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E il Senato accademico di Torino fa suo il manifesto dei 40 mila

Ora il rettore, Gianmaria Ajani, invita le altre università italiane a fare lo stesso

17/05/2019
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la Repubblica

di Raffaella De Santis

Una firma importante si aggiunge alle oltre 40 mila che hanno già sottoscritto il manifesto per la difesa della storia: l’adesione dell’ateneo di Torino. Il senato accademico ha deciso, votandolo all’unanimità, di far proprio l’appello lanciato da Andrea Giardina, Liliana Segre e Andrea Camilleri sulle pagine di Repubblica .

Ora il rettore, Gianmaria Ajani, invita le altre università italiane a fare lo stesso. Va benissimo la partecipazione a titolo individuale di docenti e intellettuali (l’elenco va gonfiandosi di giorno in giorno) ma si può fare di più: «Il nostro è un gesto politico – spiega Ajani –. La storia fa parte della formazione del cittadino e le università hanno un ruolo determinante nel processo di consapevolezza critica. Quando manca questo tipo di coscienza è più semplice diffondere una rilettura opportunistica, se non goliardica, del passato. Per questo mi auguro che dopo Torino aderiscano altri atenei ». Ajani non usa giri di frasi istituzionali, spiega che la storia ci dà gli "anticorpi" e che senza ci si ammala. Accenna poi a un rischio, al fatto che sottovalutare l’insegnamento della storia nelle scuole superiori determina un "indebolimento culturale dei ragazzi", che approdano all’università privi dell’attitudine riflessiva affinata negli anni dell’adolescenza. Anche per Walter Barberis, storico a Torino e presidente dell’Einaudi, lo studio del passato è uno "strumento diagnostico": «Il Novecento ci ha esposti a malattie mortali, purtroppo soggette a ricadute. La storia è una medicina, serve a vaccinarci contro patologie oggi risorgenti. Penso al razzismo, all’intolleranza, al nazionalismo ». Senza timore di esagerare Barberis cita Primo Levi: «Lo scrittore diceva che al fondo del nazionalismo c’è sempre il lager. Bisogna diffidare quando il senso di appartenenza a una comunità diventa escludente».

A proporre all’accademia torinese il manifesto La storia è un bene comune , è stato Gianluca Cuniberti, professore di Storia greca e direttore del dipartimento di Studi storici: «Il metodo storico è alla base della democrazia, acquisirlo fa sì che un cittadino possa partecipare in modo critico alla vita di una comunità. Eppure gli insegnamenti che guardano indietro nel tempo stanno incontrando difficoltà. C’è una tendenza a privilegiare le materie contemporanee ». Tra i membri del senato accademico ci sono matematici, chimici, medici, filosofi. Tutti d’accordo, come raramente accade. Per Sergio Foà, docente di diritto amministrativo, durante la discussione non ci sono stati steccati: «La storia non riguarda una singola disciplina, ma permea tutti i rami del sapere. Con i colleghi abbiamo condiviso il sentimento di allarme del manifesto, redatto in una fase di affievolimento della memoria e di crescente revisionismo ». Un suggerimento ad allargare lo sguardo arriva da un altro firmatario, lo storico dell’illuminismo Vincenzo Ferrone, che a Torino insegna Storia moderna: «Il ridimensionamento della storia è il sintomo di un processo più ampio, che riguarda la crisi generale delle humanities .

A livello mondiale assistiamo a una contrazione tra il 30 e il 40% delle cattedre delle discipline umanistiche, mentre aumentano quelle scientifiche ». Attenzione, dice Ferrone: «La storia è la roccaforte del discorso umanistico. Se la spazziamo via crolla tutto il resto».


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