vuol dire poi costituire una struttura organizzativa specifica: con 18 ore d'insegnamento settimanali e altre 80 fantomatiche ore da dedicare ad attività diverse non è pensabile fare ricerca! Ecco perché questo secondo tipo di sperimentazione non può necessariamente essere per tutti.
La questione più generale su cui bisognerebbe aprire un dibattito è se debbano esistere o meno laboratori di ricerca all'interno di un sistema scolastico. Noi ovviamente abbiamo un'idea chiara in proposito, l'importante è che si comprenda che fare ricerca non è un optional, ma un dovere per i nostri figli.


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