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Esperienze londinesi di learning techonology

di Aluisi Tosolini

24/01/2015
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La Tecnica della Scuola

In questi giorni (21-24 gennaio) si sta svolgendo a Londra ExCel uno dei più importanti momenti di incontro internazionale sulle tecnologie dell'apprendimento (www.bettshow.com).

Una fiera ricchissima di espositori (oltre 700 e tra questi - sarà un caso? - solo 4 italiani) e che prevede centinaia di seminari, incontri, presentazioni di best practises, studi di caso.

Alla Bett arena sono passati i vice presidenti di Apple e Microsoft responsabili per il settore educational, ma anche Marc Prensky (il padre del termine digital native) che ha tenuto una illuminata prolusione sulle sfide dell'educazione nella società contemporanea.

Sono qui grazie ad un progetto Erasmus+ KA1 con tre insegnanti del liceo che dirigo. Sono giorni impegnativi passati tra stand, seminari e convegni.

Qui si toccano con mano quelle che sono le linee di evoluzione e le possibili tendenze dei processi di trasformazione della scuola del futuro.

Collaborative learning e personalizzazione massima vanno a braccetto superando ogni ipotetica contraddizione. Grande l'attenzione sulla necessità di trasformare i curricoli correlando le discipline di base (quelle che Prensky chiama MESS: matematica e scienze, lingua, studi sociali) con le sfide di un mondo inesplorato e di cui non riusciamo ad anticipare l'evoluzione.

Il tutto utilizzando le potenzialità delle tecnologie ma con una avvertenza fondamentale: è più importante riflettere sull'uso della tecnologia che solo imparare ad usarla.

In questo Microsoft e Apple sono concordi sullo slogan: "prima la pedagogia".

La riflessività dei docenti e della didattica non viene certo meno nel momento in cui grazie alle tecnologie, alle reti, al mondo digitale sembra che l'insegnante sia un residuato fossile.

Non è così: certo però che girando tra gli stand, e osservando i bambini che paiono essere davvero a casa loro in questo pianeta pieno di strani device e stupefacenti possibilità, appare chiaro che i docenti (e le scuole sul versante organizzativo e della disponibilità di supporti digitali e reti) devono darsi una mossa se non vogliono davvero diventare irrilevanti.

E non certo solo una mossa a riguardo dell'apprendere ad usare tablet, reti, computer... quanto piuttosto ad elaborare e vivere una nuova didattica e una nuova pedagogia.

Qui è il curricolo ad essere interrogato.

Ma anche i livelli di competenza (e quindi la valutazione) visto che ogni studente va portato allo sviluppo massimo delle sue potenzialità. A partire dagli interessi del soggetto (che costituiscono l'energia dell'apprendimento come dice Vicki Phillips, direttrice del settore educational della fondazione Bill & Melinda Gates) e confrontandosi con le sfide reali del mondo.

Anche gli ambienti di apprendimento si trasformano: non tanto lungo la direttrice dei nuovi arredi quanto piuttosto richiedendo la costruzione di ambienti immersivi, concreti, dove lo studente possa fare una esperienza multi sensoriale di apprendimento.

Ambienti in cui costruire (stupendo il settore Lego che permette l'utilizzo del coding e del pensiero computazionale per "costruire e sperimentare mondi") percorsi di apprendimenti che si toccano con le mani, si indossano, ci circondano.

L'ambiente della robotica e delle stampe 3D (ma anche delle lezioni con video 3D che permettono di toccare con mano, ad esempio, il funzionamento del cuore, il suo battito, le sue valvole che si aprono e chiudono davanti ai tuoi occhi e ti pare di poterle toccare...) spinge sempre di più verso processi di modellizzazione che richiedono nuove competenze didattiche capaci di non perdere i processi di concettualizzazione nella costante interazione tra dimensione empirica e la necessaria costruzione di protocolli, modelli, teorie.

Un’occasione, il Bett, per fare i conti con una professione che cambia, che è e cambiare, ma di cui il mondo non può fare a meno.