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E nei twitter da un corteo all'altro paure e speranze dei nuovi arrabbiati

I quindicenni sotto l'arco di Porta Portese, cresciuti sotto un governo tecnico che non capiscono, che non è roba loro, ora sono arrabbiati, spauriti. Insieme

06/10/2012
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la Repubblica

Corrado Zunino

 

Fumogeni granata accesi da ragazzi con la maglietta "Roma antifa'", manganelli che scendono sugli scudi letterari che difendono la prima fila, i book bloc la cui fama è ormai consegnata ai libri di carta. Hanno quindici anni i ragazzi e twitter gli fa sapere che a Torino e a Bologna quindicenni hanno sfondato le linee del reparto mobile. "Sfondiamo anche noi". Porta Portese, il mercato dell'usato e del rubato della capitale, è la nuova linea Maginot per i nuovi studenti in strada. Accelerano il passo, corrono, altre manganellate della polizia. Questa volta sui denti, sugli zigomi. Uno di loro, quindici anni, viene trascinato via, sull'asfalto, per la maglietta rossa. Due calci alla schiena, poi il vicequestore chiamerà i genitori.

L'autunno caldo è qui, sotto il sole di un'altra giornata d'estate. Dopo gli operai dell'Alcoa, in corteo ora ci sono adolescenti del ciclo superiore della scuola media. Sono tornati in piazza gli studenti delle metropoli, delle scuole dei centri storici italiani. Come nell'autunno 2008, quando l'Onda s'infranse sullo scontro in piazza Navona rossi contro fasci . Come nell'autunno 2010, quando il movimento anti-Gelmini insorse in piazza del Popolo appena seppe - da twitter - che il governo Berlusconi restava in piedi comprando tre deputati di Fli. Quella generazione, Generazione P, precaria, perse perché le leggi Gelmini sulla scuola e sull'università contestate sui tetti passarono in aula. Vinse, però, perché resistette un secondo in più del governo Berlusconi, come aveva promesso.

I quindicenni sotto l'arco di Porta Portese, cresciuti sotto un governo tecnico che non capiscono, che non è roba loro, ora sono arrabbiati, spauriti. Insieme. Sono organizzati male, visto che sono nuovi all'impresa, e pericolosi quando si muovono nelle strade di Trastevere fra le auto parcheggiate e i negozi con la merce esposta sul marciapiede. Sono fuori controllo, ecco. Le generazioni precedenti che si erano fatte (e rotte) le ossa in piazza sono filate via all'università e quelli dell'università arriveranno solo venerdì prossimo. Un altro corteo.

Berlusconi no, non c'è più. Ora c'è un governo di liberali, di cattolici e di banchieri gradito all'Europa e a Obama e un ministro dell'Istruzione che loro, quindicenni, scambiano per un banchiere. I loro fratelli maggiori sono precari come sotto Berlusconi e le tasse universitarie sono di nuovo cresciute, per volontà del ministro o dei singoli atenei poco importa. E la legge Fornero, che gli aveva promesso di spazzare via le quarantotto precarietà istituzionalizzate dal codice civile, gli offre solo un nuovo tirocinio. Per andare dove?

"No alla tessera del tifoso", dice l'altra t-shirt, perché prima di venire in piazza si è fatta formazione in curva. I licei alla testa del corteo romano, dietro lo striscione "Riprendiamoci la scuola e le città", sono i soliti. Il Virgilio, il Tasso, il Righi, il Mameli. Protestano anche per conto degli istituti tecnici in periferia, assicurano, lì se devono saltare scuola poi in corteo non ci vanno: "Non siamo una questione di ordine pubblico, ma se non ci ascoltate lo diventeremo", urla al megafono uno che ha un paio d'anni più degli altri. I volti di alcuni che invece urlano "sbitto di m..." raccontano come i loro genitori arrivarono qui, nell'altro secolo, dalla Cina, dal Perù, dal Senegal. E loro ora cantano i cori con l'accento romano, li hanno assimilati allo stadio. Parlano dell'As Roma come fosse cosa loro, altro che governo tecnico. I ragazzini precari sono tornati, la precarietà dei ragazzini è sempre lì. L'autunno sarà lungo.

(05 ottobre 2012)


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