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«Mio figlio lotta ogni giorno.Ha diritto a un diploma»

Lorena lotta per suo figlio Davide, che ha la sindrome di Down, da quando è nato, per farlo diventare indipendente. Ma ora lo schema di legge delega sulla valutazione rischia di togliergli il sogno di una licenza media, e quindi una vita e un lavoro autonomi

09/02/2017
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Lorena ancora si emoziona, quando vede correre il suo Davide (i nomi sono di fantasia, ndr): è tutto sbilenco, porta le scarpe ortopediche, ma è velocissimo. E per lei, che lo ha visto fare i primi passi a tre anni e mezzo e imparare a correre a otto, è un traguardo enorme. Perché Davide è un bambino con la sindrome di Down, e di giorni difficili, per la mamma Luciana, ce ne sono stati tanti: quando l’ha scoperto, appena nato, e ha pensato che forse, se lo avesse saputo, non ce l’avrebbe fatta a portare avanti la gravidanza; quando, ancora in fasce, il suo piccino ha dovuto superare interventi chirurgici delicatissimi; e l’ultimo, qualche giorno fa, quando ha letto lo schema di legge delega sulla valutazione. «Mi si è ghiacciato il sangue- racconta Lorena, che vive in provincia di Roma- non ci ho dormito la notte, ho pensato che fosse profondamente ingiusto togliere a mio figlio la possibilità di ottenere la licenza di scuola media».

Le novità

La norma di cui parla Lorena, che sarà ancora oggetto delle valutazioni delle commissioni parlamentari prima di entrare in vigore, cambia infatti un principio fondamentale delle prove di esame di terza media dedicate ai disabili. Attualmente gli studenti con handicap possono sostenere delle prove differenziate per accedere al diploma di scuola secondaria di primo e secondo grado.La nuova norma specifica che solo quelli che saranno in grado di sostenere prove equipollenti- quindi differenziate per metodo, ma non per difficoltà- potranno conseguire il diploma. Gli altri, tutti i disabili intellettivi che non sono in grado di svolgerle, potranno ottenere solo un credito formativo, che sarà loro la possibilità di accedere agli istituti superiori, ma non la licenza.

Il sogno dell’autonomia

Questioni burocratiche? «No, per niente- precisa Lorena con tono accorato- Non capiscono: ci fanno una testa così fin da quando sono piccoli per convincerci che dobbiamo renderli autonomi, che possiamo immaginare per loro un futuro. Mi sveglio tutte le mattine alle 4, per andare a lavorare dalle 6 alle 12.30. La mia vita è interamente dedicata a Davide: le terapie riabilitative, la logopedia, la neuropsicomotricità...è una lotta continua. Anche solo per ottenere le ore di sostegno ho dovuto fare ricorso al Tar (tribunale amministrativo regionale). Oggi Davide sa mangiare da solo e apparecchiare, ma non sa vestirsi e lavarsi. Ma combatto tutti i giorni pensando di realizzare il mio sogno: vorrei che raggiungesse una sua indipendenza, che potesse tutti i giorni uscire di casa, prendere un autobus, fare un lavoretto, rientrare. Se mi tolgono anche questo sogno, per me è finita. Ricordo che qualche anno fa ho pianto leggendo la notizia di quella donna anziana che ha ucciso il figlio disabile e poi si è uccisa: perché bisogna amare ed essere disperati?».

Il «pezzo di carta»

Ha tanto valore un «pezzo di carta»? «Purtroppo per noi sì-spiega ancora Lorena scoppiando in lacrime- Mio figlio è in seconda elementare, nonostante abbia nove anni, e ha appena imparato a leggere: è commovente lo sforzo e l’impegno che ci mette. Gli educatori sono contentissimi di lui, ma io non so cosa succederà domani: potrebbe progredire, fermarsi, rallentare. So solo che è un bambino dolce, testardo, dotato di un’intelligenza emotiva superiore: perché togliergli l’opportunità di avere un futuro concreto? Certi lavoretti li affidano solo a chi ha un titolo, lo sappiamo tutti. È questo che scriverò alla ministra Fedeli. E pensare che qualche anno fa non ne avrei mai avuto il coraggio. Prima avevo paura di tutto. Ora, grazie a Davide, sono cambiata. Sono diventata testarda e coraggiosa. E questa battaglia, voglio provare a vincerla».


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