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Dirigenti, il governo ci ripensa e chiede indietro gli aumenti

Caso analogo per i docenti nel 2013. renzi, non ancora premier, aveva detto:«siamo su scherzi a parte?»

28/10/2014
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La Tecnica della Scuola

Giorgio Candeloro

 guerra aperta tra dirigenti scolastici e Miur sulla decurtazione del Fondo unico nazionale, il salario accessorio dei presidi italiani. La protesta dei dirigenti ha cominciato a montare dopo la rottura del 17 ottobre, quando un incontro a viale Trastevere sul Fun si è chiuso con la conferma dei tagli al fondo operati dal Miur su indicazione del ministero dell'economia. Tagli retroattivi, applicati cioè al fondo 12-13 e 13-14: il Fun per l'a.s. 2012/2013 passa da 145.879.833,18 a 126.875.950,18 euro; per il 2013/2014 viene ulteriormente ridotto a 120.632.371,67 euro. Insomma il fondo per la contrattazione integrativa viene rispettivamente decurtato di 19 milioni e poi di oltre 25milioni. Secondo l'amministrazione ciò vale anche per quelle regioni (è il caso di Toscana, Lazio, Umbria e Marche) dove i rispettivi contratti sono stati regolarmente sottoscritti, certificati e messi a pagamento. Con il risultato che i soldi già erogati dovranno essere restituiti, andando addirittura ad intaccare la parte fissa della retribuzione dirigenziale. Una stangata pesantissima ai danni della categoria professionale in assoluto meno pagata della dirigenza pubblica, e che si traduce, prendendo a titolo esemplificativo il Lazio, una delle regioni nelle quali i contratti erano stati firmati, in una perdita secca di 5700 annui per ciascun dirigente, secondo dati forniti dall'Anp, l'associazione nazionale presidi.

Il tutto va a pesare ulteriormente su lavoratori già fiaccati da tagli agli organici che nei quattro anni appena trascorsi si sono rivelati pesantissimi, giungendo ad interessare quasi il 25% del totale, con un contributo alla riduzione della spesa pubblica italiana che le associazioni di categoria dei presidi stimano vicino ai 150 milioni di euro all'anno.

Tutto nasce da una lettura rigida dell'articolo 9 del decreto 78/2010 che prevedeva il taglio dei compensi accessori della dirigenza. Finora il Miur l'aveva sempre interpretato come un congelamento dei compensi alla data dell'entrata in vigore del decreto; stavolta, invece, su pressione del Mef, la tagliola è stata retroattiva ed è andata a tagliare retribuzioni in alcuni casi già erogate, perfino a personale nel frattempo andato in pensione. Torna alla mente la battuta dell'allora quasi premier Matteo Renzi (si era a gennaio 2013) quando, commentando il taglio retroattivo che stava per scattare sugli scatti del personale docente, ebbe a dire: «Ma siamo su scherzi a parte?».

Le organizzazioni dei dirigenti non ci stanno e chiedono che venga ripristinata la precedente entità del fondo, annunciando nel contempo di voler intraprendere tutte le iniziative di natura sindacale e giurisdizionale a tutela della retribuzione dei propri associati, per i quali, tra l'altro, come per tutto il resto del personale della scuola è fermo da anni anche il contratto nazionale. Ma dal Miur non sembrano arrivare aperture, ed anzi il totale silenzio sull'argomento seguito alla rottura del 17 scorso è indizio dell'intenzione di tirare dritto. Il caldo autunno della Buona scuola renziana, insomma, si arricchisce di un nuovo fronte caldissimo, coi presidi pronti a mobilitarsi, oltre che a preparare gli opportuni ricorsi, e a far compagnia nelle proteste a docenti e alunni, mentre i tagli alla scuola contenuti nella Legge di stabilità rischiano di aggiungere benzina all'incendio.


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