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«Didattica a distanza, studenti pronti ma troppe famiglie senza connessione»

Anna Maria Ajello, presidente dell'Invalsi

28/10/2020
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Il Messaggero

Per il secondo anno scolastico consecutivo buona parte della didattica si fa online: professoressa Anna Maria Ajello, presidente dell'Invalsi, la scuola italiana è in grado di portarla avanti?
«L'Italia ha già fatto un salto simile: con il maestro Manzi e la sua scuola del Non è mai troppo tardi. Praticamente si faceva lezione in classi da remoto visto che i telespettatori non avevano tutti una tv in casa ma si riunivano in sale e parrocchie. Allora ci fu un gran coraggio a credere e ad investire in una simile iniziativa. Ma oggi possiamo dire che, chi lo fece, ebbe ragione a farlo. Anche oggi serve slancio e coraggio politico».
Per realizzare cosa?
«E' necessario valorizzare l'aspetto tecnologico, è basilare: servono le giuste connessioni, oggi dobbiamo parlare di diritto alla connessione come un diritto fondamentale dell'attuale società. In molte zone d'Italia le connessioni non funzionano, parlo anche di Roma. Senza banda larga non si può fare didattica digitale da casa e lo stesso vale per i dispositivi. Con la dad sono state svelate disuguaglianze enormi tra le famiglie».
In che senso?
«Con la didattica a distanza, che nel primo periodo è stata improvvisata, sono emerse diverse difficoltà: non tutte le famiglie hanno pc e tablet e se poi ci sono due figli il problema raddoppia. Senza contare che non tutte le famiglie sono interessate o in grado di seguire la didattica a distanza, molti genitori delegano alla scuola ogni forma di insegnamento. In quel caso, da remoto come si fa?».
I docenti sono pronti?
«Bisogna dire che fino ad oggi nessuno ha mai chiesto ai docenti una competenza di base sull'uso sicuro e pratico del computer. I docenti della scuola italiana hanno in media oltre 50 anni, vengono da una cultura analogica, i ragazzi invece appartengono alla digitalizzazione, sono abituati a saltare da una cosa all'altra e hanno sempre il telefonino in mano».
E' un vantaggio?
«Direi che è la realtà. Quando facevo lezione all'università vedevo tanti ragazzi usare il telefonino ma poi mi rendevo conto che stavano comunque seguendo la spiegazione. Usavano il cellulare anche per mandare gli appunti ai compagni assenti, i tempo reale. Siamo abituati a vedere l'uso costante dello smartphone come un limite, un problema, ma dovremmo imparare invece a capire questa modalità».
Pochi anni fa l'opinione pubblica si divideva sull'uso dello smartphone in classe, oggi con la dad quel dibattito sembra preistoria.
«C'era il rischio e la paura che il telefonino disturbasse l'andamento della vita quotidiana: lo squillo provocava disattenzione. Oggi invece lo smartphone è necessario, proprio per fare lezione, meglio allora saperlo usare».
La didattica a distanza quindi può funzionare?
«La vedo come una scialuppa in un mare in tempesta: è necessario prenderla per andare verso la riva. Non possiamo negare che stare per ore davanti ad un video non fa piacere a nessuno. Ma vanno trovate strade interessanti da percorrere, anche per fare didattica da remoto»
Ad esempio?
«Per coinvolgere lo studente da casa possiamo proporre attività che facciano partecipare anche l'ambiente intorno come fonte di apprendimento. Ad esempio il calcolo delle misure della casa, l'analisi dei cibi e degli alimenti in tavola. Ci vuole fantasia, ma si può fare».
L.Loi.


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